“L’assenza di contenuti ci fa parlare tutti di contenitori”. Il TP a colloquio con Enrico Bertolino

“L’assenza di contenuti ci fa parlare tutti di contenitori”. Il TP a colloquio con Enrico Bertolino

“La comunicazione si è evoluta in maniera drammatica negli ultimi venti anni, insieme con la società. I maggiori mezzi di informazione comunicano quasi solo attraverso i titoli e gli slogan, perché quasi nessuno si ferma più di tanto a leggere i contenuti”. Questo è quanto afferma Enrico Bertolino, comico milanese e conduttore di ‘Glob, l’osceno del villaggio’, la trasmissione di satira/approfondimento sul mondo della comunicazione ai giorni nostri, nata nel 2005 e in procinto di ripartire su Raitre con la nona edizione.

Oltre ad essere un artista televisivo di successo, Bertolino è anche esperto di comunicazione e ha fornito preziose consulenze a diverse importanti aziende a proposito di razionalizzazione delle strutture organizzative e sviluppo delle risorse umane. Con lui abbiamo parlato di crisi finanziaria, modelli professionali e soprattutto di tecniche comunicative, in particolare riguardo la comunicazione politica.

Cominciamo parlando dell’argomento di fondo più importante, la crisi finanziaria: “Chi ci guadagnerà da questa crisi? Pochi privilegiati, i pezzi grossi che da sempre hanno giocato con gli strumenti finanziari e che sanno come muoversi, a differenza delle tante migliaia di sfortunati che magari non hanno mai comprato neanche un titolo di stato ma lavorano per una piccola azienda che ha fatto investimenti in prodotti finanziari ‘sbagliati’. Non è in una nuova finanza che dobbiamo sperare per uscire dalla crisi, il vero problema è la mancanza di opportunità della società, anche quella cosiddetta ‘sviluppata’. La crisi non è più solo finanziaria, è una crisi di modelli di società umana, bisogna creare opportunità per uscirne, non solo in termini di creazione di nuovi posti di lavoro. Bisogna puntare ad arrivare ad un consumismo sostenibile”.

Che prima o poi la crisi debba finire, questo è scontato. Ma quali saranno i paesi che ne risulteranno maggiormente indeboliti, e quali quelli con le maggiori possibilità di riscatto nel medio-lungo termine? Questa è la vera incognita. Bertolino, da esperto nel campo dell’impiego ottimale delle risorse umane (“il punto fondamentale è capire quali sono gli individui che possono fare la differenza e in quale posizione”) suggerisce un possibile parametro discriminante: la professionalità. “Ho lavorato presso un istituto bancario in Gran Bretagna e posso dire che lì, ma in generale in tutto il mondo anglosassone a differenza che nei paesi ‘latini’, esiste una propensione ben maggiore ad aumentare la propria professionalità. Io vedevo molti colleghi entusiasti della possibilità di seguire un corso di formazione, lo vedevano come una grande opportunità sia di carriera che di arricchimento personale. Qui in Italia viene visto invece come una seccatura, un qualcosa da affibbiare magari ad un manager scomodo per toglierselo dalle scatole per un po’…”

E quanto alla comunicazione? Lei è un ‘affezionato’ utilizzatore di metafore, di cui fa ampio uso durante i suoi convegni…

“Chiaramente dipende sempre sia dal pubblico a cui mi rivolgo sia dall’argomento; ma in generale una metafora aiuta molto più di un decalogo o di una scheda riassuntiva a far arrivare il messaggio, attraverso l’immaginazione e il ragionamento deduttivo”

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Solo il 2% della nostra mente funziona in modo esclusivamente razionale, tutto il resto risponde all’emotività ed alle reazioni inconsce attraverso frames, ovvero strutture di linguaggio familiari: a dirlo è il professor George Lakoff, docente di scienza cognitiva a Berkeley. Ma davvero l’odierna scienza comunicativa lavora sfruttando questi principi?

“Lo riscontriamo quotidianamente nel discorso politico italiano degli ultimi anni. C’è da dire che questo deterioramento della qualità del dibattito è attribuibile ad un evidente vuoto contenutistico. Tanti anni fa si votavano le idee, i contenuti, chiunque ci fosse a rappresentarli, oggi invece votiamo per dei contenitori, che potrebbero contenere di tutto, perché tutto si riempie con velocità. Guardiamo i giornali come riportano le notizie sul dibattito politico: titoli forti, che puntano sull’emotività delle persone, si riportano attacchi frontali anche personali molto pesanti. Ma ce lo vedete un politico della prima repubblica che attacca l’avversario dandogli del ‘puttaniere’? Oggi anche questo è un tipo di attacco che funziona, perché fa ‘audience’, è tutto è in mano alla logica degli ascolti”

Ma vale per tutti? Guardando agli ultimi 15 anni, la cosiddetta seconda repubblica, non verrebbe certo da pensare che il metodo comunicativo sia uguale per tutti i principali esponenti politici. Prendiamone tre a caso, quelli che nel loro campo hanno ottenuto i maggiori successi di popolarità: Berlusconi, Prodi e Bossi.

“Berlusconi adopera da anni una comunicazione essenzialmente di mercato, lui punta al target e fa di tutto per accattivarselo; la comunicazione di Prodi è di tipo diverso, punta a toccare gli animi delle persone comunicando serenità, al punto tale che può dare l’idea di una pacatezza anche eccessiva. Bossi è quello che più punta al suo pubblico ben determinato, alla sua ‘gente’, la quale vuole sentirsi dire certe cose, magari con una gestualità particolare (ad esempio un dito medio alzato di tanto in tanto), col fazzoletto verde al collo e così via; ma anche se spesso assume un connotato aggressivo, è una comunicazione che crea affezione, che come le altre due serve non tanto a indicare dei nemici ma a crearsi degli amici, dei supporter. In questo la Lega ha un metodo più ‘cerimoniale’, Berlusconi uno più ispirato al marketing, e la sinistra, specie con Prodi, un approccio più ‘romantico’. E non è un caso se questo ultimo approccio abbia meno successo in un periodo come questo in cui di romanticismo ce n’è molto poco”

Più in generale, si riscontra in tutta Europa un declino dell’efficacia del messaggio proveniente dal fronte progressista, declino evidenziato dai risultati delle ultime elezioni europee. Non si può non affrontare il nodo dell’efficacia dal lato della comunicazione per spiegarsi questo declino e correre ai ripari.

“Destra e sinistra si fronteggiano come se l’uno fosse un brontosauro, grosso e lento, e l’altro fosse un velociraptor, rapido e feroce. In questo la sinistra italiana è ‘esemplare’: si perde tempo da anni con riunioni di gabinetto, di sottogabinetto, con primarie in cui ci si cura meno della partecipazione che di chi si candida; se io faccio delle primarie, in cui può vincere tanto Veltroni, quanto Bersani, per dire, ma magari votano uno, forse due milioni di persone, che senso hanno queste primarie? Cosa ci dicono? Poco o nulla. E ci ritroviamo con la Lega che sfonda in regioni prima molto a sinistra perché ha presidiato le piazze, le fabbriche con i suoi gazebo, riprendendo di fatto gli strumenti del vecchio Pci, il tutto mentre gli altri erano in riunione, o magari a Capalbio a mangiare qualcosa di buono. E così abbiamo l’immagine – diffusa – di una sinistra radical chic e di una Lega che propone giovani candidati culturalmente preparati, nella misura in cui sanno quali sono i problemi dei loro elettori nel loro territorio.”

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Però la politica, anche in Europa, registra cali di partecipazione che potrebbero diventare preoccupanti.

“Anche qui, l’elettorato non va a votare o perché è disgustato o perché semplicemente non capisce più per cosa vota. L’ultimo referendum in questo senso è stato un autogol per le istituzioni pauroso, una scheda che era un fazzoletto enorme di parole che richiedeva dieci minuti buoni dentro la cabina elettorale solo per essere letta. La politica, e la sinistra in particolare perché si trova all’opposizione, deve capire che la partita non si vince con i metodi di una volta, con le scuole di formazione stile Frattocchie; si deve giocare e vincere con gli strumenti in voga al giorno d’oggi: televisione, internet, iniziative”

Tra poco si elegge il nuovo segretario del Pd; c’è qualcuno dei tre candidati che dà l’mpressione di poter imprimere una svolta?

“In realtà non ho riscontrato grandi differenze tra i tre, mi sembrano tutti preoccupati di non volersi differenziare troppo tra loro per paura di perdere i voti dei moderati; la Serracchiani fece un clamoroso autogol in rovesciata da centrocampo dichiarando di sostenere Franceschini perché le era più simpatico; magari intendeva qualcosa di meno superficiale, ma se dobbiamo far passare il messaggio che votiamo per simpatia, allora nominiamo direttamente Beppe Grillo segretario…”

Ecco appunto, Beppe Grillo.

“Un maestro, uno che senza andare in tv per anni e anni ha creato un sistema di comunicazione che si autoalimenta, basta mettere il suo nome e la sua faccia e corrono a vederlo diecimila persone ogni sera, senza bisogno di spot o promo magari in tv. Oggi che è entrato in un agone più politico, la sua comicità è diventato qualcosa che non fa più ridere, fa ‘inc…are’. Lui, la Guzzanti e gli altri che si sono cimentati in questa ‘discesa in campo parziale’, devono crederci molto i quello che fanno, è qualcosa di molto più impegnativo rispetto al fare solo degli spettacoli”. Ma un Grillo candidato segretario sarebbe stato da prendere in considerazione? “Non bisogna mai prendere posizione esclusivamente in base alle persone: bisogna guardare il programma prima di tutto. Non basta dire ‘Berlusconi a casa’. Ci vuole un programma, e possibilmente non lungo centinaia di pagine, ma pochi punti essenziali e ben spiegati”

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Parlando di programmi, quale programma tra i tre candidati del Pd sembra il più convincente?

“Ho dato uno sguardo alle mozioni congressuali, insieme ad Enrico Letta con cui sono amico. Il problema è che le mozioni, e i programmi politici in generale, sono sempre più ermetici, mentre le persone che li rappresentano sono sempre più simpatiche. Ma io vorrei un programma chiaro che sia facile da comprendere per me come per l’edicolante o la portinaia. Purtroppo quando i contenuti sono carenti si punta sulle persone, e alla fine molte persone si stufano e passano a comportamenti anarco-socialisti per cui invece di votare se ne sta a casa”

Enrico Bertolino dà appuntamento a tutti alla nuova stagione di ‘Glob’, da domenica 13 settembre in seconda serata su Raitre.

N.B. A causa di alcuni problemi di natura tecnica, non è stato possibile riportare l’intervista nella sua interezza. Ce ne scusiamo con l’intervistato e con tutti i lettori.

Salvatore Borghese