Parliamo di signoraggio bancario

Assieme ad argomenti forse meno tecnici e maggiormente di pubblico dominio, il signoraggio è stato travolto da un’ondata di complottismo negli ultimissimi anni – ultimamente ha persino conosciuto dei simpatici spin-off riguardanti la crisi finanziaria del 2008 – contribuendo ad inquinare anche fonti di informazione ad accesso di massa (wikipedia) e causando una generale confusione (con conseguente proliferazione di “espertissimi” di dubbie referenze) sui reali “cosa”, “come” e “chi” della questione.

Senza alcuna pretesa di precisione assoluta sull’argomento, cercherò di essere comunque il più chiaro e didattico possibile,  per fare luce sulla maggioranza delle assunzioni fantasiose e complottiste che ruotano attorno al signoraggio. Prenderò l’argomento iniziando dalle basi-basi per permettere anche ai non-economisti di capirci qualcosa, quindi sarà una trattazione lunga: mettetevi comodi prima di iniziare.

Punto primo: la moneta.

All’inizio la moneta non esisteva. Esisteva lo scambio di merci senza mediazione, altrimenti detto “baratto”, il quale consiste nell’accordo tra “compratore” e “venditore” (nella cui fattispecie sono di fatto termini senza alcun significato, ma per chiarezza li usiamo comunque) sul valore delle merci scambiate.

Per definizione, e per logica, lo scambio avviene quando domanda ed offerta si incontrano. Il baratto quindi crea notevoli problemi perché questo incontro avvenga: ci deve infatti essere una doppia coincidenza di desideri, ovvero dobbiamo trovare qualcuno che sia in possesso del bene che ci interessa, e che sia disposto ad accettare in cambio il bene di cui disponiamo noi. Ad esempio, un benzinaio Shell affamato deve trovare un panettiere che accetta pagamenti in taniche di benzina Shell.

Sintetizzando:

– I costi di transazione sono alti: dobbiamo trovare qualcuno interessato allo scambio alle sopraccitate condizioni, e dobbiamo decidere l’effettivo prezzo di scambio. Il tutto prima di morire di fame.

– Siamo costretti a trasportare grandi quantità dei beni che produciamo, al fine di effettuare gli scambi necessari. E le taniche di benzina pesano.

– Dei beni prodotti che destiniamo allo scambio, non possiamo consumare nulla, altrimenti diminuiremmo la nostra ricchezza. Il che in questo caso è un bene, dato che la benzina non sfama.

Ben conscia di questi problemi, l’umanità ad un certo punto della sua storia ha inventato la moneta, definita come qualsiasi cosa che possa essere utilizzata come mezzo di scambio, e a cui venga diffusamente riconosciuto un valore. La prima caratteristica sostanzialmente indica la sua trasportabilità: una casa non è un mezzo di scambio, una conchiglia sì. La seconda, la necessità di un’accettazione diffusa come merce di scambio, ha portato alla sua identificazione prevalentemente in merci rare, o pregiate, tra cui appunto l’oro.

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La moneta apporta tre importanti vantaggi ad un sistema di scambi precedentemente basato sul baratto: funge da mezzo di scambio, da unità di conto agevole e soprattutto condivisa (il prezzo è espresso in termini monetari) e costituisce una riserva di valore durevole anche a distanza di tempo (la conchiglia, o l’oro, conservano efficacemente il loro valore, mentre una pagnotta lo perde molto velocemente).

Un’ultima cosa da sapere riguardo alla moneta, è la sua caratterizzazione come moneta-merce e moneta cartacea. La moneta-merce è moneta provvista di valore intrinseco, direttamente correlato all’oggetto elevato a mezzo di scambio: i sesterzi furono moneta merce in quanto costituiti da piccole quantità d’oro coniato, così come le sigarette ebbero funzione di moneta merce nei campi di prigionia durante la seconda guerra mondiale.

Questa caratteristica di valore intrinseco ci riporta però ad uno dei problemi riscontrati con il baratto: Il fumatore in un campo di prigionia è di fronte ad un problema non indifferente (oltre a tutti gli altri problemi derivanti, appunto, dall’essere in un campo di prigionia), ovvero scegliere se consumare le proprie sigarette o scambiarle con altri beni. Analogamente, l’oro è usato nell’industria, nell’artigianato, nei servizi (le otturazioni dentistiche, per esempio). Per questi motivi – e per altri di cui tratterò più avanti – si è abbandonata la moneta-merce aurea per passare alla moneta cartacea.

In Cina già nel 1300 era di uso diffusissimo la cartamoneta, il resto del mondo ha completato la transizione da moneta-merce a cartacea nel diciannovesimo secolo. La moneta cartacea è quella che tuttora utilizziamo per effettuare le nostre transazioni, ed è frutto di un “corso forzoso”: di fatto è carta stampata, il cui valore intrinseco è molto basso se non nullo, e quindi la legge interviene per conferirle dignità come mezzo di scambio, e valore in base al valore nominale stampato sulla banconota. Fino a non molti anni fa la moneta cartacea poteva in linea teorica essere scambiata con un equivalente quantitativo d’oro, prelevato dalle riserve statali. In pratica, il mercato dell’oro è sempre stato fortemente regolamentato in quanto riserva valutaria, ma questo non ha impedito la speculazione finanziaria sulle sue quotazioni, in particolare in periodi di forte sfiducia nei confronti di valute soggette a iperinflazione.

Punto secondo: il sistema bancario.

La banca è un intermediario finanziario, che funge da ente/agente per l’allocazione di risorse nel sistema economico. Quindi, il risparmiatore depositando il proprio denaro in banca è in una posizione di creditore della banca stessa, la quale accrediterà il valore del deposito sul conto elettronico del risparmiatore, e disporrà del denaro ricevuto per effettuare prestiti alle imprese o agli altri soggetti che giudica solvibili (ovvero in grado di restituire le somme ottenute). In questo senso le banche, grazie alla loro capacità di effettuare analisi e studi sui potenziali beneficiari dei prestiti in maniera più efficace, efficiente ed accurata dei privati, sono necessarie e funzionali all’allocazione ottima delle risorse.  L’interesse alla solvenza è ovviamente condiviso tra correntisti e le banche stesse.

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Sia i correntisti che depositano il denaro in banca, che le banche che erogano prestiti alle imprese, beneficiano di un tasso di interesse sul prestito effettuato. Tale tasso di interesse è fissato dalla Banca Centrale, mediante il fissaggio del livello del Tasso di Interesse Nominale (che in un mondo ideale dovrebbe fluttuare attorno al tasso di crescita del PIL, a livello accademico il 2% viene considerato un tasso accettabile)

Ciascuna banca è obbligata per legge a detenere, in forma di moneta liquida o di depositi nella Banca Centrale, una certa percentuale dell’ammontare totale dei depositi (e quindi dei potenziali prestiti) creati dai correntisti, denominata Riserva Obbligatoria. La Riserva Obbligatoria è un limite inferiore, al di sotto del quale non può scendere il rapporto tra depositi e quantità di circolante detenuta dalla banca. Facendo altrimenti, rischia di non poter onorare i propri debiti nei confronti dei correntisti, andando quindi in fallimento per crisi di liquidità (non sono in grado di soddisfare le richieste di contanti dei correntisti).

Quindi, stabilite riserve per il 5%, se una banca ha depositi per 100, deterrà riserve per 5.

Come regola generale, si tenga presente che il volume di transazioni effettuate dalle banche a livello finanziario (senza  movimentazioni fisiche di moneta), costituisce un multiplo molto grande delle riserve obbligatorie detenute da ciascuna banca. Questo in base al principio empiricamente verificato che non vi sono assalti di correntisti che rivogliono TUTTO il loro contante, TUTTI nello stesso momento.

Quando accadono cose di questo tipo, vuole dire che c’è una crisi profonda in atto e le banche falliscono (una delle classiche “profezie autoavveranti”).

Proprio per evitare queste spiacevoli situazioni, spesso le riserve detenute effettivamente dalle banche sono maggiori di quelle stabilite per legge: oggetto di regolamentazione è quindi il valore minimo obbligatorio.

Punto terzo: l’emissione di moneta.

Considerato che tutte le banche operanti in un territorio fanno riferimento alla Banca Centrale, questa ha il ruolo di “banca delle banche”, in quanto detiene presso di sé l’ammontare delle varie Riserve Obbligatorie, e di fatto anche di controllore della correttezza delle condotte delle singole banche che le fanno capo. Presiede alla politica monetaria attraverso la variazione del Tasso d’Interesse Nominale, regolando quindi il flusso e l’entità totale di Risparmio e Investimento (i prestiti a vantaggio delle imprese), e in definitiva della quantità totale di denaro presente nel sistema economico – cioè, dell’inflazione.

Inoltre, la BC è del tutto indipendente dal governo statale nella gestione della politica monetaria, o meglio, più è indipendente, meglio svolge il proprio lavoro di controllo dell’inflazione. Per quale motivo? Se così non fosse, il Governo potrebbe causare un’inflazione rampante nel sistema economico, a furia di autofinanziarsi le proprie spese e cercando di creare consenso per la rielezione. Una BC indipendente, quindi, è immune da logiche di consenso e può svolgere il proprio compito più efficacemente.

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Come avviene l’immissione di moneta nel sistema? Innanzitutto sottolineo che l’unica, sola banca che ha voce in capitolo nella creazione di nuova moneta è la Banca Centrale. Detto questo, mettiamo che la Banca Centrale acquisti titoli pubblici per 1, collocati sul mercato finanziario dalla Banca X, che ha depositi per 100 e riserve per 5. Dopo l’acquisto di titoli per 1, la Banca X avrà depositi per 100 e riserve per 6 (la BC ha accreditato l’1 dei titoli sul conto della Banca X presso sé stessa, aumentandone le riserve da 5 a 6) . Ora, siccome la riserva è per legge pari al 5% dei depositi, la Banca X si troverà a poter effettuare prestiti per 120, e non più per 100, essendo 6 il 5% di 120.

Quindi, da 1 di immissione di moneta da parte della BC siamo arrivati a 20 di moneta in circolo. Questo fenomeno è dovuto al cosiddetto Moltiplicatore della moneta.

Come si può concludere, quindi, la BC è materialmente l’unica banca che può immettere nuova moneta nel circuito, aumentando il rapporto tra depositi e riserve e quindi stimolando il processo inflattivo. Questo spiega il perché l’inflazione sia una caratteristica assolutamente naturale e strutturale del nostro sistema economico, e non necessariamente un aspetto negativo (finché viene mantenuta in una bassa percentuale annua).

Ma la BC, dunque, da chi prende i soldi che spende per aumentare le riserve delle singole banche?

La risposta è duplice. Da una parte, i fondi arrivano direttamente dalle riserve auree dello Stato, che continuano a rimanere una riserva valutaria nonostante la fine di Bretton Woods. Dall’altra, si tratta di operazioni finanziarie sui titoli di debito pubblico, che, acquistati dalla Banca Centrale o da altri investitori (nazionali o stranieri), costituiscono una garanzia della moneta emessa.

Punto quarto: in definitiva, il signoraggio, cos’è?

Lo Stato finanzia la spesa pubblica attraverso le imposte, l’emissione di titoli di debito pubblico (documenti che attestano al portatore la presenza di un suo credito nei confronti dello Stato, acquistati sia dalle banche che dai privati cittadini), e, appunto, signoraggio.

Il signoraggio viene originariamente definito come il differenziale tra il costo di produzione di una moneta, e il suo valore nominale. Quando ancora era in uso la moneta-merce, e soprattutto quando ancora il battere conio era appannaggio dello Stato, il signoraggio poteva essere un metodo di arricchimento discreto.

Con l’avvento della moneta cartacea, e con l’istituzione di Banche Centrali più o meno indipendenti, questo tipo di signoraggio non è più praticabile dallo Stato.

Le Banche Centrali non hanno alcun interesse a “stampare” moneta ulteriore, dato che ogni moneta in più nel sistema sottrae valore a tutte le altre, a causa del processo inflattivo direttamente dipendente dalla quantità di moneta in circolo.

Ho parlato prima della Banca Centrale, che assieme ad un’altra quantità di investitori pubblici, privati, fisici e giuridici, detiene un certo ammontare di titoli del debito pubblico. Questi titoli del debito pubblico, come qualsiasi altro titolo finanziario, fruttano un interesse al portatore. Il signoraggio, quindi, è costituito dagli interessi di questi titoli qualora detenuti dalla Banca Centrale, il cui valore è in definitiva incamerato dalla Banca Centrale.

Nel caso della Banca d’Italia, l’utile prodotto viene regolato con severità e trasparenza. Tuttavia, tolte riserve, devoluzioni a fondi vari, dividendi (fino al 6% del capitale), eccetera, TUTTO IL RESTO è proprietà dello Stato, e quindi non della Banca.

Per fugare ogni dubbio, mi sento in dovere di aggiungere che i redditi da signoraggio sono di gran lunga inferiori all’1% del PIL all’interno dei paesi OCSE. Per fare un raffronto, l’Italia spende per la Difesa circa il 2,5% del PIL, e tutti sappiamo in che condizioni sono le nostre forze armate.

Concludendo, come linea generica:

– Lo Stato non è in alcun modo debitore della BC, essendo questa stata storicamente creata dallo Stato stesso e incamerata nei suoi meccanismi.

– Inizialmente non era indipendente, ha acquisito l’indipendenza quando ci si è accorti che poteva sorvegliare meglio l’inflazione se slegata dalle logiche di consenso statali, e, statisticamente, maggiore la sua indipendenza dalle richieste statali migliore sarà la sua efficienza.

– Sebbene al momento la BCE sia indipendente dagli Stati, essa è comunque un Istituto di diritto pubblico, e come tale non è di proprietà di un privato come si vuol far credere.

– Le BC di ciascuno stato dell’EU partecipano in quote alla BCE, ma la partecipazione finanziaria è ben diversa dalla proprietà, che rimane di fatto delle istituzioni europee.

– Idem dicasi per le singole BC: sono partecipate dalle banche che controllano, ma rimangono proprietà degli stati di riferimento.

– I redditi da signoraggio derivanti dalla stampa di moneta sono irrisori rispetto al PIL e hanno un costo enorme in termini di inflazione della moneta. Peraltro al momento l’inflazione è controllata a livello di BCE, il che dà delle garanzie forti sul suo funzionamento.

– Qualsiasi utile della BCE, tolte riserve varie e altri cazzi, sono di proprietà delle banche partecipanti, quindi dei singoli stati UE, quindi delle varie collettività.

Piantatela di dipingere i banchieri come maiali o come caricature di Winston Churchill (o un misto dei due). È propaganda sovietica, datata e anacronistica.

 

                                                                                      Andrea Ricciardi