Bitcoin: JP Morgan contro la moneta, verso brutta fine

Bitcoin: per JP Morgan faranno una brutta fine

Bitcoin: JP Morgan contro la moneta, verso brutta fine.

A Jamie Dimon, CEO di JP Morgan, non piacciono i Bitcoin. E non fa nulla per nasconderlo. Già nel 2015 rispose a un investitore affermando che perdeva tempo con la criptovaluta. Recentemente, invece, in occasione di una conferenza organizzata da Institutional Investor e CNBC, ha rincarato la dose. Dichiarando che i Bitcoin faranno una brutta fine. E che la bolla che scoppierà sarà peggio di quella dei tulipani nel 1600. Ovviamente la criptovaluta ha risentito di queste dichiarazioni, ed è scesa sotto quota 4.000 dollari. Dopo l’attacco cinese, un’altra sferzata proveniente stavolta da un istituto di credito, ha influito sull’andamento della valuta elettronica.

Bitcoin: analogie con la bolla dei tulipani

Per Dimon, i Bitcoin rappresentano una frode bella e buona e faranno una brutta fine. Una bolla, insomma, destinata a scoppiare. E se qualcuno l’aveva paragonata a quella dei dotcom agli inizi del Duemila, adesso Dimon la rassomiglia a quella dei tulipani olandesi nel 1600. In quel periodo, gli speculatori fecero salire drasticamente il costo dei bulbi dei tulipani. Questa storia, ovviamente, non ebbe un lieto fine. E furono in molti a perdere la propria fortuna da un giorno all’altro. Fu forse la prima bolla scoppiata che abbia una documentazione nella storia del capitalismo. E per il CEO di JP Morgan, la storia dei Bitcoin potrebbe avere molti punti in comune con quella dei tulipani.

Bitcoin: JP Morgan non si fida

Se avessimo trader che fanno trading su Bitcoin li licenzierei immediatamente”. Non certo un endorsement quello di Jamie Dimon sulla criptovaluta più chiacchierata del momento. Anzi, piuttosto una guerra dichiarata. Che peraltro ha avuto le sue influenze proprio sull’andamento della valuta. Il divieto per i suoi dipendenti di fare trading di Bitcoin, prima di tutto è contro le regole della banca, ha spiegato Dimon. E secondo poi il trader sarebbe stupido.

Dimon è decisamente scettico nei confronti di BTC. E “scettico” è un eufemismo. Secondo lui la criptomoneta serve solo per i criminali. “Se siamo in Venezuela, Ecuador o Corea del Nord. E se siamo spacciatori o assassini, allora è preferibile usare i bitcoin rispetto ai dollari. Pertanto sì, potrebbe esserci un mercato, ma è limitato”. Non certo parole dolci nei confronti di BTC. Rincarate poi dall’altolà della Cina. “I governi amano controllare la massa monetaria e la Cina ne è stato un esempio”.

“La valuta non funzionerà”, ha concluso il n° 1 di JP Morgan. “Non può esistere un business in cui si inventa una moneta dal nulla, pensando che chi la acquista sia molto intelligente. Ci troviamo di fronte a una cosa che non è reale. Che esploderà. E qualcuno si farà male”.

Bitcoin: come sta reagendo alle dichiarazioni di Dimon

I sostenitori di Bitcoin sperano ovviamente che Dimon si sbagli. Come 2 anni fa, quando il CEO dell’Istituto disse che nessun governo avrebbe mai sostenuto una moneta virtuale esportabile a livello globale senza controllarla. E invece il Giappone ha remato in senso contrario. Riconoscendo il valore legale della criptovaluta. E contribuendo pertanto alla sua crescita.

Crescita che però si è bruscamente arrestata. Dopo gli assalti della Cina, BTC sembrava essersi ripresa. Un calo fisiologico naturale, una risalita quasi subitanea sopra i 4.300 dollari. Dopo le dichiarazioni di Dimon, però, BTC è fortemente calata. Scendendo sotto quota 4.000 dollari. E anche al momento in cui stiamo scrivendo, continuano le perdite. Attualmente, infatti, BTC è a quota 3.715,6 dollari.

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