Martin Scorsese – The Irishman. Commento no-spoiler

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Martin Scorsese – The Irishman. Commento no-spoiler

The Irishman, ultima fatica del regista Martin Scorsese, è finalmente disponibile nei cinema italiani, dal 4 al 6 novembre. Il film verrà proiettato per tre giorni in lingua originale (non esiste versione doppiata) per poi essere reso disponibile da Netflix, che lo ha prodotto, il 27 novembre. Il titolo vanta un cast d’eccezione, con la presenza – tra i tanti – di Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci e Harvey Keitel.

Scorsese – qualche parola

Martin Scorsese, regista statunitense di origine italiana, è oggi uno fra i maggiori autori del cinema contemporaneo ed è inoltre uno dei pochi che, combinando tecnica e capacità narrante mediante il linguaggio delle immagini, e collimando stile classico e contemporaneo, riesce a soddisfare la quasi totalità dei suoi spettatori. Scorsese dirige storie ambientate in epoca contemporanea (The Departed – il bene e il male, film che gli è valso l’Oscar per la miglior regia) e altre in epoche passate (Gangs of New York). Sonda generi diversi e li mescola in opere che affrontano, tra i vari temi, la contraddizione tra l’individuo e il contesto in cui è immerso nella quotidianità del vivere, la violenza iperrealistica e istintiva e la figura dell’antieroe. Il tutto condensato in storie che si reggono tanto sull’ironia quanto sul dramma.

The Irishman – storia di un sicario

The Irishman è un film tratto dal saggio I Heard You Paint Houses, di Charles Brandt, basato sulla vita di Frank Sheeran, interpretato da uno splendido Robert De Niro.
La storia comincia con un lungo piano sequenza, all’interno di quello che sembra un ospizio, al termine del quale conosciamo un senile Sheeran, bloccato dall’artrite e all’epilogo della sua vita. Qui egli comincia a raccontare la sua storia. Tramite un accorto uso dei Flashback e la voce narrante del protagonista, riscopriamo il contraddittorio e malsano rapporto tra mafia e politica in America e, in generale, il complesso e contorto mondo criminale – esclusivamente maschile – degli anni Settanta.

Un gangster movie che non è soltanto una storia di malavita, ma che con malinconia tratta altre tematiche, come vedremo alla fine del film. Quanto è definitiva la morte? E’ una domanda che si pone il protagonista e che pone a noi Scorsese nel lungo commiato al termine della storia, proponendo inoltre uno spaccato della morale di un uomo che ha fatto del peccato mortale la sua vita.


Frank Sheeren è malvagio? Un pluriomicida, un sicario della mafia che uccide senza fiatare, tranne che in una data situazione, può quindi essere considerato al pari degli altri uomini una persona “comune”, con affetti e problemi simili? Scorsese, evidenziando una certa ambiguità della morale, porta quella che Hanna Aredt chiamò Banalità del male.


Frank Sheeran esce di sera, uccide, minaccia, riempe di percosse e poi torna a casa – qualche ora dopo o di mattina – si siede in poltrona con un bicchiere di brandy, o fa colazione guardando alla televisione il notiziario. Dimentico delle conseguenze che la sua doppia vita potrebbe avere sulla sua famiglia, si comporta normalmente, senza sapere che la “bestia” è ben visibile ai loro occhi.

Ripresa, ambientazione e aspetti tecnici – qualche accenno


Una pellicola di cui si potrebbe parlare per ore e ore, riempendo pagine su pagine. Non solo per la storia, la cui lunghezza viene alleggerita dall’eccezionale montaggio della fedelissima di Scorsese, Thelma Schoonmaker, ma anche per carrellate, piani sequenza e movimenti di macchina vivaci e mai banali, che danno dinamicità, profondità e mai senso di oppressione o soffocamento negli spazi interni preferiti dal regista per le ambientazioni. La scrittura dei dialoghi, inoltre, è uno dei pezzi forti del film, grazie anche alla sceneggiatura di Steven Zaillian, già insieme al regista per Gangs of New York. Ultimo accenno va fatto alla musica e alle atmosfere del film. L’accortezza con cui sono stati scelti i silenzi – fondamentali per conferire suspense e pathos a determinate scene – è l’ennesima conferma della qualità del cinema cui ci troviamo di fronte.

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The Irishman: per concludere

Con The Irishman Scorsese pone molto l’accento sulla precarietà della vita umana con una malinconia vista raramente a questi livelli nel cinema del regista italo-americano. Il cinema di Scorsese è molto amato perchè è sincero e comprende molte sfaccettature della vita, senza però accettare o diffondere certi ideali. Molto intima e apprezzabile, per esempio, è la presenza di un prete alla fine del film, lì non in quanto figura in grado di indurre al pentimento e alla salvezza – poiché Sheeran non ha rimorso e non prova dispiacere – ma come spettatore, ascoltatore e unica compagnia di un uomo al termine della sua vita.