Tosi, la Lega e quei rischi fatali

In molti hanno sottovalutato la simbologia riguardante il “mediamente” partecipato no-Imu day organizzato a Verona dalla Lega Nord domenica scorsa. E non tanto per le frasi ad effetto del segretario in pectore Roberto Maroni che ha inaugurato la fase di “lotta istituzionale” all’esecutivo Monti. E nemmeno per il mezzo amo lanciato nei pressi di casa PdL, della serie “volete discutere con noi? Perfetto: staccate la spina a Monti sfruttando l’irrealtà del decreto sviluppo”.

L’aspetto più interessante è infatti quello legato al destino del Carroccio a seguito delle dimissioni di Bossi. Un destino che si sta senz’altro delineando in questi giorni congressuali per il movimento di via Bellerio, ma che al tempo stesso rischia di mostrare delle criticità difficili da sanare. E proprio per questo l’aspetto simbolico assume valenza assoluta.

Iniziamo dal “luogo del delitto”: Verona. La patria di Flavio Tosi, il sindaco eletto trionfalmente al primo turno amministrativo nonostante la querelle sui presunti fondi abusivi del partito che ha sconvolto elettoralmente la Lega Nord. Tosi. Il nuovo segretario della Liga Veneta che, tramite un potente asse col neo-segretario lombardo Matteo Salvini, vuole lanciare con forza la candidatura di Maroni, quanto mai data per vincente, alla guida del movimento.

In secondo luogo consideriamo l’aspetto legato alle presenze: circa cinquemila, per quanto rumorosi, leghisti hanno riempito la piazza veronese. Non moltissimi, ma nemmeno una cifra da sottovalutare. Nonostante tutto (memori forse del mantra morettiano “mi si nota di più se vengo o non vengo”) c’erano due grandi assenti: l’ex segretario della Liga e attuale sindaco di Treviso Gobbo e il sindaco di Vittorio Veneto Da Re. Esponenti di rilievo del venetismo che non si sono fatti vedere in una piazza che forse appariva troppo come un preludio trionfale per i Barbari Sognanti.

E qui occorre fare un passo indietro. Perché in molti hanno sottovalutato ciò che è successo nel congresso veneto della Lega del mese scorso. Mentre infatti in Lombardia il maronita Salvini ha stracciato con l’80% dei consensi il suo rivale bossiano, in Veneto Tosi ha vinto nettamente ma “solo” col 58% dei voti. Tra l’altro ha ottenuto soltanto i voti, né uno di più ne uno di meno, dei delegati che avevano firmato la sua candidatura. Al tempo stesso quello che giornalisticamente veniva definito il “bossiano” Massimo Bitonci, ex sindaco di Cittadella, sostenuto tra gli altri da Gobbo ha ottenuto un 42% rispettabile.

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Qual è il problema oggi come oggi, alla luce della probabile vittoria di Maroni alla segretaria, della Lega in Veneto? Il problema sta nel fatto che uno dei capolavori politici di Umberto Bossi è stato quello di porsi come garante di un patto. Un patto che comprendeva l’ingresso della Liga Veneta all’interno della Lega Nord col rischio di essere succube della potente componente lombarda. Un capolavoro politico. E non solo perché la Liga Veneta, nata nel 1980, era un partito politico più vecchio e con ben più storia rispetto alla Lega Lombarda. Ma anche perché “il veneto è una lingua, il lombardo è un dialetto, lo stendardo col Leone di San Marco è una bandiera, il Sole delle Alpi un simbolo quanto mai spurio”. E dunque i potenti veneti, forti della loro storia e della loro tradizione quasi legittima, hanno visto nella leadership carismatica di Bossi come l’occasione per entrare in quel movimento che dalle rivendicazioni autonomistiche di carattere regionalistiche sarebbe passato ad una dimensione di carattere più nazionale.

Non è un caso del resto se nel corso delle elezioni dell’effimero Parlamento del Nord nel 1997 assieme alle varie liste connotate politicamente (comunisti, socialdemocratici, liberaldemocratici, conservatori padani) si presentò anche una lista dei “Leoni Veneti” in nome di quel venetismo che sfuggiva a qualsiasi logica politica secondo il continuum destra-sinistra. A suo modo un piccolo segnale per evidenziare come la Padania, e dunque il suo pluralismo politico, fosse tutt’altro che realizzato appieno.

Un evento quasi senza precedenti che oggi terrorizza molti. Maroni riuscirà a tranquillizzare la componente veneta e porre garanzie come fece il Senatùr? Non c’è il rischio che con la fine del collante bossiano possa andare in frantumi tutto il movimento? L’incertezza del congresso veneto di cui abbiamo parlato ci mostra una situazione piena di dubbi ed incertezze. Lo ha capito Luca Zaia che il più delle volte fa il vago nelle vicende legate alla Liga Veneta. Lo ha però capito anche Tosi che sul palco a Verona si è fatto fare una foto con Bossi stringendogli la mano.

Una volta che cambia il “gestore” occorre una ridiscussione dei piano per decidere se tutti gli asset della ditta possono rimanere al loro posto in maniera immutata.

Il rischio che sta correndo Tosi è chel spinto dall’enfasi maronita, possa dimenticare le ragioni stesse che lo hanno portato ad essere un esponente della Lega Nord-Padania. E non della cara vecchia Liga Veneta.