Il buio oltre il 6 maggio

6 maggio

Gran parte del mondo politico italiano ha attribuito alle prossime elezioni amministrative del 6 maggio una vera e propria funzione catartica.

Già in passato si era discusso, nella plumbea sede dell’ABC filo-governativa, di riforme istituzionali ma non di legge elettorale. Perché, si sa, “è meglio aspettare il quadro che delineeranno le prossime comunali”.

In vista dell’importante scadenza i partiti si fanno vedere pronti. O almeno ci provano. Casini addirittura “azzera tutti i vertici dell’Udc”. Si dimette da leader dell’Udc e da presidente dell’Unione di Centro (percepite la differenza tra i due soggetti, vero?). Nell’attesa del Partito della Nazione, della Lista Civica Nazionale o del contenitore post-Todi capace di coagulare il meglio dell’attuale esperienza governativa. Il tutto, ça va sans dire, per essere pronti dopo le “fondamentali” elezioni comunali.

Ma il PdL da sempre non sta a guardare. E Angelino Alfano, direttamente dalla fiera del mobile di Milano, segnala ai cronisti, con tanto di Daniele Santanchè alla destra del Delfino senza quid, che dopo le “importantissime” elezioni comunali del 6 maggio il segretario del PdL e Berlusconi annunceranno la più grande novità politica degli ultimi anni da quando è nata Forza Italia. Un evento “epocale” successivo ad un appuntamento elettorale “epocale”.

Sembra pensarla in maniera diversa Bersani che stordito da questa raffica di nuovi soggetti forse esagera un po’ e utilizza lo slogan infelice secondo cui il Pd, di fronte ad un quadro così mutevole, rappresenta “l’usato sicuro”. Ma poi sotto sotto, intervistato sui fatti francesi, ricorda come il 6 maggio si vota anche per le amministrative. E in quello stesso giorno, ballottaggi italiani a parte, potrebbe cambiare il vento sia nei pressi dell’Eliseo sia nei pressi della prefettura di Parma.

Insomma, per gran parte della politica italiana queste elezioni amministrative, le prime del post-Berlusconi, saranno capaci di disegnare un nuovo e rinnovato quadro politico attualmente basato su una struttura di tipo tripolare.

Alcuni auspicano un cambiamento di questo sistema e cercano di favorirne o velocizzarne i tempi (Casini). Altri lo temono e per paura di rimanerne travolti (do you remember Mariotto Segni) cercando di mettersi sulla difensiva.

La realtà, come non ci siamo mai sforzato di ricordare, che senz’altro quella del 6 maggio sarà una tornata fondamentale. Ma pensare che da sola, assieme all’attuale esecutivo, possa mutare anche dal punto di vista meramente elettorale le vicende del nostro sistema politico nostrano appare una presunzione un bel po’ grossa.

Anche perché concretamente non sono chiare, in primis ai player in campo, le prospettive di questo nuovo e fantomatico sistema politico rinnovato.

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L’ipotesi più verosimile, quando si parla di un mutamento del nostro sistema politico, riguarda pur sempre il bipolarismo e le forze in campo in questo perimetro. E l’unico vero scossone prevedibile, considerando che Monti mai è stato considerato così poco desideroso di restare anche dopo il 2013, è quella di una sostituzione di uno dei due soggetti in campo nell’assetto bipolare. Una pratica diffusa molto in questo periodo nel mondo (basti pensare al caso del Canada) che potrebbe vedere l’attuale Terzo Polo “rafforzato” (magari dai fantomatici “industriali di buona volontà”) capace di porsi come polo maggioritario del centrodestra a livello nazionale. Oscurando il PdL e causandone la sua deflagrazione a causa dell’uscita di molti ex forzisti desiderosi di restare appesi alla grande aspirazione della sezione italiana del Partito Popolare Europeo. Uno schema che renderebbe il partito di Berlusconi marginale. Ed è forse un timore abbastanza realistico considerando che via dell’Umiltà in questi momenti si trova molto più in difficoltà rispetto al Nazareno e che la leadership di Alfano non sembra ancora del tutto decollata.

Ma per il resto l’impressione è che la classe dirigente italiana percepisca qualcosa che in realtà non sembra capace di leggere appieno. E la cosa non è un ottimo segnale. Perché possono pure non capire la società, ma se gran parte della classe politica nemmeno è in grado di interpretare il nostro sistema politico vuol dire che qualcosa non va nei pressi di Montecitorio.