Bollette acqua: rimborso importo senza depuratore. A chi spetta

Bollette acqua e rimborso della quota versata per servizio di depurazione di fatto mai svolto dalla PA: la Cassazione dà ragione al cittadino. Ecco perchè

Bollette acqua rimborso importo senza depuratore. A chi spetta
Bollette acqua: rimborso importo senza depuratore. A chi spetta

Il pagamento delle bollette acqua non sempre è dovuto dal cittadino, per la cifra complessiva indicata nelle stesse. Talvolta può scattare il diritto al rimborso ovvero alla restituzione della somma versata per uno o più servizi di fatto inesistenti o non funzionanti, come quelli connessi alla depurazione dell’acqua. Tale diritto è stato recentemente ribadito e ricordato dalla Corte di Cassazione. Facciamo il punto.

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Bollette acqua e depurazione: la situazione italiana

In effetti una delle emergenze che caratterizzano molti centri abitati sparsi per l’Italia, è costituita dallo stato delle fognature e dalla mancanza della depurazione acqua. I dati statistici ci dicono infatti che a circa il 15% degli italiani mancano le reti di fognature e a quasi il 30% gli strumenti di depurazione, con alcune variazioni da regione a regione. Tuttavia gli interventi, seppur economicamente onerosi, sono necessari sia sul piano del rispetto delle indicazioni e standard UE in materia, sia sul piano della tutela del diritto alla salute della cittadinanza. La regione italiana con la minor copertura, a livello di servizi di depurazione, è la Sicilia (con il 53,9% di copertura), a seguire Toscana (62,7%), Campania (67%), Sardegna (68%) e Marche (69,9%). Le regioni più “virtuose”, sul piano della depurazione, sono invece Molise (84,5%) e Piemonte (82,5%). Si tratta insomma di una situazione non rosea, che sicuramente necessita di investimenti statali, mirati ad assicurare la salubrità dell’acqua che esce dal rubinetto della propria abitazione. Ecco allora che la giurisprudenza è venuta incontro al cittadino, trovando nella legge vigente, un valido appiglio per le richieste di rimborso e restituzione del privato.

Bollette acqua e restituzione quote se manca il depuratore: le difese del Comune

Il principio fondamentale sancito dalla Corte Costituzionale e poi ribadito in seguito dalla Corte di Cassazione è che il diritto alla restituzione delle quote versate in bolletta per servizi di depurazione acque, mancanti o non funzionanti, si estende e quindi vale per dieci anni. Ciò significa che se, in queste circostanze, il privato subisce in bolletta anche l’attribuzione di una voce di tariffa per il servizio idrico di depurazione che di fatto non c’è stato, ha diritto a vedersi restituire le somme versate per quella voce. Anzi, la Cassazione ha specificato che sussiste un lasso di tempo decennale per contestare la spesa, non soltanto cinque.

In effetti, la pronuncia in materia prende le mosse da un caso pratico affrontato prima presso il giudice di pace, poi in tribunale, in cui i giudici avevano dato ragione al cittadino, fino ad arrivare alla Cassazione, essendosi il Comune – chiamato in causa – più volte opposto al rimborso quote delle bollette acqua per il servizio di depurazione inattivo. Il Comune sosteneva infatti l’avvenuta prescrizione quinquennale, che avrebbe reso impossibile il rimborso delle quote o annualità meno recenti e già prescritte. Insomma la P.A. riteneva che queste quote di bollette acqua fossero soggette a quello che è definito, in gergo, “termine di prescrizione breve” di cui all’art. 2948 del Codice Civile, pari a cinque anni per le obbligazioni di tipo periodico, invece che a quello ordinario di dieci anni. Una tesi che chiaramente giocava a tutto vantaggio dell’ente pubblico, ma che è stata respinta dalla Cassazione.

La Cassazione dà ragione al cittadino

La Suprema Corte, come accennato, non ha condiviso le difese del Comune, anzi ricordando che ogni voce di tariffa delle bollette acqua trova la sua giustificazione nel rispetto e nello svolgimento effettivo dei servizi previsti dal contratto di utenza che lega cittadino ed ente. Ne consegue che se una delle prestazioni non è di fatto fornita, la corrispondente voce o importo in bolletta non è dovuto e se pagato, va rimborsato. Si tratta allora di un caso tipico di pagamento non dovuto, per un servizio di depurazione di fatto mai effettuato dall’ente. In queste circostanze, la Corte ha ricordato che per ottenere il riconoscimento del diritto alla restituzione delle quote, l’azione da far valere è quella di ripetizione dell’indebito, di cui all’art. 2033 Codice Civile.

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Sulla base di tale interpretazione della legge, da parte della Corte, il diritto al rimborso, a favore del privato cittadino, sussiste in quanto la ripetizione dell’indebito è sottoposta al termine di prescrizione decennale e – a differenza di quanto sostenuto dal Comune – non è in gioco un’obbligazione periodica (invece sottoposta al termine di cinque anni). Infatti, si tratta di debito non dell’utente verso il Comune, bensì di debito del Comune verso l’utente, che deve restituire le somme di bollette acqua non dovute ma già incassate; non è obbligazione periodica dato che il Comune è tenuto a ridare indietro le quote non dovute, in un’unica soluzione e non a rate.

A chi spetta il rimborso? da quando decorre il termine?

Andando a concludere, appare chiaro che il diritto al rimborso è riconosciuto dalla Cassazione, a tutti gli utenti che non possono avvalersi di un servizio di depurazione acqua, perché mancante o non funzionante. E l’ente pubblico è tenuto alle restituzioni delle somme indebitamente percepite. Pertanto – per i servizi di depurazione come anche per altri servizi idrici di fatto non svolti – il cittadino può chiedere indietro i soldi; ma da quando scatta il termine di prescrizione decennale? Per la Cassazione tale termine incomincia la sua decorrenza a partire dalla singole date dei pagamenti delle relative quote.

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