Recensione: “Un nuovo contratto per tutti”, di T. Boeri e P. Garibaldi

Recensione: “Un nuovo contratto per tutti”, di T. Boeri e P. Garibaldi
Il mercato del lavoro tra flessibilità e disoccupazione in un saggio di Tito Boeri e Piero Garibaldi

Digitando su Google il termine “flessibilità” associato a quello di “ lavoro”, si ottengono 2.310.000 risultati: in pochi anni questa parola è divenuta pressoché onnipresente, dai giornali ai discordi da bar, tirata da una parte o dall’altra a seconda del colore politico, dipinta alternativamente come la panacea di tutti i mali del nostro mercato del lavoro o il moderno strumento di oppressione dei “padroni”. Tuttavia, parlare di un problema è cosa differente dal conoscerlo, impresa che si rivela quanto mai ardua in un’arena così “calda”, dove ci si contestano definizioni come cifre. Tito Boeri  e Pietro Garibaldi, con “Un nuovo contratto per tutti”, sono una voce fuori dal coro, proponendo una discussione pacata e chiarificatrice sul mercato del lavoro, scevra da convenienze ideologiche.

Partendo dal motto einaudiano “conoscere per deliberare”, i due economisti offrono al lettore un’approfondita analisi del mondo del lavoro e delle sue politiche, descrivendo i passaggi chiave di quella “rivoluzione silenziosa” che ha portato la disoccupazione italiana a calare di 6 punti percentuale in dieci anni, e mettendo in luce il paradosso più eclatante (e, tuttavia, spesso tralasciato) dell’economia del paese: l’aumento dell’occupazione senza crescita. I nuovi posti di lavoro sono stati ottenuti attraverso l’emersione del nero (si pensi alle varie sanatorie per gli immigrati), interventi politici specifici (come bonus fiscali) e soprattutto l’introduzione di tipologie contrattuali alternative al tempo indeterminato; non sono prodotto di nuova ricchezza, né sono stati accompagnati da investimenti in ricerca e sviluppo o dal traghettamento dell’industria verso prodotti ad alto contenuto tecnologico. La situazione dei soggetti “deboli” del mercato del lavoro – giovani, donne e lavoratori meridionali- è rimasta invariata se non peggiorata, a causa di politiche sociali non attuate o provvedimenti di sostegno all’occupazione che hanno disatteso le aspettative.
A ben guardare, l’evento di questi anni non è tanto costituito dall’aumento dell’occupazione, quanto dalla nascita di un mercato del lavoro secondario, parallelo a quello primario (cioè dei lavoratori a tempo indeterminato) e a questo quasi impermeabile: solo il 10% dei lavoratori “flessibili” riesce a trasformare il proprio contratto in uno a tempo indeterminato. Il loro salario, a parità di altre condizioni, risulta essere tre quarti di quello di chi ha un contratto a tempo indeterminato: significa che, alla fine della loro vita lavorativa, gli verrà  corrisposta una pensione assolutamente insufficiente. Considerando che le aziende tendono a sostituire, per ovvie ragioni di convenienza, i lavoratori a tempo indeterminato che vanno in pensione con quelli a tempo determinato, finirà anche la crescita dell’occupazione, esaurito il turn-over. E il paese smetterà di crescere sotto ogni punto di vista.
L’ineguaglianza di questo sistema “duale” si presenta anche quando il lavoro non c’è: in Italia il sussidio di disoccupazione (la cui durata, comunque, è minima) è concesso solo al 20% dei nostri disoccupati (accanto al 75 della Francia e all’80 della Germania), e solo a chi ha già maturato almeno due anni di contributi: in sostanza ai soli occupati stabili, di per sé già iper-protetti dal rischio di licenziamento. Gli strumenti straordinari sono messi in campo solo per i grandi gruppi industriali e non esiste un programma di lotta alla povertà a livello universale; con i livelli di stipendio medi, difficilmente un lavoratore atipico può costruirsi da solo una sorta di paracadute per passare da un periodo di attività all’altro (e in Italia il tempo di attesa tra due occupazioni è molto lungo); ben si comprende perchè il rischio di essere poveri in una famiglia di lavoratori atipici sia quattro volte la media nazionale, secondo i dati presentati da Boeri e Garibaldi nell’audizione dello scorso 16 dicembre al Senato.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)

A questo punto i due economisti si chiedono: tutto questo è equo? E soprattutto, è sostenibile? La situazione è ormai giunta al limite, non solo a causa della crisi mondiale. Boeri e Garibaldi introducono una serie di proposte, la maggior parte a costo zero (il che non è poco, considerando le spese affrontate in Italia per politiche di sostegno all’occupazione dai dubbi risultati), il cui fine è quello di garantire una base di diritti fondamentali a tutti i lavoratori, facilitare il passaggio dal tempo determinato a quello indeterminato, alzare i salari, mantenendo al contempo la convenienza delle aziende ad assumere. Tutto questo si concretizzerebbe nell’adozione di due iniziative: un contratto unico nazionale, fatto di tutele crescenti nel tempo, e il collegamento delle retribuzioni alla produttività, fissando però un salario minimo pesato sul costo della vita delle singole regioni. Ciò senza eliminare le forme contrattuali esistenti, che sono nate come risposta a un’effettiva esigenza di “flessibilità” del mondo del lavoro, ma la cui reiterazione ha spesso assunto caratteri patologici.
Per ciò che riguarda il “lato b” del mercato del lavoro, i due autori insistono sulla necessità di una profonda riforma di tutti gli ammortizzatori sociali, dalle indennità, alle pensioni sociali e di invalidità, alle casse-integrazione straordinarie, sostituite da un unico strumento universale (e che quindi non lasci indietro nessuno): il reddito minimo.
Boeri e Garibaldi riescono a trasformare un tema potenzialmente ostico in una lettura assolutamente piacevole, trattando l’argomento in modo mai scontato, e anzi sfatando certi miti abusati dai media e dalla politica . E soprattutto è un libro felicemente costruttivo, lontano da quel cinismo un po’ nichilista di chi ama solo stilare l’infinito elenco delle nostre magagne, magari con un pizzico di autocompiacimento. Se ne sentiva il bisogno.
di Chiara Garibotto
Autori: Tito Boeri, PhD in economia alla New York University, è stato economista all’Ocse e oggi insegna all’Università Bocconi; Pietro Garibaldi è docente di Economia politica all’Università di Torino.
Titolo: Un nuovo contratto per tutti, Milano, Chiarelettere, 2009
Pagine&Prezzo: 131 pp., € 10,00