In Francia si apre ai matrimoni omo?

In Francia si torna a parlare di diritti civili. E questa volta anche di matrimoni tra persone dello stesso sesso. Un tema non molto dibattuto ultimamente e che non sembrava essere una priorità della politica transalpina degli ultimi anni. Creando contraddizioni non da poco in tutto l’ambiente culturale e sociale del paese.

La prima ad aver compiuto un passo in questo senso è stata Dominique Bertinotti, ministro delegato alla famiglia in seno al ministero delle politiche sociali e della sanità retto da Marisol Touraine.

Un dicastero dunque che da sempre deve tutelare due distinti poli che tendono ad essere antitetici: da una parte quello del sistema sanitario nazionale, gioiello del dirigismo made in France e biglietto da visita quanto mai efficace per rimarcare la distanza tra un certo tipo di politiche per la sanità (come quello statunitense) e il modello francese che, tanto per cambiare, aspira all’universalità. Dall’altra invece la delega alle politiche sociali. Una issue in continua evoluzione e una responsabilità importante per una forza socialista considerando i precedenti dei Patti Civili di Solidarietà che regolamentarono le unioni di fatto indipendentemente dal sesso della coppia.

Il ministro per la famiglia Dominique Bertinotti

I governi socialisti di coabitazione nel corso della presidenza Chirac sono del resto ricordati per due misure legate ai due grandi tronconi della sfera dei diritti: sul fronte dei diritti del lavoro le 35 ore (ideate dall’allora ministro Martine Aubry) sul fronte invece dei diritti civili i Pacs, appunto.

L’intenzione della Bertinotti è quella di partire dai Pacs per affrontare un nuovo e rinnovato step: quello dei matrimoni tra omosessuali.

L’intenzione di procedere su questa strada però non è dovuta solo ed esclusivamente a ragioni di carattere interno o di impronta idealistica. E le politiche sociali su questo punto non differiscono troppo da quelle di carattere ambientale. E infatti quanto mai fondamentale considerare il trend globale per capire se vale la pena o meno dar vita ad una determinata apertura, ad una specifica proposta tesa ad estendere i diritti dei cittadini.

Non è un caso del resto che in Italia, molti che si ritenevano scettici nei confronti dei matrimoni omosessuali, dopo la legge spagnola che consentiva unioni di questo tipo si sono ricreduti. In quanto se un paese con caratteristiche sociali e “morali” (se non religiose) simili era riuscito ad ottenere quel risultato allora a quanto pare i tempi erano maturi per un nuovo salto in avanti. Mai concretizzatosi platealmente in Italia per ragioni fin troppo lunghe da spiegare.

In un paese da sempre anomalo invece in campo religioso (la fede cattolica dovrebbe rallentare il suo sviluppo considerando l’inesistenza del concetto weberiano di “etica protestante”, ma al tempo stesso un evento campale come quello del 1789 ha anche permeato la società di un laicismo a tratti inedito in Europa) invece non si è ancora arrivati a tanto probabilmente, secondo la tesi dei sostenitori della proposta di Bertinotti, per la lunga parentesi di governi di centrodestra.

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In realtà il discorso è più complesso e la verità risiede nei diversi approcci che i singoli presidenti della Repubblica Francese hanno avuto nei confronti del tema della laicità, quanto mai fondamentale per avere uno spirito pronto e aperto per varare una riforma di questo tipo. Partendo dal presupposto che una conquista sociale come quella dei matrimoni gay è una proposta che tende ad assumere concreta attuazione nei primi anni del nuovo secolo, possiamo ben capire come ai tempi di Mitterrand, socialista tra l’altro dai tratti molto liberaleggianti, non si sia mai discusso di un argomento del genere. Al tempo stesso la presidenza Chirac non aveva tra le priorità questa riforma e il suo primo mandato, settennale, era ancora troppo prematuro dal punto di vista meramente cronologico per un’operazione di questo tipo. Per Sarkozy il problema non si pone: temporalmente avrebbe anche potuto prendere iniziative di questo tipo considerando la sua elezione nel maggio del 2007, ma la sua natura peculiare nell’alveo del centrodestra francese lo ha portato a maturare quella che Francesco Margiotta Broglio ha definito una “laicità positiva” quanto mai difficile da conciliare con un’estensione dei diritti di questo tipo.

A questo punto però sorge una domanda: quale sarà la reazione della destra. E la risposta non può che risentire dell’atteggiamento sarkozysta negli ultimi cinque anni. Non è escluso infatti che l’Ump, nonostante l’omologazione che a detta di molti la rende sempre più simile ad un partner partitico della famiglia popolare europea. Non è dunque escluso che la leadership del centrodestra si possa giocare anche su questo tema. E la cosa non è da poco considerando che i coltelli in casa Ump si stanno affilando già per l’elezione del capogruppo in Assemblea Nazionale con Copè, presidente dei deputati uscente, che ha come rivali Fillon e l’ex ministro delle finanze Baroin.

Mentre si rischiano divisioni a destra sta ora alla sinistra, maggioritaria ovunque, a dar vita a questa riforma tesa a marcare per sempre questo primo quinquennio hollandiano. Evitando che qualcuno in Europa possa attribuirsi il merito di aver imposto un nuovo modello sociale in vari parti d’Europa.