Recesso contratto 2019: come si esercita e che cos’è. Ecco cosa sapere

Recesso contratto: di che si tratta e da quale legge è disciplinato? Quali sono la funzione pratica, il campo di applicazione e le modalità per esercitarlo?

Recesso contratto 2019: come si esercita e che cos'è. Ecco cosa sapere
Recesso contratto 2019: come si esercita e che cos’è. Ecco cosa sapere

Nei documenti contrattuali e nelle trattative che portano ad un accordo contrattuali tra le parti, molto spesso si parla anche del cosiddetto diritto di recesso del contratto. Cerchiamo, di seguito, di fare luce sulla natura di questo diritto e sulle modalità per farlo valere.

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Recesso contratto: cos’è in sintesi e dove trova disciplina

Dando una definizione chiara e sintetica, il diritto di recesso contratto è rappresentato da un atto o una dichiarazione di volontà, con cui una delle parti può sciogliersi liberamente ed unilateralmente dal vincolo contrattuale. Ciò in deroga al principio previsto dall’art. 1372 c.c. (recante il titolo “Efficacia del contratto“), per il quale il contratto può essere sciolto solo per mutuo consenso o per le altre cause consentite dalla legge.

Esso trova la sua disciplina generale nell’art. 1373 c.c. (“Recesso unilaterale“), ma vi sono anche ulteriori previsioni di legge che danno questo diritto recesso contratto ad uno o ad entrambi i contraenti, limitandolo o configurandolo in maniera più ampia e differente (ad esempio, basti pensare al recesso, così come configurato nella disciplina del codice del consumo). Come anche sancito dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 1990, il recesso unilaterale non è regola ordinaria in tema di contratti, bensì eccezione. Ne consegue che tale diritto deve essere specificamente concesso per legge o, appunto, per clausola contrattuale (le parti del contratto debbono cioè previamente essersi accordati in tal senso, nella stesura del testo del contratto).

Quali sono le applicazioni pratiche?

Solitamente il recesso contratto trova la sua logica applicazione nei contratti di durata, vale a dire quegli accordi tra le parti il cui il fattore tempo è assai rilevante (si pensi ad esempio, ai contratti di locazione o ai contratti di lavoro). Come sopra accennato, una particolare disciplina del diritto di recesso è contenuta nel Codice del Consumo, dove sono previsti 14 giorni per cambiare idea e sciogliere il vincolo contrattuale.

È chiaro che il recesso sia opzione tipica dei contratti di durata: il legislatore vuole tutelare, in ogni caso, l’autonomia privata in ambito contrattuale, e quindi gli interessi e la libera manifestazione di volontà di una persona (che può mutare nel corso del tempo), anche in quei contratti in cui le parti resterebbero vincolate nel tempo. Si pensi, ad esempio, ai contratti di lavoro: se non fosse previsto il recesso, anche laddove il lavoratore si trovi non a proprio agio o comunque voglia andarsene definitivamente dal luogo di lavoro, sarebbe danneggiato l’interesse personale e ciò andrebbe contro la libertà di accordo contrattuale.

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Come esercitarlo?

Generalmente, laddove sia utilizzato, il recesso opera e vale dal momento esatto in cui viene espresso. Gli effetti pertanto sono prodotti dal momento in cui la volontà di recesso contratto, è manifestata. Solitamente, per esercitare validamente il diritto di recesso, occorrerà rispettare il cosiddetto termine di preavviso. Ciò è tipico dei contratti di locazione o affitto e dei contratti di lavoro. Non rispettare il preavviso e recedere in anticipo, comporta il pagamento di una sanzione in denaro.

Circa le modalità pratiche per manifestare il diritto di recesso, generalmente il diritto in oggetto si esercita rendendo nota la propria volontà alla controparte, tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Però le circostanze o gli accordi delle parti possono sancire modalità differenti di esercizio. Occorre segnalare, in conclusione, che tali specifiche pattuizioni delle parti, non potranno in ogni caso rendere più difficoltoso l’esercizio di un diritto ben disciplinato dalle norme di legge.

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