In Norvegia la destra assedia il governo

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Un inverno complicato, fatto di polemiche e scontri politici. E i sondaggi a delineare un testa a testa a tre partiti. Poi la schiarita, ma nel contesto di una persistente incertezza: si possono riassumere così gli ultimi mesi per l’attuale governo norvegese a guida socialdemocratica. Mesi durante i quali il premier Stoltenberg ha avuto più di una gatta da pelare soprattutto all’interno della sua coalizione, e mesi durante i quali i due partiti di destra ne hanno approfittato per farsi sotto.

Morale della favola: le elezioni amministrative in programma per l’autunno non dovrebbe rappresentare un rischio per le forze di maggioranza, ma a oggi lo scenario di una Norvegia a guida conservatrice ha più di un fondamento.

La Norvegia è governata da una coalizione di sinistra. Jens Stoltenberg, leader del partito socialdemocratico, è primo ministro dall’ottobre del 2005. L’esecutivo è completato dal Partito di Centro e dai Socialisti di Sinistra. Stoltenberg è uomo politico di spessore: figlio d’arte (suo padre fu diverse volte ministro negli anni ’80) aveva già guidato la Norvegia tra il 2000 e il 2001. Governa un paese che rispetto agli altri paesi europei non ha dovuto fare i conti con la crisi economica. La disoccupazione è bassa, la crescita economica solida, il petrolio del Mare del Nord continua ad assicurare prosperità al paese.

I problemi sono stati diversi: politici e mediatici. A fine gennaio il governo Stoltenberg si è ritrovato nel bel mezzo di una bufera. A far discutere è stata la storia di una 25enne conosciuta con lo pseudonimo di Marie Amelie, clandestina in Norvegia da diversi anni. Lì ha studiato e lì ha pubblicato il libro Ulovlig Norsk (“Norvegese illegale”) che ha affrontato il tema degli immigrati clandestini e le è valso il riconoscimento di “norvegese dell’anno”. Eppure Marie Amelie è finita agli arresti il giorno stesso in cui la sua richiesta di permesso di soggiorno è stata respinta; ha passato alcuni giorni in carcere ed è stata accompagnata dalla polizia su un aereo che l’ha riportata in Russia. Ha potuto fare ritorno in Norvegia solo quando un giornale le ha offerto un lavoro. Tutta la vicenda ha scatenato feroci critiche nei confronti della maggioranza: “l’impressione è che siano i burocrati a governare questo paese” ha commentato Frank Aarebrot, docente di scienze politiche all’università di Bergen. L’opinione pubblica ha rimproverato al governo scarsa elasticità, l’incapacità di fare dei distinguo. E nei sondaggi i socialdemocratici hanno perso molti punti.

Problemi politici e problemi mediatici, si diceva. I mesi a cavallo tra il 2010 e il 2011 sono stati per il governo un periodo di scontri tra i partiti della coalizione. A scatenare un’altra tempesta è stata la decisione del governo di dare il via libera alle trivellazioni petrolifere al largo degli arcipelaghi Lofoten e Vesterålen. In realtà la decisione è stata presa dai socialdemocratici, che si sono ritrovati assediati dai sindaci delle contee interessate, dai gruppi ambientalisti e anche dal Partito di Centro e soprattutto dai Socialisti di Sinistra. Per un attimo si è pensato che il governo potesse addirittura cadere. Alla fine è stato raggiunto un accordo che sa di tregua: niente trivellazioni fino al 2013, vale a dire niente trivellazioni fino alle prossime elezioni.

L’ambiente e le politiche per la sua salvaguardia sono un tema molto sentito, in Norvegia. I socialdemocratici sono tradizionalmente propensi a cercare di creare posti di lavoro e ricchezza, i Socialisti di Sinistra hanno una spiccata propensione ambientalista. Tra i due partiti uno scontro c’è stato anche sul progetto di costruire tralicci per l’energia elettrica nel fiordo di Hardanger: i socialdemocratici volevano di assicurare alla città di Bergen (la seconda del paese) il sufficiente approvvigionamento energetico; i Socialisti di Sinistra volevano preservare il paesaggio. Il progetto è stato approvato, ma la costruzione è slittata di un anno: staremo a vedere.

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Le politiche ambientali sono legate a doppio fino a quelle energetiche. A pagare per tutti è stato Terje Riis-Johansen, sostituito a inizio marzo da Ola Borten Moe alla guida del ministero del Petrolio e dell’Energia, uno dei dicasteri più importanti a Oslo. La poltrona di Riis-Johansen traballava da almeno un anno: l’ipotesi di trivellare tra le isole Lofoten e Vesterålen, e i tralicci sull’Hardangerfjord, sono stati il colpo di grazia. Stoltenberg ne ha approfittato per dare respiro al proprio governo affidando la poltrona a Ola Borten Moe, l’astro nascente del Partito di Centro, che con tutta probabilità raccoglierà il testimone dalla leader Liv Signe Navarsete coinvolta in prima persona dallo scandalo che ha colpito il partito a fine anno, quando è stato scoperto un giro di finanziamenti illeciti.

Il governo ha vissuto così per tutto l’inverno, prima di tornare a lavorare serenamente. Questioni di per sé non grandissime lo sono diventate, tanto che alcuni commentatori hanno descritto gli ultimi mesi come un periodo durante il quale la maggioranza ha affrontato problemi ‘autoinflitti’. Soprattutto durante l’inverno, la gente ha dato l’impressione di perdere fiducia nell’esecutivo: a gennaio il partito socialdemocratico era accreditato del 26,3%, contro il 35,4% ottenuto alle politiche del 2009. La ripresa c’è stata durante la primavera.

Protagonisti di una cavalcata trionfale nei sondaggi sono stati i due partiti conservatori. La Destra è guidata da Erna Solberg. Il Partito del Progresso da Siv Jensen: due donne che da mesi danno la caccia a Stoltenberg. La Destra in questi mesi ha consolidato il proprio seguito ed è diventata ormai una forza politica di prim’ordine: il partito rappresenta ormai un’alternativa concreta. Erna Solberg sta riuscendo a  riportare la Destra ai fasti degli anni ’80. Altrettanto esplosiva è stata la crescita del Partito del Progresso, formazione populista che fa della lotta all’immigrazione il proprio cavallo di battaglia. A gennaio, con il 27% dei voti, il partito nei sondaggi era la maggiore forza politica del paese. La scalata è stata stoppata bruscamente a fine marzo, quando è scoppiato il ‘caso Birkedal’. Trond Birkedal, esponente di rilievo del partito, candidato sindaco nella città di Stavanger, è stato arrestato con l’accusa di aver ripreso di nascosto degli uomini nudi nel proprio bagno e di aver avuto rapporti sessuali con una minorenne. È stato costretto a uscire di scena. Siv Jensen, molto vicina a Birkedal, non ha gestito bene la faccenda e il suo partito ne ha pesantemente risentito in termini di consensi. I sondaggi di giugno lo piazzavano intorno al 14%: una vera e propria frana. A giovare di questa situazione è stata la Destra, a cui si sono rivolti gran parte degli elettori delusi dal Partito del Progresso: il consenso nei confronti di Erna Solberg e soci nei sondaggi di giugno è arrivato addirittura al 32,5%.

La Destra cresce, il Partito del Progresso si contrae: poco male, il blocco conservatore mantiene numeri importanti. Alle prossime elezioni politiche l’alleanza Solberg-Jensen (sempre che sia la Jensen a continuare a guidare il partito) insidierà seriamente il premier Jens Stoltenberg. Destra e Partito del Progresso hanno molti punti in comune ma anche molte vedute differenti: una su tutte, come spendere i soldi ricavanti dal petrolio, e quanti spenderne. Ma di sicuro si presenteranno alle elezioni pronti a riportare a destra la Norvegia.