elezioni politiche 2018: come si inverte il rapporto tra populisti e riformisti

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elezioni politiche 2018: come si inverte il rapporto tra populisti e riformisti. Ma va fatta una specificazione sul populismo

Gli ultimi sondaggi ed elaborazioni di SWG vertono quasi unicamente sulle recenti elezioni. L’elettorato ha palesemente castigato il centrosinistra, risultato come il vero sconfitto della tornata del 4 marzo. Il PD ha mantenuto la seconda posizione con il rischio di essere scavalcato dalla Lega. LeU ha superato a stento la soglia di sbarramento.

I veri vincitori sono stati i due principali partiti populisti del Paese: il Movimento 5 Stelle e la Lega di Matteo Salvini. Insieme, hanno ottenuto all’incirca la metà delle preferenze espresse dall’elettorato.

SWG elabora uno storico basato sui dati del Viminale delle elezioni degli ultimi sei anni. Inserendo i partiti concorrenti in forze populiste e forze riformiste (senza via intermedia), si  denota il grande balzo in avanti delle forze populiste. Proprio le elezioni del 4 marzo 2018 hanno sancito la vittoria di una maniera di fare politica che, spesso, va al di là delle ideologie tradizionali e dell’asse sinistra-destra.

Elezioni politiche 2018: il culmine di un sorpasso preannunciato

Lo storico parte dal 2012, l’anno precedente all’irruzione del Movimento 5 Stelle sulla scena politica. Sei anni fa, il partito di Beppe Grillo era ancora un movimento sociale sui generis, più che una vera e propria organizzazione politica. In quell’anno, le forze riformiste (o, molto più semplicemente, non populiste) ottennero il 63,5% delle preferenze, contro il 17,5% dei populisti. SWG non specifica dove vada a finire il resto, ma si può supporre che venga completato dalle formazioni monotematiche, di nicchia, e da quelle che utilizzano una narrativa ibrida.

Il primo gran passo in avanti per i populisti fu mosso, come tutti sappiamo, nel 2013. Il Movimento 5 Stelle fu primo partito per consensi alla Camera. Fu il segnale d’avvertimento per le principali forze politiche che avevano retto il bipolarismo.

Elezioni politiche 2018: populisti in scia nel 2017

L’anno scorso le Regionali in Sicilia e Liguria marcarono un punto d’inflessione. La sinistra e il centrosinistra (già dilaniata dai contrasti interni) perdeva consensi, mentre il Movimento 5 Stelle e la Lega cominciavano ad accumulare sempre più preferenze, rispettivamente al Sud e al Nord.

Il sorpasso, confermato alle ultime politiche, sarebbe stato ampiamente previsto dallo storico qui presentato. Il 4 marzo, le forze populiste hanno raggiunto il 54,2% dei consensi (sommando M5S, Lega e FDI). Per i riformatori, si includono la coalizione di centrosinistra, Forza Italia e Liberi e Uguali.

Elezioni politiche 2018: una specificazione su populisti e populismo

La distinzione tra riformatori e populisti può essere più labile, con maggiori sfumature. In primis, il populismo non è l’opposto del riformismo (come potrebbe sembrare dalla grafica proposta da SWG). Tecnicamente, il populismo è una forma distinta di creare e pensare la sfera politica (Laclau, 2005). I riformatori – come vengono definiti da SWG – tendono a muoversi maggiormente all’interno di uno spazio ideologico concreto, al contrario dei populisti che basano la propria narrativa su un elemento cristallizzante che divide la società in due campi contrastanti, indipendentemente dal carattere ideologico.

Ponendo gli esempi di M5S e Lega: per i pentastellati, l’elemento che divide è la partitocrazia, caricato di una connotazione negativa. L’antagonista è chiunque appoggi il sistema partitocratico, chiunque ne faccia parte. Si divide tra il vecchio cattivo, sporco, corrotto e il nuovo pulito, limpido, onesto.

Per la Lega, l’elemento principale della narrativa è quello della frontiera. Paradossalmente, lo stesso elemento utilizzato dalla Lega Nord di Bossi, ma caricato di un significato diverso. Una frontiera non più interna (Nord/Sud) ma esterna (Noi/Loro). Non più la Padania, ma il Mediterraneo. Chi vuole abbattere o rendere porosa la frontiera, rappresenta il nemico: chi va contro l’identità e la sovranità nazionale. Dalla parte giusta (secondo la narrativa leghista), invece, ci sono i patrioti; coloro che lottano per un Paese migliore, fondato sull’italianità e la sovranità.

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