Ma non dovrà essere un nuovo ’93

Al di sopra e al di sotto delle attese: al di sopra di qualsiasi speranza per il centrosinistra e al sotto di qualsiasi tragica aspettativa per il centrodestra. Sono sostanzialmente questi i sentimenti che beano ed attanagliano allo stesso tempo la comunità politica italiana, alle prese con un secondo turno amministrativo che senz’altro entrerà nella storia elettorale del nostro Paese. Anche questa settimana però sarà meglio andare per “paragrafi”.

- Milano: la vittoria di Pisapia era data per quasi impossibile fino a qualche settimana fa. Alla vigilia del primo turno si dava per certo, cosa che avrebbe rallegrato il centrosinistra ambrosiano, il ballottaggio. Cosa non da poco nella città culla del berlusconismo. Il dato sorprendente che due settimane fa fece impazzire il popolo del centrosinistra risiedeva nel vantaggio di Pisapia sulla Moratti e sulla notevole forbice di differenza tra i due. A seguito del primo turno Pisapia ha giocato, nonostante l’occupazione mediatico-televisiva, in discesa, tanto che era dato favorito in praticamente tutti i sondaggi. Questo perché sostanzialmente il centrodestra si è trovato in un cul de sac: dopo aver politicizzato al massimo la tornata amministrativa dipingendo Pisapia alla stregua di un “ladro di automobili” occorreva un netto cambio di rotta per far rimontare posizioni alla Moratti. Il problema è che la strategia politica e comunicativa del Pdl non solo non poteva più basarsi sull’attacco personale e sulla politicizzazione estrema della campagna (considerando gli scarsi esiti di questa goffa strategia); ma non era nemmeno in grado di portare la campagna sul piano meramente amministrativo: sia perché la Moratti non è stata percepita dai suoi concittadini come un buon sindaco sia perché Silvio Berlusconi (per quanto formalmente consigliere comunale di Milano) non era in grado di spostare su questo ambito la discussione. Ne è uscito un ibrido in cui si attaccava l’ambiente circostante ma sostanzialmente si definiva Pisapia “una brava persona”. Insomma, una brusca retromarcia annacquata da qualche nome ad effetto come quello di Castelli alla mobilità e Maurizio Lupi al territorio in un’ipotetica nuova giunta Moratti. Il fatto che Pisapia fosse favorito dopo il primo turno però non deve portarci a sminuire lo storico dato elettorale ambrosiano: una città che dal 1993 appariva come strutturalmente di destra cambia pagina e teoricamente, considerando Milano come un vero e proprio laboratorio politico del paese, questo cambio di pagina e questo cambio di passo dovrebbero avere ripercussioni anche sul piano nazionale. Il tutto, giusto ricordarlo, con un distacco per Pisapia di oltre dieci punti percentuali che sostanzialmente ha dimostrato come in queste due settimane non si è delineata neppure una timida rimonta da parte della Moratti.

– Napoli: il dato di Napoli ha due elementi fondamentali: l’eccezionalità del risultato (De Magistris al di sopra di qualsiasi previsione e Lettieri che perde voti tra primo e secondo turno) e la tattica utilizzata per ottenere questo risultato. Sul primo punto non può che stupire l’elevatissimo distacco tra i due candidati. Lo stesso Lettieri ha dichiarato di non aspettarsi un dato così catastrofico. Col 65,4% Luigi De Magistris diventa dunque sindaco della terza città del paese all’insegna di una campagna elettorale che, se non ha assunto i toni di uno scontro di civiltà, ha comunque posto i due candidati come due alternative radicali da molti punti di vista. Forse ne ha risentito la discussione concreta sulle proposte e sulle problematiche della città ma, come elemento positivo, bisogna considerare che dalle urne esce un voto d’opinione molto radicato a scapito del voto di scambio, da sempre considerato caratteristica di talune realtà meridionali. L’elevato tasso di popolarità e la peculiare composizione del consiglio comunale dovrebbe favorire l’attività amministrativa del nuovo sindaco di Napoli. Per quanto riguarda la tattica è interessante notare come, nonostante ci siano anche degli sconfitti, Napoli per certi aspetti può essere considerato un “capolavoro politico”, almeno per una parte del centrosinistra: dopo l’esplosione dell’emergenza rifiuti nel 2008 il centrosinistra aveva perso notevoli posizioni cedendo la provincia nel 2009 e la Regione (con sconfitta, seppur di misura, anche a Napoli) nel 2010. La separazione del centrosinistra tra Morcone e De Magistris, col conseguente passaggio al ballottaggio del secondo, ha consentito di tenere in sella parte del centrosinistra “epurata” da quella parte dello schieramento considerato più in continuità con le giunte Bassolino e Iervolino. Il giusto rifiuto da parte di De Magistris di accettare qualsiasi tipo di apparentamento e di lasciare la sua alleanza del tutto invariata ha consentito una personalizzazione dello scontro con l’ex pm di Salerno non solo più popolare rispetto a Lettieri ma anche più lontano ad un certo mondo del moderatismo e dell’affarismo napoletano che, anche se non aveva avuto modo di governare la città, era comunque considerato più “di establishment” dell’aria fresca di un candidato simil-civico come De Magistris. In questo modo la tattica alla prova dei fatti ha portato ad un sindaco percepito come di centrosinistra e ha sventato il rischio di consegnare la città di Napoli a certi ambienti vicini al coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino.

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- Cagliari: il voto cagliaritano ha elementi sorprendenti quasi come Milano, per quanto con diverse e ovvie proporzioni: da sempre città di centrodestra, nel primo turno Zedda si trovava avanti a Fantola di meno di 500 voti. Nel secondo turno ha staccato di quasi venti punti il suo avversario, rendendo la tornata elettorale sorprendente, così come in molte altre parti d’Italia,  sia per la vittoria sia per come, in termini di voti, questa vittoria è stata ottenuta.Un particolare che ci piace sottolineare è che la campagna cagliaritana è stata contraddistinta da correttezza e da buon gusto con una partecipazione popolare, all’interno del centrosinistra, insperata. Da questo punto di vista non è da escludere come elemento positivo la giovane età di Zedda e il suo profilo percepito come integerrimo e competente. Da segnalare che il candidato del centrodestra Fantola altri non è che il leader dei Riformatori Sardi, movimento politico che, alla stregua degli ultimi giapponesi rimasti in guerra contro il nemico nel bel mezzo degli anni ’70, rappresentava l’ultimo enclave della vecchia esperienza del Patto Segni del 1994, sfortunata e irripetibile esperienza terzista. C’è da pensare che questa netta sconfitta elettorale possa influire molto e deteriorare ulteriormente la forza e il radicamento di un movimento che da nazionale aveva assunto sempre più i contorni di piccola forza politica regionale.

– Trieste: Cosolini è il primo sindaco ex Pci del capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. E ha battuto una personalità come Roberto Antonione, già presidente di Regione e politico di spicco (fu anche coordinatore nazionale di Forza Italia) del centrodestra. L’alta affermazione del centrosinistra a Trieste porta a pensieri analoghi a quelli cagliaritani considerando che, per quanto le giunte Illy furono uno dei simboli della riscossa progressista dei comuni negli anni ’90, la città aveva assunto col sindaco di centrodestra Roberto Dipiazza la nomea di città di centrodestra sia per un buon lavoro politico svolto sia per una discreta attività amministrativa capace di porre il sindaco uscente come vero big della politica regionale (basti pensare che Dipiazza è stato anche sindaco di Muggia e apparve quanto mai simbolico il fatto che ottenne in Parlamento, nel corso del quarto scrutinio per eleggere il Presidente della Repubblica, 3 voti nel 2006). Il controllo della città di Trieste, insieme a quella di Pordenone ottenuta nel corso di questo turno, e della città di Udine retta dal civico di sinistra Furio Honsell può apparire come un buon punto di partenza in vista delle regionali del 2013 quando il centrosinistra tenterà di sfilare la presidenza della Regione a Renzo Tondo.

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- Altri dati: come hanno giustamente osservato alcuni analisti, dal punto di vista pratico il problema del centrodestra rischia di essere non tanto Milano, nel senso che la disfatta della maggioranza di governo è stata così eclatante da portare a sconfitte o comunque a dati difficilmente prevedibili. Novara, da dieci anni governata da un sindaco leghista, torna al centrosinistra, e la vittoria in provincia di Pavia di Daniele Bosone ha del clamoroso. Così come ciò che avviene nell’hinterland milanese e nel varesotto: il centrosinistra vince sia a Gallarate, dove sfidava il candidato del Pdl sia a Rho (fondamentale per l’Expo), dove sfidava il candidato della Lega Nord. Lo stesso dato di Varese (ricordiamo che il sindaco uscente Attilio Fontana si era fermato al primo turno al 49,3% dei voti) testimonia un netto arretramento della Lega e di tutto il centrodestra che non raggiungono il 54% in uno dei centri urbani dove il Carroccio va forte quasi come nella provincia. Nella provincia di Macerata la vittoria di Pettinari dell’Udc, sostenuto dal centrosinistra, ben potrà portare a “fantasticazioni” su una futura alleanza Pd-Udc anche a livello nazionale, mentre a Crotone il centrosinistra, pur non vincendo nettamente al primo turno come nel 2006, sconfigge nettamente Dorina Bianchi in una campagna elettorale decisamente da dimenticare per l’ex senatrice democratica. L’operazione politica di Renata Polverini non regge alla prova dei ballottaggi e sia il comune di Sora (FR) sia quello di Terraccina (LT) vedono la vittoria dei candidati ufficiali del Pdl. Ma ciò potrà spingerci ad un altro tipo di considerazione.

– Qualche considerazione di carattere nazionale e conclusioni: il vento pare effettivamente cambiato. Potenzialmente la vittoria milanese dovrebbe consentire un cambiamento dello scenario politico nazionale, come spesso è accaduto nel corso della storia. Anche se una fine imminente dell’attuale esecutivo appare cosa quanto mai remota. Se a Milano è stato fatto un risultato clamoroso e storico a Napoli si è registrato un dato inatteso che ha consentito di “salvare” una città da una destra considerata poco raccomandabile. A questo vento si aggregano i dati storicamente in controtendenza di Cagliari e Trieste e ciò genera un meccanismo a valanga che porta molto spesso a dati difficilmente giusticabili. E’ interessante notare tra l’altro che ora le quattro città principali del paese hanno quattro sindaci di diverse sensibilità politiche: uno del Pdl, uno del Pd, uno dell’Idv e un indipendente di sinistra. Una prova di come sia cambiato lo scenario politico nazionale a livello di partiti. Il Pd e il centrosinistra ora possono formalmente levarsi di torno quella erronea fama di “perdenti a prescindere”, mentre il centrodestra probabilmente dovrà stare attento a scongiurare il rischio implosione e dovrà lavorare ad una conseguente ridefinizione del Pdl. Questo però ci spinge ad un altro tipo di considerazione più generale che ben si è manifestata nel corso di questo turno amministrativo. Infatti in casa Pdl strane manovre fanno pensare ad una forma di smarcamento di alcuni settori nei confronti di Berlusconi se non ad un vero e proprio, seppur parziale, fuggi fuggi generale. Considerando la contingenza non ottimale per il centrodestra già alcuni esponenti politici escono alla scoperto con ardite operazioni: ecco dunque voci di un lavorìo di Alemanno teso a chiedere addirittura gruppi autonomi capaci di imbarcare i finiani delusi come Ronchi ed Urso; ci sono gli scajoliani che finalmente possono chiedere la fine del triumvirato;  il gruppo di Liberamente che supporta Ferrara nel chiedere sia gli stati generali del Pdl sia primarie per la successione, e poi casi come quelli della Polverini da non sottovalutare, in cui non solo un esponente del Pdl, dopo pochi mesi dalla sua elezione, dà vita a liste autonome, ma addirittura le schiera in certi comuni contro il Pdl. Quasi un tentativo di “mettersi in proprio”. E in molti notano uno sfaldamento notevole se si considerano che alcuni soggetti politici interni al Pdl in molte amministrazioni hanno presentato il proprio simbolo – anche se il più delle volte comunque in sostegno ai candidati del centrodestra (è il caso del Nuovo Psi o dei Popolari Liberali di Giovanardi, o ancora di quella Forza del Sud generata dalla strana coppia Miccichè-Carfagna). Così come la lista del governatore calabrese Scopelliti che, anche se l’operazione non è comparabile con quella ben più scaltra della Polverini, ha ottenuto un buon successo in Calabria. Insomma, il Caimano rinasce dalle ceneri ed è bravo a dare il meglio di sé nei momenti di difficoltà. Nonostante tutto nell’ambiente circostante, lo stesso che si è tenacemente attaccato a Milano in chiave anti-Pisapia, emergono strani ed inquietanti segnali. Con un centrosinistra che pare avere non solo più credibilità ma anche più voglia di definire in maniera rinnovata il perimetro e i criteri con cui definire una futura alleanza per il governo. Sperando che questo “splendido 2011” non sia un po’ come la tornata amministrativa del 1993. (Che poi è solo un modo da fighetti per dire: speriamo non sia una vittoria di Pirro)