Le prime elezioni in Spagna dopo Franco

Il 15 giugno del 1977 la Spagna tornò a svolgere elezioni democratiche per la prima volta dopo oltre quarant’anni. Le elezioni del 1936 infatti, furono vinte dalla sinistra del Fronte Popolare, contro cui, nel luglio dello stesso anno, si sollevarono i militari, dando inizio alla Guerra Civile. La dittatura del generale Francisco Franco terminò solo con la sua morte, avvenuta il 20 novembre del 1975.

Il suo successore designato, il Re Juan Carlos (la monarchia era stata abolita nel 1931, ma Franco aveva deciso di restaurarla nel 1947 autoproclamandosi Reggente, carica detenuta fino alla sua morte) aveva nominato Presidente del governo il segretario del partito unico falangista Adolfo Suárez, che sposava però posizioni di apertura alla democrazia. Nel corso del 1976, Suárez riuscì nella difficile impresa di far votare al parlamento franchista ancora in carica la sua dissoluzione, sostituito da un parlamento bicamerale eletto a suffragio universale, oltre al ripristino delle libertà politiche. Nei mesi precedenti inoltre il presidente, conscio che il boicottaggio delle elezioni da parte della sinistra avrebbe svuotato di senso l’intera riforma, aveva intavolato un dialogo con il leader del Partito Comunista, il veterano della Guerra Civile Santiago Carrillo, convincendolo ad accettare la nuova legalità monarchica. La posizione accondiscendente di Carrillo portò anche il Partito Socialista, che inizialmente aveva sposato posizioni massimaliste, ad accettare una democrazia “concessa” dagli eredi del franchismo.

I candidati

Adolfo Suárez presentò una coalizione elettorale chiamata Unión del Centro Democratico (UCD), una formazione di centrodestra moderato, che proponeva di completare una democratizzazione ordinata, con una posizione di non allineamento in campo internazionale. Alla sua destra il partito principale era Alianza Popular (AP), guidato dall’ex ministro franchista Manuel Fraga. Gran parte dei membri di AP avevano un passato nel regime e il partito aveva posizioni più decisamente conservatrici rispetto all’UCD, pur accettando la nuova legalità democratica.

La sinistra si divideva in tre principali schieramenti: il Partito Socialista (PSOE) era guidato dal giovane avvocato Felipe González. Il PSOE era riuscito a radicarsi in Spagna ancora negli ultimi anni del regime e si presentava dunque alla consultazione elettorale ben organizzato sul territorio e compatto al suo interno. Al contrario, il Partito Comunista (PCE), che pure ebbe un ruolo di leadership nell’opposizione al franchismo e fu decisivo per il successo della transizione democratica, scontava una legalizzazione tardiva e decenni di esilio. Terza compagine della sinistra era il Partito Socialista Popolare-Unità Socialista (PSP-UP), ideologicamente a metà tra socialisti e comunisti, guidato dal futuro sindaco di Madrid Enrique Tierno-Galván.

Nei Paesi Baschi e in Catalogna poterono presentarsi, dopo decenni di persecuzioni, i partiti autonomisti, anche se i partiti espressamente repubblicani come lo storico Esquerra Republicana de Catalunya vennero legalizzati solo alla fine del 1977. Infine, la maggioranza dei cattolici si riunirono nell’Equipo de la Democracia Cristiana, guidato da Joaquín Ruiz Gimenez e sostenuto da José María Gil Robles, ex leader della destra degli anni ’30. In molti scommettevano sul successo di questo movimento: era infatti facile immaginare per la Spagna uno scenario all’italiana, con il successo democristiano dopo decenni di dittatura conservatrice. Nonostante il successo della riforma politica, Suárez scontava ancora, specialmente all’estero, la sua immagine di “franchista ripulito”.

Risultati e conseguenze

Il risultato elettorale premiò l’UCD del presidente Adolfo Suárez, che raggiunse il 34.4%. Al secondo posto, con un ragguardevole 29.3%, il Partito Socialista di González, che trasse i benefici della sua capillare campagna sul territorio. Deludente fu il risultato del Partito Comunista, che non andò oltre il 9.3%, perdendo definitivamente la leadership del campo progressista, mentre il PSP- US ottenne il 4.5%. Alianza Popular si fermò all’8.2%, un risultato sotto le aspettative. Positivo fu invece il risultato degli autonomisti baschi e catalani, che ottennero rispettivamente 8 e 11 seggi, conquistando alcune circoscrizioni, come quella di Bilbao e di Girona. Incredibilmente deludente fu il risultato dei democristiani: 1.2%.

 

Da quel momento in poi, i cattolici appoggiarono prima l’UCD e successivamente Alianza Popular che, ripulitasi del suo passato franchista, cambiò successivamente nome in Partido Popular, principale partito dell’attuale centrodestra spagnolo. Nonostante la vittoria, Suárez non ottenne la maggioranza assoluta dei seggi, ma preferì formare un governo di minoranza ad una scomoda alleanza con la destra di AP. Il Parlamento votato il 15 giugno 1977 redasse la nuova Costituzione democratica e regionalista, completando così la transizione alla democrazia. Interessante è il confronto con le elezioni del 1936, le ultime celebratesi prima della dittatura. Il blocco conservatore e quello progressista ottennero grossomodo le stesse percentuali, con una simile suddivisione geografica: le grandi città e il sud del Paese tendevano a preferire i partiti di sinistra, mentre le campagne e il nord quelli conservatori, segno che 40 anni di franchismo non avevano cambiato di molto le opinioni politiche degli spagnoli.

Primo partito per circoscrizione
Verde chiaro: UCD
Rosso: PSOE
Giallo: autonomisti catalani
Verde scuro: autonomisti baschi