Donadi: “Perché l’IDV votò ‘si’ sul federalismo” Intervista esclusiva di TP

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Donadi: “Perché l’IDV votò ‘si’ sul federalismo” Intervista esclusiva di TP

 

Tra gli eletti dell’IDV presenti a Vasto per il 4° incontro nazionale del partito non poteva mancare il capogruppo dei deputati IDV alla Camera, l’on. Massimo Donadi. Abbiamo approfittato della sua disponibilità per chiedergli le ragioni del voto favorevole che IDV (insieme alla maggioranza di centrodestra) diede alla legge delega in materia di federalismo fiscale.

Onorevole Donadi, nel suo discorso il presidente Di Pietro ha parlato di solidarietà concreta tra le regioni, però l’IDV votò favorevolmente alla delle delega del governo siul federalismo: non crede che ci sia una contraddizione?

No, la legge delega è uscita stravolta da come era entrata in Parlamento: ne è uscito un insieme di principi per un federalismo solidale, in cui le amministrazioi locali vengono responsabilizzate di fronte ai propri elettori circa il loro utilizzo delle risorse, ma dove comunque si creano le condizioni perché anche le regioni più svantaggiate possano contare sulla solidarietà del Paese. C’è una grande sfida dietro il federalismo e alla quale non possiamo rinunciare: quella di una classe dirigente che in tante parti d’Italia, soprattutto nel mezzogiorno, non è all’altezza dei propri cittadini: spesso parassitaria, autoreferenziale, collusa con i poteri forti o peggio con la criminalità, e che da tanti anni lucra sulla pelle e sulle condizioni di povertà strutturale della gente del sud; fin quando non metteremo di fronte agli occhi di tutti che i soldi per fare le cose ci sono, ma bastano o meno a seconda che chi amministra sia onesto o disonesto, non daremo mai ai cittadini la possiblità di capire davvero come sono amministrati e di scegliere di conseguenza.

Non c’è rischio che una regione sempre male amministrata si ritrovi nei guai per colpa della sua classe dirigente e poi riceva comunque aiuti straordinari da Roma pena la bancarotta a livello locale?

Il rischio c’è, ma proprio per questo è previsto un “paracadute” di solidarietà; qualora una regione si trovi a non poter provvedere ai suoi servizi sociali, comunque lo stato interverrà. Però nell’intervenire saranno individuate responsabilità al fine di rimuovere gli amministratori responsabili: in questo paese è ora di smetterla col fatto che non si paghi mai, anche se si rubano soldi pubblici, anche se si amministra molto male, e non si venga mai premiati se invece si fa bene. Noi crediamo che bisogna mettere al centro, il valore del denaro pubblico che per un popolo è quasi sacro, è quello con cui dobbiamo costruire il futuro nostro e quello dei nostri figli, il progresso per il paese. Fino ad oggi per quanto si amministrasse male, si scialacquassero soldi pubblici, nessuno veniva rimosso perché interveniva lo Stato a ripianare il buco: è ora che i cittadini sappiano prima che c’è il buco, e magari che c’è stato un mascalzone, in modo da poter decidere se quelle persone devono continuare ad amministrare la regione oppure no.

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Lei è ottimista sul fatto che il decreto legislativo che produrrà il governo sulla base di questa legge delega possa rispettare questi principi in essa contenuti, o crede che uscirà qualcosa di completamente diverso?

Non siamo né ottimisti né pessimisti, siamo consapevoli che al governo c’è una forza politica che, come ha detto ancora in questi giorni, non ha in mente lo sviluppo di un’Italia unita, ma solo di una parte, e quindi il rischio che i decreti attuativi che voteremo in aula vadano in questa direzione esiste. Ma obiettivamente il testo uscito dal Parlamento era un buon punto di partenza: la scelta era se votare comunque contro, per una scelta pregiudiziale, facendo sì che ci fossimo in seguito preclusi un ruolo nella partita per dire la nostra anche sui decreti attuativi. Abbiamo scelto di dare fiducia a chi ha recepito tutti i nostri emendamenti (perché tutti sono stati accolti), ma questo non ci fa ritenere che il nostro compito sia finito, anzi staremo col fiato sul collo al governo più di prima perchè abbiamo i titoli per farlo.

 

Salvatore Borghese