Da Nord a Sud, i mille volti (e voti) dei mister preferenze

Clemente Mastella e Silvio Berlusconi

Li chiamano mister preferenze, o ras. Il più famoso fu Alfredo Vito, “mister centomila preferenze” con la Dc a Napoli nell’87. Ma la storia non cambia: i feudi di sempre, da Ceppaloni (Mastella) a Nusco (De Mita). E i risultati sorprendenti dei ‘mister preferenze’ sparsi per l’Italia. Che alle Europee fanno sentire la propria voce. Al Sud, soprattutto. Ma non solo. I MISTER PREFERENZE DI TUTTA ITALIA

Ci sono i feudi di sempre. Collelongo (AQ) per Del Turco, Nusco (AV) per De Mita, Ceppaloni (BN) per Mastella, Taranto per Cito. Nel paesino dell’aquilano dove risiede (agli arresti domiciliari) l’ex presidente della Regione Abruzzo – una vita nel Psi, poi passato al Pd nel 2007 – alle Europee di cinque anni fa l’Ulivo, con dentro Del Turco, sfondò il 51%. Otto giorni fa il Pdl ha sfiorato il 45 per cento. Scendi di 170 chilometri per gli Appennini e trovi la città di De Mita, quattromila abitanti. Lì l’Ulivo (con De Mita) era al 53%, stavolta il 53 – uguale uguale – lo fa l’Udc (sempre con De Mita, naturalmente). 1.100 preferenze su 1.400 voti di lista per l’ex presidente del Consiglio. I più votati negli altri partiti sono Angelo Montemarano nel Pd (76) e Luigi De Magistris nell’Idv (54). Un’oretta di macchina, ancora, e si arriva a Ceppaloni, poco più di tremila anime nella valle del Sabato: Udeur 49% da sola (sì, 49) cinque anni fa, con Forza Italia e An insieme sotto il 15 per cento. Oggi, Berlusconi candida Mastella e il Pdl vola al 62 per cento, 1.300 voti in tutto di cui più di 1.000 all’ex ministro di centrodestra e centrosinistra che vola dritto a Strasburgo (Berlusconi è a 466; Sommese, il più votato nel centrosinistra, a 96). Si trasvola sullo Ionio, e a Taranto si scopre l’Autonomia secondo partito alle spalle del Pdl. Il segreto? Mario Cito, figlio di Giancarlo Cito – noto per gli anni in pellegrinaggio continuo tra il municipio della città, di cui è stato sindaco, Montecitorio, dove fu eletto con il Polo nel ’96, e il carcere: nel 2003 è diventata definitiva una condanna a quattro anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa -. Meno di 20 mila i voti alla lista, oltre 16 mila quelli andati a Cito: Berlusconi, fermo a 6 mila, impallidisce. Vincenzo Lavarra, il più votato nel Pd, s’annichilisce.

E però il peso del fattore locale, anche in un’elezione ‘politica’ e ‘nazionale’ – anzi, sovranazionale – come quella per l’Europarlamento, è grandissimo e spazia tra i quattro angoli del Paese. Soprattutto al Sud, dove il voto è meno stabile (meno d’opinione) e si basa molto di più sul rapporto fiduciario o clientelare con i candidati. Ma non solo: a Serravalle Langhe, nel cuore delle colline cuneesi, il primo partito è l’Udc, con un robusto 37%. Sui 216 voti validi di tutto il paese 68 sono voti di preferenza per Giovanni Carlo Laratore, già in Coldiretti, poi assessore in provincia e in regione Piemonte. Berlusconi, che è pur sempre Berlusconi, si ferma a nove.

Ci sono altri big nazionali, come Nichi Vendola, che a Terlizzi, sua città natale, poco meno di 30 mila abitanti in provincia di Bari, porta Sinistra e libertà oltre il 16%, insidiando il Pd, e fa 1.400 preferenze su 2.100: supera Berlusconi a 1.392, per non dire di Paolo De Castro, capolista per i democratici al Sud, ex ministro e senatore della Puglia: 574. Tonino Di Pietro, nella sua Montenero di Bisaccia, in Molise, supera agilmente soglia 50% (53,1; era sotto il 42% nel 2004, insieme a Occhetto), e sui meno di 1.700 elettori che hanno votato Italia dei valori quasi 900 hanno scritto il suo nome. Più del triplo delle preferenze di Berlusconi, e anche qui il confronto con il Pd è impietoso: 15 i voti per Marco Verticelli, il più votato nelle liste di Franceschini a Montenero. Riesce, a Umberto Bossi, l’impresa di confermare la Lega primo partito a Gemonio (Varese), 31,7% contro il 30,8 del Pdl, tredici voti di scarto: ma il Senatur è superato, nelle preferenze, da Berlusconi: 108 a 84, con ancora una volta il Pd spettatore (18% dei voti nel comune, con Patrizia Toia a 35 e Sergio Cofferati a 22).

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Soprattutto, però, la fanno da padrone i tanti assessori e consiglieri nelle assemblee locali in grado di portare in dote pacchetti di preferenze di tutto rispetto.

Sembra Stalingrado, ma è Polistena, provincia di Reggio Calabria: qui Rifondazione comunista è di gran lunga il primo partito, 42,5% contro il 26,4 del Pdl e il 18,1 del Pd. Dei 1.700 voti ‘comunisti’ quasi 1.300 vengono da Michelangelo Tripodi, segretario dei Comunisti italiani in Calabria e assessore prima al Lavoro (1999-2000), e poi all’Urbanistica (nella giunta Loiero). Berlusconi è a 400, Liliana Frascà del Pd a 246. Sempre in Calabria troviamo Mario Pirillo, democristiano di lunga data, confluito prima nel Ccd (1995), poi nel Cdu (1997), dunque nell’Udr di Mastella e Cossiga e nell’Udeur, poi, dal 2002, nella Margherita: nel 2006 segue Loiero, che in rotta con Marini e Rutelli lascia i Dl per fondare il Pdm (Partito democratico meridionale), e l’anno dopo entra nel Partito Democratico. Ma, al di là della leggiadria con cui Pirillo si destreggia tra partiti e partitini, liste, sigle e alleanze, è come consigliere e assessore regionale che costruisce il suo capitale politico: già nel 1990 viene eletto una prima volta in Consiglio regionale, nel 1994 è assessore al Bilancio sotto Donato Veraldi, l’anno dopo diventa vicepresidente di Giuseppe Nisticò in regione. Nel ’97 è capogruppo del Cdu in consiglio regionale mentre nel 2000 si ritrova consigliere e segretario regionale dell’Udeur. Da quattro anni, a seguito della vittoria di Agazio Loiero alle Regionali, è assessore all’Agricoltura. Ebbene, quest’anno, nelle liste del Pd, è mister preferenze in Calabria, 86 mila contro le 80 mila di Silvio Berlusconi, e nella sua Amantea (Cosenza) porta a casa 2.400 preferenze su 3.000 voti, sei volte quelle date al premier, e fa levitare il Pd dal 30,4% del 2004 al 44,5.

In Sicilia, nella Militello di Pippo Baudo, fa la parte del leone ancora l’Autonomia, che col 43% e passa stacca il partito di Franceschini (23,4%) e il Pdl (19%). Qui il più votato è Sebastiano Musumeci detto Nello, già nel Msi ai tempi d’oro, poi presidente della provincia di Catania dal 1994 al 2003 con An, indi europarlamentare nel 2004 (An sfiorò per l’occasione il 38% in paese). Nel 2005 fonda Alleanza siciliana, con cui si candida alle regionali siciliane l’anno dopo (prenderà il 5,3%). Il partito confluisce infine nella Destra di Storace sul finire del 2007 e la primavera successiva Musumeci tenta la scalata in solitaria a sindaco di Catania, dove finisce secondo alle spalle del candidato del centrodestra col 25% dei voti. Anche stavolta, in zona Musumeci è il re delle preferenze: 1.327, più che doppiando il governatore Raffaele Lombardo (626) e umiliando il premier, fermo a 158 nelle liste del Popolo della libertà. Anche Rosario Crocetta, il sindaco antimafia di Gela (già comunista, poi in Rifondazione e nel Pdci, quindi passato con Veltroni l’anno scorso) sbanca nella sua città: è boom Pd, col 50,5% dei voti (era al 24 cinque anni fa), e Crocetta sfiora le 10 mila preferenze. Berlusconi, per dire, è sotto le tremila. Raffaele Lombardo a 2.200. E Rita Borsellino, capolista Pd, a 1.800.