Grecia: un’analisi del voto

Il voto in Grecia questa volta ha consegnato un Parlamento capace di formare una maggioranza solida a sostegno di un Governo pro-euro, cosa che il mese scorso, con il voto del 6 maggio, non era riuscito a fare.

Le elezioni le ha vinte il partito conservatore di Nea Demokratia, guidato da Antonis Samaras fino al 29,66% dei consensi, superando il principale rivale di questa tornata elettorale, la coalizione della Sinistra Radicale Syriza, guidata dal più giovane Alexis Tsipras, che si è fermata al 26,89% dei voti. Il principale sconfitto di queste elezioni (seppur ampiamente previsto), è stato il socialista Pasok di Evangelos Venizelos, che ha ottenuto solo il 12,28% dei favori del popolo greco.

Tra i partiti minori, pur perdendo tre punti percentuali si sono confermati al quarto posto i Greci Indipendenti, con il 7,51% dei voti, poco più dei neonazisti di Alba Dorata (6,91%). La Sinistra Democratica (“pro-euro”) ha poi superato (6,26%) i comunisti del KKE (4,5%). Tutte le altre formazioni, compresi gli ortodossi del Laos (sostenitori del “governo tecnico” che ha sostituito Papandreu alla fine dell’anno scorso), sono invece ferme sotto la soglia dei voti necessari per accedere al Parlamento: complessivamente, i voti che non hanno dato origine a seggi parlamentari sono il 5,96% dei voti validi.

Andando un po’ in profondità nell’analisi del voto, possono essere messe in evidenza alcune questioni.

Innanzitutto, la partecipazione. Dalla maggior parte dei media è stato evidenziato come l’astensione abbia raggiunto percentuali incredibili, il 37,53% degli elettori non se l’è sentita di esprimere un voto potenzialmente importante per l’intera Europa, e probabilmente non l’ha fatto per una sincera indecisione su quale fosse la strada migliore per il proprio Paese, se l’uscita dall’euro, la rinegoziazione degli accordi o il proseguimento del piano concordato con la Troika. In realtà però, già a maggio la partecipazione al voto è stata bassa, di appena 2,63 punti percentuali più alta; nel 2009, quando il cielo di Atene non era così denso di nubi, l’astensione è stata comunque del 29,08%. In sostanza, l’astensione è sì in crescita, ma l’allarme andrebbe – a parere di chi scrive – ridimensionato.

In secondo luogo, il sistema partitico greco, a distanza di soli tre anni, è completamente diverso da quello che nel 2009 si è trovato a fronteggiare la crisi, non riuscendovi. Un sistema  che era storicamente dominato da Nea Demokratia e Pasok, oggi vede protagonisti partiti che allora erano piccoli comprimari. Nella tabella che segue, l’andamento storico dei più rappresentativi partiti nelle ultime tre tornate.

 

Si nota che il Pasok ha ceduto – se per sempre o solo per il momento lo dirà il tempo – il proprio ruolo di maggiore partito di sinistra alla coalizione della Sinistra radicale (Syriza), ed ha assunto il ruolo di partner di governo del rivale storico, i conservatori di Nea Demokratia. Al tempo stesso, sono usciti dal Parlamento gli ortodossi del Laos, sostituiti politicamente dai neonazisti di Alba Dorata (che non hanno lo stesso programma, ma una collocazione similare sull’asse destra-sinistra), mentre il partito comunista KKE – rimasto stabile nel voto di maggio -domenica ha dimezzato il proprio elettorato. Greci Indipendenti e Sinistra Democratica sono in parte costituiti da fuoriusciti di Pasok e ND, costituitisi nel corso della scorsa legislatura, ed hanno subito acquisito una buona base elettorale.

Altro dato interessante della tornata elettorale è strettamente connesso con quanto appena discusso. Si tratta della dispersione del voto tra i partiti, che abbiamo calcolato utilizzando l’indice di Laakso e Taagepeera. I due studiosi hanno infatti individuato una formula utile per definire quanti partiti sono “effettivamente” in competizione, considerando che la maggior parte di quelli che si presentano alle elezioni sono liste con poche o nessuna speranza di entrare in Parlamento.

 

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La tabella in alto mette a confronto il numero di partiti e liste presentatesi in ciascuna delle tre elezioni, l’indice di Laakso e Taagepeera applicato alla percentuale di voti ottenuti e quello relativo ai seggi conquistati. Come è evidente,  la previsione di una quota di seggi (pari ad un sesto del totale) da assegnare al primo partito, fa sì che la legge elettorale abbia un effetto fortemente anti-proporzionale, riducendo molto l’”effective number of parties”. Il confronto intertemporale dei dati dà conferma alle affermazioni dette in precedenza: mentre alle elezioni di maggio i due indici sono “esplosi”, nell’ultima tornata i dati stanno tornando quelli propri del sistema greco, seppure con altri attori.  Nella tornata elettorale di domenica il voto è stato molto concentrato sui primi due partiti, mentre nella tornate elettorale di maggio i primi tre partiti erano sostanzialmente alla pari ed insieme non raggiungevano la metà dei consensi espressi.

Un ultimo dato interessante è quello relativo alla diffusione territoriale dei principali partiti. Nella tabella che segue abbiamo “misurato” questa caratteristica in base alla posizione che i primi tre hanno avuto nei singoli distretti elettorali.

 

Come si vede, anche a livello di singoli distretti, Nea Demokratia si conferma prima in 40 dei  56 in cui è suddivisa la Grecia, e nelle altre 16 è seconda, superata sempre da Syriza, che invece è seconda in 36 casi. Il Pasok, analogamente, si piazza quasi sempre (48 volte) al terzo posto e, cosa per loro più preoccupante, ben quattro volte scende al quarto o al quinto posto, superata in un caso da Alba Dorata: non bene per un partito che tre anni fa aveva vinto le elezioni.

Dopo le elezioni

Ieri è stato ufficializzato il Governo, che sarà supportato da una – si presume – solida maggioranza composta da Nea Demokratia, Pasok e Sinistra Democratica, per un totale di 179 seggi.

I dubbi vengono però considerando che la stessa maggioranza è espressione di meno della metà dei voti validi, a loro volta – come detto – da considerare tenendo presente il 40% di astensione. Si preannuncia quindi un opposizione dura, nelle piazze piuttosto che nel Parlamento, che rischia di essere facilitato da due fattori: il primo è un fattore esterno, ovvero la notoria severità tedesca in materia di rigore, che potrebbe rendere inutili i tentativi di mediazione promessi dal neonato governo; il secondo è invece interno al sistema partitico uscito dalle urne: la maggioranza si troverà opposizioni son solo forti, ma in crescita, tanto a destra (15% dell’elettorato, con Alba Dorata e Greci Indipendenti), quanto a sinistra (31%, con Kke e Syriza). In questa chiave va letta la fermezza con cui Tsipras ha affermato di voler stare all’opposizione, certo di poter confermare il proprio partito come alternativo, appropriandosi definitivamente del ruolo che fu del Pasok, e fiducioso circa l’insuccesso del governo da ieri in carica.