Open-source, Cloud computing e Open Data: due esempi di come il settore pubblico sta innovando

Mentre monta sul Web la candidatura di un “tecnico” del digitale come Stefano Quintarelli a responsabile dell’Agcom, continuano le spinte affinchè, anche in Italia, la Pubblica Amministrazione adotti in modo massiccio le procedure di trasparenza ed efficienza nella gestione e nella pubblicazione dei suoi dati attraverso i movimenti degli Open Data.



Abbiamo già scritto in precedenti occasioni che i dati pubblici raccolti dalla PA nell’espletamento delle sue funzioni non solo le darebbero una caratura di trasparenza qualora pubblicati, ma fornirebbero nuove opportunità di sviluppo di servizi per operatori privati che, a partire da tali dati, potrebbero realizzare interfacce di fruizione per i cittadini e le imprese in modo tale da iniettare ulteriore conoscenza delle informazioni ed efficienza all’intero sistema.

Questo movimento, presente in molti altri Paesi quali gli Stati Uniti e la Francia, fa il paio con due ulteriori richieste che emergono fra chi intende innovare all’interno del settore pubblico: l’uso di soluzioni open-source da parte della PA e l’adozione di pratiche di cloud computing.

Le soluzioni open-source hanno visto una crescita esplosiva nel settore privato negli ultimi anni a seguito del diffondersi di Internet e di comunità di sviluppatori che hanno la capacità (e l’interesse) a rendere disponibili formule gratuite e a pagamento di sistemi operativi (Linux in primis), software di pubblicazione (WordPress e Joomla i più noti) e di creazione di piattaforme transazionali (Magento e Opencart ad esempio) tanto per citare le aree più diffuse.
Usare soluzioni open-source per la PA non significa solo sposare una linea neutrale nei confronti del mercato, ma soprattutto ridurre i costi di sviluppo e attenuare quelli di sostituzione nel momento in cui si debba nel futuro cambiare il partner tecnico. La portabilità dell’open-source garantisce inoltre l’uso di piattaforme sempre aggiornate rispetto all’evoluzione delle funzionalità disponibili sul mercato: ottimizzazione dei costi e qualità, quindi, per lasciare la parte più importante dell’investimento alla gestione del sistema nell’interesse dei cittadini.

Il cloud computing infine sta prendendo piede perchè riduce i rischi dettati dalla gestione dei dati e ne ottimizza i costi all’interno di un quadro che deve includere procedure corrette di salvaguardia della sicurezza degli stessi. Qui preme sottolineare in più l’area di sviluppo che sta creando funzionalità di interrogazione, condivisione e utilizzo dei dati su base condivisa ed in parte pubblica: in questo senso cloud computing e open data possono rappresentare nel futuro l‘accesso da parte di privati a dati rispetto ai quali innovare e creare servizi nuovi per la cittadinanza e il mercato.

Interessante in questo senso è Cityforward.org creato da Ibm negli Stati Uniti: una piattaforma sopra la quale associazioni, aziende e singoli cittadini possono inventarsi interfacce per consentire modi di “navigare” e innovare la vita delle città attraverso i dati con i quali possono essere lette.

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Per fortuna anche l’Italia, con l’aiuto dell’Europa, si sta muovendo: grazie ad un finanziamento europeo di 3,2 milioni di euro, la Regione Piemonte insieme al Politecnico di Torino stanno collaborando ad un’iniziativa chiamata Open-DAI (Opening Data Architectures and Infrastructures of European Public Administrations) che dovrebbe portare entro settembre 2014 a realizzare una soluzione di cloud computing e di utilizzo degli Open Data disponibili.

Buone notizie che devono essere fatte conoscere per segnalare come anche la PA stia tentando di innovarsi, al servizio delle aziende e dei cittadini.