Piemonte: i tempi si allungano, ma il voto è un’ipotesi concreta

Nelle prime ore di questo venerdì 16 luglio, il T.A.R. del Piemonte ha reso nota la sua decisione sui ricorsi elettorali promossi contro Roberto Cota e la sua maggioranza in Consiglio regionale.

 

Si tratta, innanzitutto, di una decisione parziale, dalle conseguenze affatto scontate.

 

 

Come pronosticato ai lettori di TP nella precedente analisi, i giudici piemontesi hanno ritenuto ammissibili tutti i ricorsi, non accogliendo le eccezioni sulla tardività proposte dai difensori di Cota. Viene così confermato che – fino a quando l’attuale legge sui ricorsi elettorali non verrà modificata (negli ultimi anni sono stati numerosi i tentativi in questo senso, tutti risolti in un nulla di fatto) – è possibile ricorrere al giudice dopo l’esito del voto anche per contestare la partecipazione di una lista alla consultazione. Parimenti, è stato rigettato il ricorso proposto avverso i “Verdi Verdi”, denunciati come lista civetta dai partiti del centrosinistra, ed è stata rinviata ogni decisione relativa alla lista “Pensionati per Cota”, in attesa dell’esperimento della querela di falso avanti al Tribunale civile (procedimento che potrebbe richiedere diversi mesi).

 

Contrariamente alle nostre aspettative, invece, è stato parzialmente accolto il ricorso proposto contro la lista di Deodato Scanderebech e contro la lista “Consumatori”, finora pressocchè ignorata in quanto, avendo raccolto meno di tremila voti validi, non sarebbe stata in grado di influenzare, da sola, l’esito della consultazione.

 

Le motivazioni della decisione non sono, al momento, note. È presumibile (ma ciò emergerà solo dalla successiva lettura delle motivazioni) che il T.A.R. abbia interpretato la legge regionale che consente ai capigruppo di presentare una lista senza l’ausilio di firme proprio nel senso proposto dai legali dei partiti del centrosinistra: una volta espluso dal partito di appartenenza, il capogruppo, formalmente ancora in carica, non può rilasciare dichiarazioni di collegamento al partito che rappresenta, consentendo così di avvalersi dell’agevolazione prevista dalla legge. In altre parole, Deodato Scanderebech, avendo “certificato a se stesso” il collegamento con un partito del quale non era più membro, ha commesso un abuso che tradisce lo spirito della legge, sia pure rispettandone, formalmente, la lettera. Su questo punto si concentrerà, presumibilmente, il già annunciato appello al Consiglio di Stato. La questione è – in effetti – piuttosto delicata. Si consideri, infatti, che ben difficilmente i funzionari dell’Ufficio elettorale avrebbero potuto rifiutarsi di ricevere una lista in possesso di tutti i requisiti formali per la presentazione: la dichiarazione di collegamento era sottoscritta di chi, all’epoca, era ancora formalmente capogruppo dell’UDC in Consiglio regionale, quindi legale rappresentante del partito per le finalità contemplate dalla legge.

 

Va tenuto a mente che il caso della lista Scanderebech ha ben poco in comune con tutti gli altri contestati dai ricorrenti: non si tratta infatti di una lista “civetta”, accusata di confondere gli elettori per la somiglianza del suo simbolo e della sua denominazione con quella di altre liste, né di una lista per la quale si contestano reati di falso da parte dei presentatori. Scanderebech aveva certamente il diritto di presentare una lista con  il proprio nome e quei candidati: è in discussione solo la necessità o meno delle sottoscrizioni di sostegno.

 

Quali sono le conseguenze della sentenza? I giudici hanno deciso che, poiché la lista “Al centro con Scanderebech” non avrebbe dovuto essere ammessa alla consultazione, tutti i voti dalla stessa conseguiti devono considerarsi nulli. Com’è noto, però, l’elettore ha la possibilità di esprimere la preferenza per una lista, di votare per il solo candidato presidente, o ancora di esprimere un voto disgiunto per un candidato presidente e per una lista dell’altro schieramento. I voti a favore di una lista sono automaticamente conteggiati a favore candidato presidente a cui la stessa è collegata. Il T.A.R. ha quindi ordinato di verificare quanti dei voti alla lista Scanderebech sono stati accompagnati da un voto espresso a favore di Cota. Cioè in quante delle schede in cui gli elettori hanno tracciato una croce sul simbolo della lista è stata tracciata una croce anche sul nome di Roberto Cota. Secondo i giudici, solo questi ultimi voti saranno considerati validi (per Cota) a seguito della cancellazione della lista Scanderebech.

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Nella maggior parte dei casi, chi vota per una lista omette di contrassegnare anche il nome del candidato presidente, per evidenti ragioni di praticità: il voto viene infatti automaticamente attribuito anche a quest’ultimo. In questo caso, però, dovendo essere cancellati tutti i voti conseguiti dalla lista, i giudici hanno ritenuto che – nelle relative schede elettorali – solo le preferenze espresse per Roberto Cota (la “seconda” croce) potranno considerarsi valide. Non è dato sapere, infatti, per quale candidato presidente avrebbero votato gli elettori della lista eliminata non trovandola sulla scheda al momento del voto.

 

Anche questa valutazione, duramente contestata dai legali delle controparti, sarà sottoposta al Consiglio di Stato in sede di appello.

 

Cosa possono aspettarsi, dunque, i piemontesi?

 

Innanzitutto, una nuova commissione elettorale sarà riunita per effettuare il riconteggio parziale dei voti. All’esito della verifica, nell’udienza fissata per i primi di ottobre, il T.A.R. deciderà sulle conseguenze definitive della cancellazione delle due liste (accando a quella di Scanderebech è stata estromessa, infatti, per ragioni diverse, anche quella denominata “Consumatori”). Se i voti rimanenti a favore di Roberto Cota saranno comunque la maggioranza, sarà confermato l’esito attuale del voto. In caso contrario, le possibilità sono due. I giudici potrebbero annullare l’intera consultazione, come già accaduto in un precedente caso nel Molise, oppure attribuire la vittoria a Mercedes Bresso, modificando di conseguenza la composizione del Consiglio regionale per l’attribuzione del premio di maggioranza al centrosinistra. In entrambe le ipotesi è scontato il ricorso al Consiglio di Stato, che si pronuncerà presumibilmente nel giro di qualche mese.

 

Qualunque sia l’esito del riconteggio, resteranno comunque da decidere l’esito del ricorso contro la lista di Michele Giovine (dopo l’esperimento della querela di falso), nonché quello del già preannunciato appello al Consiglio di Stato contro l’esclusione della stessa lista Scanderebech. È infatti possibile che la decisione della scorsa notte venga ribaltata in appello, in modo del tutto indipendente dall’esito del riconteggio: i giudici di Palazzo Spada dovranno infatti confermare o modificare la decisione del T.A.R. Piemonte sull’ammissione della lista. Ancora, è possibile che venga proposto appello avverso il rigetto del ricorso proposto contro i  “Verdi verdi”: i ricorrenti potrebbero infatti non accontentarsi di aver ottenuto una vittoria parziale, ma rimettere al Consiglio di Stato anche la decisione sull’ammissione della lista la cui validità è stata per ora confermata.

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Gli scenari che si prospettano sono quindi diversi.

 

La possibilità di nuove elezioni è oggi più concreta. Infatti, ammesso che il Consiglio di Stato confermi la decisione del T.A.R. sulla lista Scanderebech, all’esito del riconteggio emergerà probabilmente che i voti validi per Roberto Cota sono inferiori alla maggioranza relativa (sono in discussione circa 15.000 preferenze, a fronte di una maggioranza di sole 9.000). Ciò renderà indispensabile ripetere il voto: non è possibile stabilire ex post per quale candidato avrebbero votato gli elettori delle liste escluse, ed è quindi improbabile che i giudici assegnino direttamente la vittoria a Bresso. Anche in caso di un ribaltamento della decisione del T.A.R., poi, resteranno in piedi i ricorsi proposti contro Michele Giovine e la sua lista “Pensionati per Cota”, dal cui accoglimento discenderebbero conseguenze non facilmente prevedibili. Come si è tentato di spiegare nel precedente articolo, infatti, l’eliminazione di singoli candidati non comporta necessariamente la cancellazione dell’intera lista, e la cancellazione della lista determinerebbe la necessità di un nuovo riconteggio per “salvare” i voti espressi con la “doppia croce” (una per la lista e una per il presidente).

 

In definitiva, la sentenza di ieri non ha affatto scritto l’ultima pagina di questa vicenda, che è destinata a trascinarsi ancora – nella migliore delle ipotesi – per alcuni mesi.

 

A fronte di alcune decisioni attese, si è registrato l’imprevedibile accoglimento del ricorso contro le due liste “Scanderebech” e “Consumatori”. La prossima tappa – in senso logico, almeno – sarà quindi l’appello al Consiglio di Stato contro questa decisione.