“Zero Zero Zero” di Roberto Saviano

Roberto Saviano. A inizio aprile è cominciato il suo tour nelle principali città italiane per presentare il nuovo libro “Zero Zero Zero”. Roma, Milano, Genova, Napoli, Bari, Bologna, Firenze. Di città in città, di libreria in libreria. Una Feltrinelli dopo l’altra per parlare della sostanza paragonata già nel titolo alla “migliore qualità di farina: 000”. A Napoli l’emozionante ritorno, dopo quasi sette anni. Qui trovate un ampio estratto

A Bologna l’intervento di Saviano è stato introdotto da Silvia Avallone, autrice di “Acciaio”, romanzo dal quale è stato tratto l’omonimo film. Decine di giovani hanno affollato la storica galleria Acquaderni, mentre all’esterno, in Piazza Ravegnana, i ritardatari potevano assistere alla presentazione attraverso lo schermo appositamente allestito per l’occasione.

La cocaina, per Saviano, rappresenta la “merce delle merci”, la chiave di lettura delle dinamiche di potere contemporanee. Lo scrittore partenopeo ammette che la sua è una vera e propria ossessione. In quarta di copertina di “Zero Zero Zero” si legge: “Guarda la cocaina, vedrai polvere. Guarda attraverso la cocaina, vedrai il mondo”. La polvere bianca diventa, dunque, una feritoia attraverso cui osservare le contraddizioni della quotidianità.

Quando all’improvviso in territori privi di ricchezze e di opportunità di lavoro spuntano centri commerciali, supermercati e condomini, senza che sia chiaro quale ne sia la provenienza, secondo Saviano i capitali provengono dallo spaccio. La cocaina rappresenta il “bancomat delle organizzazioni”.

Il parallelo con la Apple, il gigante informatico, è utile per far comprendere i numeri e la portata di questo fenomeno. Prendendo in considerazione l’anno in cui la Apple era al massimo del suo sviluppo, mille euro investiti in azioni dopo un anno diventavano milleseicento. La stessa cifra investita in coca ne produce duecentottantaduemila.

La cocaina non è soltanto qualcosa di illegale, come le merci contraffatte, o veleno per chi decide di farne uso. E’ veleno per la democrazia e per la concorrenza. Chi traffica cocaina non solo ha capitali da investire per partecipare a un appalto o comprare le aziende, ma riesce a mantenere prezzi più bassi e a sbaragliare la concorrenza. La situazione di stallo politico che vive il nostro Paese, secondo Saviano, favorisce le organizzazioni criminali, lasciando loro tempo e libertà di movimento.

Nel libro Saviano segue la rotta della cocaina di porto in porto, spiega come sia nascosta nei modi più impensabili. Dalle patate, che vengono aperte, svuotate, riempite di coca e piantate nuovamente nel terreno così da ricrescere senza alcun segno di lacerazione, ai beagles, i cani che vengono imbottiti di ovuli e aperti, una volta giunti a destinazione. Ma anche attraverso libri per bambini, litri di birra, tubetti di dentifricio, barattoli di ananas, farina di pesce. “Il meccanismo diventa anche creativo”, dice Saviano, “che è l’altra cosa che ti attrae e ti ripugna”.

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Talvolta la cocaina viene gettata in mare prima che la nave attracchi al porto, per essere ripescata in acqua ed eludere i controlli. In altri casi giunge al porto attraverso navi i cui equipaggi possono essere consapevoli o meno della sua presenza.

La polizia lo sa bene e in questo sta la “magnifica drammaticità” del porto, che “deve essere velocissimo, deve sdoganare subito la merce. Se inizia ad essere prudente e ogni prodotto sta lì a osservarlo, a vagliarlo, perde di forza economica e quindi nessuno va ad attraccare lì. Immediatamente vince il porto a fianco, che è più veloce nello sdoganamento. In questa velocità passa la coca”. I porti più appetibili sono, naturalmente, quelli degli stati in crisi, che hanno difficoltà a pagare i controlli. In questo momento i porti spagnoli, portoghesi e greci.

La cocaina genera un giro di affari tale per cui la concorrenza non è tollerata. “Da qui la ferocia: se c’è il sospetto che qualcuno stia facendo in autonomia i propri affari, lo devi eliminare nel modo più feroce possibile, in modo tale che non solo gli fai del male ed elimini un tuo concorrente, ma la sua morte deve essere una sorta di comunicato stampa a tutti coloro che vogliono fare lo stesso. E qui ci sono le storie messicane che nel libro sono quelle più inenarrabili”.

Trattare questo tipo di tema è logorante. “A un certo punto la pelle va via. Non puoi pensare di frequentare queste storie, queste persone, questi mondi e non essere eroso da dentro. Non perché semplicemente ti senti sconvolto, quello ti porterebbe ad una depressione. Inizi a ragionare esattamente con quelle logiche, guardi il buio, smetti di essere attratto dalla luce. Ti repelle l’essere umano, a iniziare da te. Guardare nei pozzi è importante, ma mai quanto guardare in aria”.

Roberto Saviano definisce la condizione che vive da quando è sotto scorta come una sorta di assurdo bipolarismo, fatto di momenti di forte esposizione al pubblico e momenti di grande solitudine. “C’è da impazzire”. Il prezzo pagato dall’autore di “Gomorra” è stato caro. “Non vale mai la pena prendere una strada che ti compromette qualsiasi percorso di felicità. Si poteva fare tutto ugualmente. Io non rinnego nessuna scelta, rinnego i metodi, i modi, quello che ho combinato non rendendomi conto di perdere quello che ho perso”.

Ma ciò che lo tiene in piedi, ciò che gli restituisce la forza di guardare avanti, è la fiducia nel lettore. “L’ambizione smodata, terribile che ho”, dice Saviano, “è quella di far entrare le mie storie, attraverso la mia narrazione, nell’etica genetica di chi mi legge”. E aggiunge: “Vengo da una provincia difficilissima e quindi sono orgoglioso di aver potuto, in questi anni, prendere queste storie e metterle in prima serata, in prima pagina, in testa alle classifiche, farne materia, indipendentemente dalle conseguenze, farne ambizione”. Perché la conoscenza rappresenta un modo per far arretrare il potere. Di qualunque colore e ferocia.