Regionali 2010: Tutti i numeri

elezioni regionali - Termometro Politico

Regione per regione, tutti i risultati delle elezioni Regionali 2010 e i confronti con le Europee 2009 nelle 13 regioni al voto: chi perde e chi guadagna

 

 

Ora che le urne si sono chiuse e sono stati eletti i 13 nuovi presidenti di Regione e consigli regionali, proviamo a tirare le somme regione per regione. Cercheremo così di capire, ferme restando le differenze di tipologia tra il voto amministrativo e quello europeo, quali sono i soggetti politici che hanno “vinto” o “perso” queste elezioni; mostreremo per ogni regione due grafici riepilogativi, a sinistra i dati 2009 e a destra quelli 2010.

Per ogni regione indichiamo prima di tutto il dato relativo all’affluenza: individueremo così quelle zone in cui il voto ai partiti è diminuito maggiormente in relazione al totale dei voti validi, e questo perché c’è la possibilità, alle regionali, di votare barrando unicamente il nome del candidato presidente senza esprimere voti per le liste di partito.

PIEMONTE

Il Piemonte ha visto un calo (relativo) dell’affluenza del 9,65%. I voti alle liste hanno registrato invece un calo del 21,16% rispetto al 2009.

In Piemonte la governatrice uscente Mercedes Bresso è stata sconfitta di un soffio dallo sfidante Roberto Cota; ma il totale delle liste di centrosinistra risulta lievemente superiore (+0,56%) alle liste di centrodestra, che perde quasi due punti anche rispetto al dato delle Europee. Ma oltre al crollo del PdL e all’avanzamento della Lega (in termini precentuali, non assoluti), spicca il dato dell’Udc, che in coalizione con il centrosinistra non raggiunge il 4%, mentre l’anno scorso aveva totalizzato oltre il 6%. In calo di quasi due punti anche l’Italia dei Valori, che ha perso probabilmente una parte dei suoi voti in direzione del Movimento 5 Stelle, che in Piemonte ha superato lo sbarramento del 3%.

LOMBARDIA

Forte calo dell’affluenza anche in Lombardia (-11,83% rispetto al 2009), e il 20,66% di voti in meno ai partiti.

 

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Anche in Lombardia si segnala una forte crescita della Lega in termini percentuali (+3,5%), nonostante perda oltre 100.000 voti assoluti in un anno, anche se il PdL rimane il primo partito regionale. A sinistra si segnala il lieve recupero del PD (sempre in termini relativi), la tenuta dell’IdV e l’ulteriore calo delle forze di sinistra (la Federazione della Sinistra inoltre correva da sola candidando Agnoletto). L’Udc risente certamente del carattere maggioritario di queste elezioni, scendendo dal 5% delle Europee al 3,84%.

VENETO

In Veneto il calo relativo dell’affluenza è tra i più bassi (-8,53%), e ciò rende anche meno forte il calo del voto ai partiti: -17% sul 2009.

La Lega raggiunge l’obiettivo di diventare il primo partito in Veneto, impresa mancata di un soffio alle Europee 2009, e trainata dal “suo” candidato presidente Luca Zaia aumenta persino il dato assoluto di oltre 20.000 voti. Ciò giova al centrodestra che supera il 60% a livello di liste anche senza i centristi (anche qui corsi in solitaria e in calo) e condanna il centrosinistra a scendere persino sotto il 30%, nonostante una certa tenuta del PD.

LIGURIA

Calo molto contenuto, del 12,19%, per il voto alle liste; il calo dell’affluenza è stato invece solo del 6,28%, forse anche in virtù del fatto di essere percepita prima del voto come regione dall’esito incerto.

La Liguria riconferma il presidente uscente Claudio Burlando (PD), superando il 52% come liste anche grazie all’appoggio dell’Udc (che però scende dotto il 4% dal 5% del 2009). Il buon risultato delle liste di centrosinistra premia anche Sinistra Ecologia Libertà e la Federazione della Sinistra, evidenziando la riuscita, almeno in questa regione, di un’alleanza larga dall’Udc ai comunisti. Il centrodestra cresce, ma non abbastanza.

EMILIA ROMAGNA

Nella più settentrionale delle “regioni rosse” il calo dell’affluenza raggiunge l’11,38%. Ne risente anche il voto ai partiti, che cala del 16,4%.

In Emilia Romagna si fa consistente la crescita della Lega, che aumenta i propri voti anche in termini assoluti (+9.000) oltre che percentuali, raggiungendo un considerevole 13,67%. Sostanzialmente si confermano i rapporti di forza usciti dalle Europee dello scorso anno; tuttavia le liste di centrosinistra non arrivano al 52%, record negativo per una regione storicamente di sinistra come questa. Una possibile motivazione può essere certamente lo scandalo Delbono scoppiato a Bologna diversi mesi fa, nonché le contestazioni al governatore Errani, riconfermato per il terzo mandato consecutivo, considerato irregolare da alcuni; elementi che hanno certamente favorito l’affermazione notevole della lista del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che ha raggiunto il 6%, mentre al candidato Favia sono andati addirittura il 7% dei consensi.

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TOSCANA

Circa il 16,7% di affluenza in meno in Toscana, un dato molto significativo. Rispetto al 2009 è calato anche di molto il voto ai partiti, di quasi il 27%. Certamente il risultato atteso, per molti dato come scontato, può aver influito sul calo della motivazione degli elettori a recarsi alle urne.

Nonostante il forte calo, il centrosinistra come forza egemone in Toscana, superando ben il 61% come liste grazie al miglioramento di quasi tutti i suoi componenti, in primis PD e Italia dei Valori, ma anche SEL e FdS. Tiene bene anche l’Udc, fuori dai poli, e si segnala anche qui un miglioramento della Lega, in termini non solo di percentuale ma soprattutto di voti assoluti.

UMBRIA

Anche in Umbria si registra un significativo calo di oltre il 16%, ma il calo nei voti alle liste è limitato al 19,57%.

Anche in Umbria avanza il centrosinistra, grazie anche all’effetto delle primarie che in febbraio hanno incoronato Catiuscia Marini come candidata del PD (ora eletta governatrice). Anche se non recupera tutti i voti presi nel 2009, il centrosinistra cresce di ben 7 punti rispetto alle Europee, dove invece il centrodestra perde oltre 50.000 voti e il 3,25%. Va maluccio anche l’Udc che perde lo, 0,8% ma supera comunque lo sbarramento pur correndo da sola.

MARCHE

Il calo colpisce anche le Marche, che vede al voto oltre il 15% in meno di quanti avevano votato nel 2009. Il calo alle liste si attesta invece sul 18,42%, un dato tutto sommato accettabile.

Le Marche erano una regione molto interessante dal punto di vista politico, poiché qui la giunta uscente di centrosinistra aveva deciso di allearsi con l’Udc “scaricando” non solo RIfondazione e Pdci, ma anche Sinistra Ecologia Libertà. A vedere i dati delle Europee sembrava che il centrodestra potesse inserirsi in qualche modo nella corsa, ma nonostante le frizioni tra il neogovernatore Spacca (PD) e il candidato della sinistra Massimo Rossi, il centrosinistra ha superato il 53% dei voti, a cui si aggiunge il 6,5% delle liste a supporto di Rossi. Arretra invece il centrodestra, seppur di poco. Anche in questo caso l’Udc, in coalizione col centrosinistra, perde voti rispetto alle Europee.

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LAZIO

Nonostante si sia parlato di una fortissima astensione nel Lazio, ascritta alla vicenda della mancata presentazione della lista PdL nella provincia di Roma, il calo rispetto alle Europee 2009 ammonta a meno del 3,5%. Da rilevare che invece il voto alle liste sia diminuito dell’11,74%, non troppo quindi, nonostante la suddetta vicenda.

La partita del Lazio era certamente una delle più interessanti, per molti motivi. Osservando i risultati rispetto al dato del 2009, al netto dell’astensione, spicca una lieve crescita, seppur insufficiente, delle liste di centrosinistra; ma l’aumento è molto maggiore per quanto riguarda le liste di centrodestra, che con l’appoggio dell’Udc superano quota 51%. Proprio dell’Udc è indicativo rilevare come, in coalizione col centrodestra, migliori il dato del 2009 conservando quasi tutti i voti. Ed è molto interessante che sommando il risultato della lista Polverini a quello del PdL (circoscritto alle province periferiche laziali) si sfiori il 40%. vicino al dato del PdL delle Europee, a dimostrazione del fatto che l’esclusione della principale lista di centrodestra non ha danneggiato più di tanto il risultato della coalizione. Infine, spicca il risultato molto basso dei Radicali, che pure esprimevano il candidato presidente per il centrosinistra, e guadagnano solo lo 0,3% rispetto all’anno scorso perdendo oltre 3.000 voti.

CAMPANIA

Nonostante il dato generale sull’affluenza non sia entusiasmante, la Campania perde comunque pochissimo rispetto al 2009 (circa l’1,5%). Impressionante il dato di “fedeltà” alle liste, che in un anno perdono meno dell’1% dei voti (per la precisione lo 0,72).

Per avere un’idea di quale sarebbe stato l’esito delle elezioni in Campania, sarebbe stato molto utile il paragone con il dato del 2009. Le liste di centrodestra, con l’aggiunta dell’Udc, raggiunsero infatti in quell’occasione il 56% dei voti, percentuale riconfermata e persino migliorata in quest’occasione. Perdono invece due punti le liste di centrosinistra, che scontano certamente, come del resto da due anni a questa parte, la gestione della questione rifiuti da parte della giunta uscente, da molti percepita come estremamente negativa. Anche in quest’occasione in cui si presenta con il centrodestra, l’Udc guadagna voti, anche in termini assoluti (oltre +17.000) raggiungendo quasi il 10%. Il voto penalizza invece vistosamente il PD, ma anche l’IdV, la cui decisione di appoggiare il pluri-inquisito De Luca non è evidentemente passata inosservata tra i suoi elettori.

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PUGLIA

In tutte le regioni del Sud, che storicamente vedono una minore percentuale di elettori recarsi alle urne, si è registrata in quest’occasione un calo sensibilmente inferiore alla media nazionale; è questo il caso anche della Puglia, dove è rimasto a casa solo il 7,7% degli elettori che votarono alle Europee, mentre il voto ai partiti cala soltanto del 4,1%.

Il dato politico della Puglia è senza dubbio la prepotente riconferma di Nichi Vendola, trionfatore alle primarie (da lui chieste, ottenute e infine vinte) contro il candidato “ufficiale” del PD, Boccia, e in seguito autore di una campagna elettorale di grande efficacia e condotta senza errori, nonostante nelle ultime settimane si sia temuto per una possibile conseguenza negativa sul caso dell’arresto dell’ex vicepresidente Frisullo. A livello di liste cresce il centrosinistra, trainato – manco a dirlo – da Sinistra Ecologia Libertà, che guadagna quasi il 3% sul 2009. L’Udc soffre della corsa solitaria, nonostante la candidatura “forte” di Adriana Poli Bortone, mentre il centrodestra ne esce con le ossa rotte, dilapidando in un anno un vantaggio di oltre 4 punti sulle liste che appoggiavano Vendola e non andando oltre il 44,2%.

BASILICATA

In Basilicata si assiste al dato anomalo che riguarda gli aventi diritto al voto: in un anno passano da 541.000 a 569.000; questo fa sì che, nonostante l’affluenza sia calata rispetto al 2009 (di circa il 7,5%) i voti alle liste siano aumentati di oltre 10.000 unità, quasi il 3%.

Il governatore uscente Vito De Filippo viene riconfermato “in carrozza” con un risultato che fa della Basilicata la regione più rossa d’Italia: oltre il 67% per le liste di centrosinistra che hanno appoggiato il vincitore. Determinanti i voti date alle liste del presidente e a quelle altre liste minori che hanno aggiunto i loro voti a quelli dei partiti tradizionali, che quindi hanno tenuto piuttosto bene. Anche qui, come in Liguria, larga coalizione dall’Udc alla Federazione di Sinistra e risultato ben oltre le aspettative. La candidatura dell’outsider Magdi Allam ha invece disturbato non poco il centrodestra, che perde quasi 9 punti sul dato del 2009 (inizialmente l’ex corsivista del Corriere aveva annunciato di correre per il centrodestra).

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CALABRIA

Anche la Calabria, come la Basilicata, registra un aumento, e pure sostanzioso, dell’affluenza rispetto al 2009, di circa il 6% (anche se resta bassa, sotto il 60%). E anche i voti alle liste di conseguenza crescono, addirittura di oltre il 29%.

Il centrosinistra si è presentato diviso in Calabria, con l’Italia dei Valori e i Radicali che hanno scelto fin da subito di non appoggiare il governatore uscente Agazio Loiero in favore dell’imprenditore del tonno Pippo Callipo; Loiero ha successivamente vinto le primarie del PD formando un’alleanza con la sinistra. Ma la vittoria del centrodestra, guidato dal sindaco di Reggio Calabria, Scopelliti, è stata schiacciante. Il recupero delle liste di centrodestra rispetto alle Europee è stato enorme, ed è stato accompagnato anche dall’ottima performance dell’Udc, nuovamente premiato dall’alleanza col centrodestra. Le due formazioni di centrosinistra, pur presentandosi divise, guadagnano qualcosa in numeri assoluti rispetto al 2009, ma non arrivano nemmeno al 40%.

ITALIA – 13 REGIONI

Passiamo infine al riepilogo complessivo delle regioni al voto, confrontando il dato aggregato delle 13 regioni di Regionali 2010 ed Europee 2009 per ogni partito. Complessivamente notiamo un calo dell’affluenza assoluto di circa due punti percentuali (il dato affluenza del 2009 si riferisce però al totale nazionale), e un calo complessivo di oltre 4 milioni di voti in meno per le liste (-13,72%).

Vediamo quindi che bilancio possono trarre i partiti da queste elezioni regionali, escludendo l’esito delle sfide tra i governatori (che hanno visto il centrosinistra confermare solo 7 delle 11 regioni in cui aveva vinto 5 anni fa e il centrodestra conquistarne in totale 6).

Popolo della Libertà: Il PdL rimane saldamente primo partito del centrodestra, tranne in Veneto (dove subisce l’esplosione della Lega, che esprimeva anche il candidato presidente) e nel Lazio, dove però l’assenza della lista nella provincia di Roma ha dirottato quasi tutti i suoi voti potenziali sulla lista di Renata Polverini. Nel complesso, il PdL perde formalmente quasi 9 punti percentuali, che però vengono quasi tutti compensati dagli 8,2 punti presi dalle liste di centrodestra collegati ai presidenti (quasi ovunque espressi dal PdL) e dalle liste minori che già alle Politiche 2008 e alle Europee 2009 si erano presentati nelle liste del PdL (come l’Udeur). Il valore reale del PdL in queste 13 regioni, in occasione di un voto politico con un’affluenza equivalente o simile, dovrebbe facilmente attestarsi sopra il 30%.

Lega Nord: esaltata da molti come la vera vincitrice di queste elezioni, la Lega spicca per la capacità di confermare molti degli elettori del 2009, cosa che le consente di veder crescere la propria percentuale di un punto netto, dall’11,27% al 12,20%. In termini assoluti bisogna però rilevare la perdita di quasi 200.000 voti. La vittoria della Lega dunque sta più nel fatto di avere due suoi esponenti alla presidenza di due regioni grandi e importanti (Piemonte e Veneto) che nei voti presi.

La Destra: Il movimento di Storace, pur presentandosi pressoché ovunque in coalizione col centrodestra, non riesce a ottenere un risultato soddisfacente, anche se il confronto col dato – già negativo – del 2009 è viziato dal fatto che all’epoca si presentò nella stessa lista con altri movimenti minori, in primis l’Mpa di Lombardo. Significativo comunque che anche nel Lazio, con la lista PdL non votabile dai 3/4 degli elettori, la lista dell’ex presidente della Regione non abbia raggiunto il 4%.

Udc: Il leader dell’Udc, Casini, avrà di che riflettere dall’esito di queste elezioni; potendo scegliere fra tre diverse opzioni, le ha scelte tutte: si è alleato in alcune regioni col centrosinistra, in altre col centrodestra, ed è andato da solo in quelle regioni dove andare con l’uno o con l’altro non avrebbe modificato in alcun modo l’esito. Il risultato è stato che, a fronte di una perdita complessiva di quasi 400.000 voti (e un dato aggregato del 5,5% dal 6,2% che era nel 2009), il partito di Casini risulta molto penalizzato specialmente in quelle regioni (Piemonte, Liguria, Marche) in cui si è alleato col centrosinistra, perdendo rispettivamente il 2,1%, l’1,1% e l’1,4%; viceversa, mentre tiene abbastanza bene o perde lievemente dove corre da solo (si può supporre perché schiacciato dal carattere bipolare della competizione regionale), risulta molto tonico nelle regioni in cui si è alleato col centrodestra, in particolare Lazio, Campania e Calabria, dove aumenta, anche se di poco, la sua percentuale. Ma forse più che Casini sarà il segretario del PD Bersani a doversi interrogaresu quanto sia “naturale” l’alleanza con i centristi, per 15 anni fino al 2008 alleati con il centrodestra.

Partito democratico: Il PD esce frastornato da una tornata elettorale che doveva segnare la riscossa nei confronti del centrodestra e una chiara inversione di tendenza. I dati sono contrastanti, poiché, a fronte di sconfitte inaspettate in regioni chiave come Piemonte e Lazio e a vere e proprie “asfaltature” in Campania e Calabria (oltre alle solite Lombardia e Veneto), il PD conserva tuttavia la percentuale di voti presa l’anno scorso, perdendo meno dello 0,7%: il dato però non tiene conto delle liste collegate ai presidenti – quasi tutti del PD – con cui il dato complessivo del Partito democratico si attesta intorno al 28%. Ma i grattacapi per Bersani, come detto, gli verranno dalle critiche alla stategia delle alleanze (e delle candidature) ben più che da quelle al risultato elettorale, e questo è comprensibile, essendo lui stato eletto sulla base di un programma di alleanze larghe per tornare a battere il centrodestra.

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Italia dei Valori: Nonostante il calo di poco meno dello 0,9%, i dipietristi hanno di che essere molto soddisfatti per i risultati di queste elezioni regionali; storicamente infatti il partito di Antonio Di Pietro ha sempre sofferto alle elezioni amministrative, sofferenza da molti attribuita allo scarso valore degli esponenti locali del partito. Inoltre l’incognita del Movimento 5 Stelle, che si è presentato in 5 regioni e ha pure ottenuto un buon risultato (1,77%) poteva risultare una concorrenza pericolosa per il più “grillino” dei soggetti politici “istituzionali”, tanto più dopo l’eco negativa seguita alla decisione di appoggiare De Luca e il PD in Campania. Con queste elezioni regionali viene meno quella dicotomia tra Idv “nazionale” e IdV “locale” che l’anno scorso, in occasione del doppio voto Europee-Provinciali aveva visto il primo attestarsi sull’8% e il secondo arrancare intorno al 2-3%.

Radicali: Il risultato dei radicali è estremaente negativo. Il dato aggregato dello 0,55% trae in inganno, poiché non si sono presentati in molte regioni; ma anche dove si sono presentati non hanno mai raggiunto l’1% dei consensi, tranne nel Lazio, dove pure non sono andati oltre il 3,3% (perdendo 7.000 voti) pur candidando la leader Emma Bonino alla presidenza della Regione con il centrosinistra. La lezione che se ne può trarre è che i Radicali sono tendenzialmente visti di buon occhio quando si tratta di elezioni di carattere nazionale o, ancor di più, europeo; ma soffrono, e anche tanto, nelle elezioni amministrative, poiché non sono visti come un partito di amministratori locali.

Sinistra Ecologia Libertà: Il movimento che ha in Vendola il suo indiscusso leader fondatore e ispiratore, consegue un buon risultato, vincendo la sfida a sinistra del PD con la Federazione della Sinistra; il dato però è viziato dal boom (9,74%) conseguito in Puglia, dove Vendola ha spopolato “contro tutto e contro tutti”. In generale SEL, che ricordiamo ha visto uscire formalmente dalla federazione giganti come i Verdi e il Partito Socialista dopo le Europee, consegue un discreto risultato soprattutto al Sud, mentre al Centro-Nord è messa regoralmente in minoranza dalla Federazione dell’accoppiata Ferrero/Diliberto.

Federazione della Sinistra: La federazione che riunisce Rifondazione comunista, Comunisti Italiani e altri movimenti non riesce a decollare; perde quasi 300.000 voti, che per un partito del 3% significa moltissimo. Complessivamente paga alcune scelte suicide (come la candidatura del segretario piemontese di Rifondazione, Paolo “QP” Ferrero, in Campania) e la concorrenza di PD, IDV, SEL e persino del Movimento 5 Stelle, tutti soggetti tutto sommato tonici. Geograficamente si conferma però nelle sue roccaforti nelle regioni rosse (Umbria e Toscana su tutte) e sembra andare decisamente meglio al Nord che al Sud.

Altri: Non può mancare una menzione particolare al Movimento 5 Stelle, ispirato dal comico e blogger Beppe Grillo, e che si è presentato in sole 5 regioni (Piemonte, Lombardia,Veneto, Emilia Romagna, Campania) e ha ottenuto un risultato più che dignitoso: l’1,77% sul totale dei voti nelle 13 regioni nasconde infatti l’ottimo risultato conseguito in Piemonte (oltre il 3%) e soprattutto in Emilia Romagna, dove ottiene il 6% come lista e il 7% al giovane candidato Giuseppe Favia; considerando solo le 5 regioni in cui il Movimento era presente, la percentuale ottenuta è del 2,94%. Interessante notare anche la relazione tra l’apertura di Nichi Vendola a molti dei temi cari al M5S (acqua pubblica, no al nucleare, attenzione al Wi-Fi) e il successo della sua campagna elettorale.

 

Salvatore Borghese