Quanto si rischia in questo consiglio europeo?

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Fatidica è la data del 28 e 29 giugno. Il consiglio europeo di Bruxelles ha da sbrogliare molte matasse che attanagliano il Vecchio Continente. E se gli esiti del vertice non saranno all’altezza, c’è da crederlo, i mercati reagiranno con una sfilza di segni meno.

Il tam tam diplomatico è frenetico e gli sherpa sono al lavoro. I prevertici sono stati numerosi sia per quanto riguarda il G20 in Messico (dove si sono incontrati i partecipanti europei) sia per quanto riguarda il vertice a 4 di Roma.

Ma in Italia quali ripercussioni può avere questo vertice? Monti ha subito chiarito alle forze parlamentari che lui ha solo una richiesta da fargli: quella di approvare la riforma del mercato del lavoro prima del 28 giugno. Quella stessa riforma che il PdL non apprezza al 100% (non crea abbastanza problemi in casa democratica, a quanto pare) e che Giorgio Squinzi ha definito fantozzianamente una “boiata pazzesca”.

Di secondo piano sembra essere per questo governo l’ipotesi di approvare una qualsiasi tipo di mozione filo-europea nelle aule parlamentari. Un’iniziativa di questo tipo aveva interessato tantissimo il Pd che da giorni lottava, e tuttora lotta, per una mozione unitaria tesa a rafforzare Monti in Europa. Più scettici gli altri partner della “strana maggioranza” che vorrebbero approvare una mozione per conto proprio. A quanto pare sono dinamiche aliene a Mario Monti e che interessano fino ad un certo punto: a Palazzo Chigi non si pensa che una mancata approvazione di qualsiasi mozione pro-Europa possa ledere in un qualche modo la legittimità politica del Presidente del Consiglio. L’unico aspetto che potrebbe mettere a livello internazionale una seria ipoteca sulla capacità esecutiva di Monti risiede appunto nella riforma del lavoro.

Paradossalmente dunque, come per la cittadinanza onoraria della città di Milano attribuita al Dalai Lama ma subito dopo ritirata per motivi diplomatici, ci si chiede il motivo di un’iniziativa considerata non fondamentale in questa complessa fase. Come il Comune di Milano, secondo molti, avrebbe potuto evitare il problema non ponendosi alla stregua di un ordinario ministero degli affari esteri, la conferenza dei capigruppo di Montecitorio avrebbe potuto pure abdicare nel goffo tentativo di salvare l’Europa attraverso una mozione parlamentare.

Ma quali sono invece i rischi di questo vertice europeo per la politica italiana? In primo luogo sta nel rischio da parte della Merkel di irrigidirsi. Ma anche Hollande potrebbe mandare in soffitta alcuni progetti comunitari se continuerà a puntare sulla sovranità tout court.

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In questo caso, se si uscirà con un pugno di mosche in mano, non solo i mercati, ma anche il PdL potrebbe creare delle frizioni nel governo. E sappiamo degli intenti in questa fase bellicisti di Berlusconi nei confronti di un governo che inizialmente aveva quanto mai elogiato e a tratti invidiato.

La proposta avanzata sul Corriere della Sera da Pierferdinando Casini di elaborare una piattaforma comune tra “sinistra” e “moderati” non parte solo dalla considerazione che l’asse Carroccio-PdL potrebbe rinascere se dovesse venir meno la leadership di Formigoni alla guida della Regione Lombardia (con tanto di sostituto proveniente da via Bellerio). Ma anche che in questa fase, col rischio europeo dietro l’angolo, occorre saldare la maggioranza che attualmente sostiene Monti. Del resto Casini ha fatto un riferimento alle sensibilità socialiste e del popolarismo europeo che in questa fase emergenziale fanno di tutto per salvare l’Italia e l’Europa. Tra le file del popolarismo europeo ci sarebbe anche il PdL. Dunque, più che un invito ad allearsi quanto mai non definitivo, la mossa di Casini pare come un tentativo di blindare ulteriormente questa strana maggioranza da qui alla scadenza naturale della legislatura. Un modo per dare man forte in vista di ipotetici scossoni di marca berlusconiana.