Verso l’attuazione del federalismo

Ancora una settimana “calda” per il Governo e la sua maggioranza

Dopo la partita della Bicamerale finita con un pareggio (15 a 15) sul tema del federalismo municipale, anche i prossimi giorni vedranno il Parlamento occuparsi di questa riforma “chiave” dell’intera legislatura. Molti sono rimasti stupiti dall’atteggiamento assunto dalla Lega che, nonostante le difficoltà incontrate nell’iter di approvazione del decreto legislativo che vorrebbe istituire l’imposta comunale municipale, ha scelto di continuare ad appoggiare il Governo ed il Premier. Nessun ipotesi di elezioni anticipate: rinvio secco, almeno per il momento.

Ad ogni modo, il nodo centrale dei fatti parlamentari degli ultimi giorni si incentra tutto intorno alla procedura d’approvazione del decreto legislativo – in quanto atto normativo avente forza di legge – adottato dal potere esecutivo (il Governo) per delega espressa e formale da parte del potere legislativo (il Parlamento). La c.d. delegazione legislativa, prevista dall’articolo 76 della Costituzione, costituisce lo strumento attraverso cui il Parlamento decide, ad esempio per motivi di inadeguatezza tecnica o mancanza di tempo, di non disciplinare una determinata materia, riservandosi però di stabilirne i principi e i criteri direttivi, ovvero la “cornice” entro la quale il Governo è poi delegato a dettarne la disciplina: in altre parole, la delega al Governo non può mai essere in bianco, ma vincola l’esecutivo a rispettare una serie prestabilita di limiti. Nel caso di specie, al fine dell’adozione del decreto legislativo in materia di fisco municipale, così come degli altri decreti attuativi del federalismo, è previsto che gli schemi di tali atti siano trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di  relazione  tecnica, affinché su di essi sia espresso il parere della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario.

Ora, il dibattito apertosi a seguito del pareggio nella Commissione bicamerale ha riguardato la considerazione circa la natura di tale risultato, ovvero se esso sia definibile quale parere negativo o piuttosto come un “non parere”. A riguardo, può apparire controversa la lettera della legge delega che all’articolo 2, comma 3 stabilisce che “In mancanza di intesa nel termine , il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione che è trasmessa alle Camere. Nella relazione sono indicate le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è stata raggiunta”. Ritenendo il pareggio della Bicamerale non espresso nel termine previsto, e forte del parere positivo della Commissione Bilancio, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo sul federalismo municipale, sicuro di poter “legittimamente” seguire l’iter definito dal comma3 dell’articolo 2 della legge delega e, dunque, senza attendere ulteriori passaggi parlamentari. Di contro però, dato lo svolgimento di una votazione sul decreto in questione da parte della Bicamerale – seppur con esito nullo tra maggioranza e opposizione – si noti che la scelta del Governo, non volendo procedere “di fretta” verso l’approvazione di un così importante testo di riforma, avrebbe ben potuto seguire l’iter descritto al comma 4 dell’articolo 2 della legge delega, secondo cui: “Decorso il termine per l’espressione dei pareri , i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo”.

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Chiaramente, la seconda procedura comporta un allungamento dei tempi di approvazione del decreto attuativo del federalismo municipale, ma allo steso tempo valorizza il ruolo del Parlamento: questa pare essere la principale ragione che ha indotto Napolitano a non promulgare l’atto. In pratica, il Quirinale ha ricondotto il problema relativo all’iter di approvazione del decreto sul federalismo municipale al comma 4 dell’articolo 2 della legge delega n. 42 del 2009. Il Presidente della Repubblica, organo istituzionale di garanzia – come si è avuto modo di sottolineare in altre occasioni sulle pagine di TP – laddove si pone la scelta tra procedure legislative diverse, non può che optare per la più “ordinaria” e garantista tra le due: quella che permette al Parlamento, ovvero al legislativo, di svolgere al meglio il proprio ruolo di indirizzo e controllo, senza nulla togliere alle legittime prerogative dell’esecutivo, a maggior ragione nei casi in cui l’atto normativo in questione sia un atto avente forza di legge e costituzionalmente vincolato al rispetto della delega, nel suo significato più stringente.

In definitiva, è ancora aperta una fase decisiva della vita del Governo e della legislatura, ma ancora di più del sistema paese, soggetto principe di un progetto di riforma federale che intende portare a compimento il processo di trasformazione del tipo/forma di Stato italiana cominciata nel lontano 2001 (riforma del Titolo V della Costituzione). Si tratta di perfezionare e rendere operativa la riforma federale, senza contraddire, e quindi tradire, il senso più profondo di questa: il rafforzamento del modello democratico costituzionale attraverso la “restituzione della sovranità al popolo”, ovvero lasciando che sia il livello di governo più vicino al cittadino ad assumere le decisioni. Quello che si attende ora è che il Governo, seguendo l’iter “più lungo” per l’approvazione del decreto sul fisco municipale, prosegua sulla strada della responsabilizzazione e dell’autonomia degli enti locali in materia di sanità e di perequazione infrastrutturale. Fase decisiva e delicatissima in cui ci si augura che maggioranza e opposizione si confrontino con spirito costruttivo e in una prospettiva di lungo periodo: si tratta di trasformazioni istituzionali che toccano le più delicate corde dell’animo della Carta fondamentale, compromesso democratico tra forze politicamente contrapposte ma unite nel riconoscimento di valori essenziali al costituzionalismo contemporaneo.