Residenza senza contratto affitto: come averla e procedura da seguire

In quali circostanze e in quali modi la legge consente il cambio di residenza senza contratto di affitto. Quali le conseguenze pratiche dell’operazione.

Residenza senza contratto affitto, come averla e procedura da seguire
Residenza senza contratto affitto: come averla e procedura da seguire

Ci si potrebbe domandare se, magari per motivi di lavoro o di studio, la legge consenta di cambiare la residenza e andare a vivere altrove, senza però stipulare – contestualmente – un contratto di locazione o divenire proprietario della casa in cui si vivrà. La risposta, in queste circostanze, è sicuramente positiva. Vediamo perché.

Residenza senza contratto: quando la legge consente lo spostamento della residenza?

Il cambio di residenza non è un’operazione che il privato cittadino può svolgere in assoluta libertà. Deve cioè farsi soltanto laddove sia, allo stesso tempo, spostata anche la cosiddetta dimora, ovvero il luogo in cui la persona svolge abitualmente la sua vita personale (per la distinzione tra residenza, domicilio e dimora, clicca qui). Le norme permettono il cambio di residenza soltanto laddove, in relazione alla nuova abitazione o dimora, sia previsto un atto di proprietà; un contratto di uso gratuito o, come nel caso analizzato qui, sussista la cosiddetta ospitalità.

Infatti, la legge – senza alcun dubbio – consente il cambiamento di residenza (e di dimora) a chi sia ospite di un amico o conoscente, in un’abitazione di proprietà di quest’ultimo. Tali situazioni ed atti sono però da dichiarare nella domanda di cambio di residenza.

Residenza senza contratto: qual è l’iter da seguire?

Il legislatore è chiaro sulla possibilità di cambiare residenza senza un contratto alla base. Si può fare soltanto laddove ci sia un trasferimento come ospite nella casa del proprietario o di chi vi abita in affitto o comodato d’uso. In pratica, l’indirizzo di questa casa diventerà dimora dell’ospite. La legge però obbliga l’interessato a fare dichiarazione esplicita, presso l’Anagrafe del nuovo Comune. Ciò mostrando l’atto di proprietà o il contratto di locazione dell’ospitante. Nel caso in cui l’ospitante sia affittuario, affinché possa stabilirsi nella casa anche l’ospite, occorrerà il consenso del proprietario.

Circa la procedura da seguire, il futuro ospite dovrà fare domanda con compilazione dell’apposito modulo, che si può consegnare a mano, via fax, per posta o e-mail, al Comune in cui si vuole andare a vivere (con copia del documento di identità). Se il Comune accetterà la domanda, l’ospite sarà considerato residente dalla data di presentazione della domanda. L’iter dura circa 45 giorni, dato che il Comune deve effettuare i contestuali controlli circa la veridicità delle affermazioni dell’interessato. In questi casi, vale peraltro la regola del silenzio-assenso (se il Comune non comunica alcunché entro questo lasso di tempo, l’iscrizione all’Anagrafe è comunque perfezionata). In caso di cambio di residenza, sarà poi cancellata automaticamente la vecchia residenza.

Residenza senza contratto: quali conseguenze per l’ospitato?

La legge ovviamente riserve specifiche conseguenze a chi decide di farsi ospitare. Anzitutto, nel Comune in cui è presente l’abitazione che ospita, è stabilito anche il seggio elettorale e tutti gli uffici comunali, idonei a garantire e consentire l’esercizio dei diritti che il Comune stesso riconosce ai suoi cittadini (compreso l’ospite). È vero che, dal punto di vista delle spese, l’ospitato non paga alcun canone di affitto; è però altrettanto vero che una tassa come quella sui rifiuti, è destinata ad aumentare. Ciò in quanto tale spesa è calcolata sulla base di due parametri: quota fissa legata ai metri quadrati della casa e quota variabile in base al numero di persone che ci vivono.

Altro dato non irrilevante è la valutazione circa la convenienza di indicare, nella domanda di cambio di residenza come ospite, che non si è parte dello stesso nucleo familiare ospitante (la scelta dell’ospite su questo è libera). Nelle circostanze in cui l’interessato dichiarasse di far parte dello stesso nucleo, vi sarebbero conseguenze sul piano della dichiarazione dei redditi annuale e sul cosiddetto ISEE, in particolare in relazione alle esenzioni fiscali familiari. Detto ciò, è comunque possibile che il Comune dell’ospitante conceda sgravi fiscali anche piuttosto consistenti; sarà onere dell’ospite valutare se il Comune di riferimento offra o meno tali sconti.

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