Sri Lanka: un caos con dietro India e Cina

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Sri Lanka: un caos con dietro India e Cina

È una fase di alta tensione istituzionale quella che sta attraversando da diverse settimane lo Sri Lanka. Tutto inizia con la decisione del Presidente Sirisena di licenziare il premier in carica Wickremesinghe lo scorso 26 ottobre. Ciò ha innescato una serie di conseguenze che hanno messo a dura prova la stabilità politica dell’isola dell’Oceano Indiano.

Sri Lanka: torna Rajapaksa

Dopo aver licenziato Wickremesinghe, Sirisena ha infatti chiamato a rimpiazzarlo al governo l’ex premier Rajapaksa. Questi, noto soprattutto per i suoi metodi autoritari e per aver sconfitto negli anni scorsi la decennale guerriglia delle Tigri Tamil, non è stato riconosciuto dal Parlamento, dove la maggioranza è saldamente in mano allo United National Party di Wickremesinghe.

Due settimane dopo, il 9 novembre, una volta constatata la mancanza di sostegno per il nuovo premier Sirisena ha sciolto il Parlamento; nuove elezioni si dovrebbero dunque tenere a gennaio. Martedì scorso però, la Corte Suprema ha annullato la disposizione di Sirisena. Contro il ritorno di Rajapaksa si è scatenata la reazione di gran parte delle istituzioni, dalla Corte Suprema al mondo ecclesiastico. Chandrika Kumaratunga, in passato presidente del Paese, ha descritto lo Sri Lanka “su un pericoloso precipizio di caos, anarchia e collasso dello stato di diritto.”

Il 14 novembre si è scatenata addirittura una maxi-rissa in Parlamento, dopo che lo speaker della camera aveva proclamato l’approvazione di una mozione di sfiducia contro Rajapaksa. La scelta di Sirisena è stata inoltre dichiarata illegale e incostituzionale dal Parlamento; in pratica, da giovedì 15 Novembre il paese non ha più alcun governo legittimo.

Sri Lanka: nessun governo legittimo

Sirisena non sembra però voler recedere dalla sua posizione; nel frattempo, nelle strade decine di migliaia di persone hanno manifestato contro la sua scelta e per il ripristino di Wickremesinghe. Tuttavia, la mossa di Sirisena è ancora più importante e gravida di conseguenze per ragioni di politica internazionale.

Rajapaksa è infatti considerato vicinissimo alla Cina. Questa è a sua volta sempre più attiva nella costruzione di legami a livelli continentali, sfruttando in particolare le proprie ingenti risorse economiche.  I legami economici sviluppati con Pechino hanno portato però lo Sri Lanka sull’orlo del fallimento, dati gli enormi debiti accumulati con il Dragone.

Lo Sri Lanka è stato infatti costretto a cedere i diritti di utilizzo dello strategico porto di Hambantota alla compagnia cinese China Merchants Port Holdings. Non a caso, la Cina è stato il primo e unico paese ad aver immediatamente dato il benvenuto alla nomina di Rajapaksa.

Sri Lanka: la reazione dell’India

La cacciata di Wickremesinghe ha fatto infuriare non solo i parlamentari che lo sostenevano in Parlamento, ma anche l’India; infatti, quest’ultima ne sosteneva apertamente la linea politica, appoggiata anche dalle principali potenze occidentali, Stati Uniti in primis.

La competizione nell’Oceano Indiano tra India e Cina si gioca infatti anche sull’influenza politica nei confronti dello dello Sri Lanka, situato in posizione strategica nell’Oceano Indiano rispetto alle rotte marittime globali.

Dietro quanto accade in Sri Lanka c’è quindi un nuovo episodio del conflitto globale che oppone la Cina e gli Stati Uniti, a cui si allineano volenti o nolenti i paesi interessati dalle dispute. Domani è previsto al meeting dell’APEC in Papua Nuova Guinea un discorso di Mike Pence, vicepresidente Usa, proprio sulla politica americana rispetto alla libertà di navigazione e commercio negli Oceano Indiano e Pacifico. Un discorso che molti prevedono aggiungerà dettagli rispetto alla strategia di contenimento della Cina ormai manifesta da parte dell’attuale esecutivo americano.

Michele Mastandrea

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