C’era una volta l’Europa

L’Europa, che fu un tempo progetto e ideale di unità politica, si è oggi auto-condannata ad un destino da semplice organizzazione economica regionale.

Dov’è che il sogno si è interrotto? Quand’è che le idee di Altiero Spinelli sono diventate niente più che un anacronistico lascito della storia?

L’integrazione, avanzatissima in campo economico, non si è estesa all’ambito politico per le resistenze dei governi nazionali, gelosi delle loro prerogative. L’Unione non si è “democratizzata”: si può forse sostenere che le delibere delle istituzioni europee siano il frutto di un dibattito trasparente e rispettoso dei punti di vista dell’opinione pubblica?

Esiste una opinione pubblica europea?

Esistono dei veri partiti o dei movimenti europei?

Esiste una società europea?

Gli affari dell’Europa sono rimasti di competenza di una ristretta élite transnazionale, che parla le lingue e si muove giornalmente nei grandi aeroporti di Londra, Parigi e Berlino. I cittadini apprendono distrattamente cosa fa l’Europa da un articolo sul giornale o da un servizio al tiggì ogni tanto. Le elezioni europee sono tutto fuorché momenti in cui si dibatte e decide il destino dell’Unione Europea.

L’Europa non appassiona. Non è seguita, non si fa seguire. Perché è stata, in un certo senso, “neutralizzata” dal punto di vista politico. Le misure europee non sono né di destra né di sinistra, nell’opinione comune. Sono scelte tecniche. Vengono valutate per la loro efficacia ed efficienza, semmai, ma non per la loro equità o giustizia. Al contempo, però, ci sentiamo dire che i governi nazionali hanno “le mani legate” e non possono prendere delle decisioni drastiche o radicali perché ci sono i “vincoli” europei. Cioè: la libertà d’azione politica è limitata da un sistema di vincoli che non è politico.

E invece è proprio l’Europa, che dovrebbe essere politica! Nell’era della globalizzazione nessun paese europeo, nemmeno la Germania, può essere davvero influente sullo scenario mondiale. Le leggi e i governi nazionali dei paesi europei non possono alterare i processi globali in corso. Solo a livello continentale un’Europa unita può contare qualcosa, governare se stessa e contribuire al governo del pianeta. Ma governare significa prendere decisioni, anche drastiche e radicali, quando occorre.

Governare significa scegliere politicamente dove condurre la barca. E se l’Europa non è unita e non è politica non governa e si lascia trasportare dalla corrente.

E oggi, questa Europa politicamente unita è chiamata a combattere una battaglia epocale per difendere il suo modo di stare al mondo. Deve scegliere se farlo, e così facendo trovare una ragion d’essere (unita) che vada oltre l’euro e i piani di salvataggio della BCE.

Oppure non combattere e sacrificare se stessa sull’altare della competitività internazionale.

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