Norvegia: alle elezioni amministrative affermazione dei Conservatori e dei Laburisti

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Sono i Conservatori di Erna Solberg i grandi vincitori delle elezioni amministrative in Norvegia: il partito si riconferma nella capitale Oslo piazza un colpo al Nord, dove storicamente i socialdemocratici hanno il dominio. È questo in due parole ciò che hanno detto le urne, in una campagna elettorale diversa da tutte le altre e segnata dalla strage di Utøya.

I Conservatori vincono nelle due città principali del paese, Oslo e Bergen, e si prendono pure Tromsø, principale città del Nord, guidata dai laburisti dal 1999. I socialdemocratici (che perdono anche Drammen) si consolano con la conquista di Fredrikstad, prima amministrata dal Partito del Progresso, si tengono Trondheim e si godono la conferma di essere con i Conservatori i protagonisti indiscussi della politica norvegese. Ma la sconfitta di Oslo brucia. È vero che i socialdemocratici lievitano nei consensi, ma dalle urne rimediano uno schiaffo: i Conservatori infatti fanno un grosso balzo in avanti e conquistano nel consiglio comunale sei seggi in più della precedente amministrazione. Richard Fabian Stang continuerà dunque a guidare la città. È dal 1995 che i laburisti hanno perso il controllo della Capitale.

A scrutinio praticamente concluso, mettendo insieme tutti i dati i socialdemocratici si piazzano al 31,7%. I Conservatori schizzano a 28%.La Norvegia assomiglia sempre più a un paese dal sistema politico governato da due partiti. Dietro infatti c’è il vuoto, con il Partito del Progresso che precipita all’11,5%. Per i Conservatori i risultati confermano un trend positivo che dura ormai da tutto l’anno. I socialdemocratici, invece, ottengono più di quello che prima dell’estate si sarebbe pensato. Ma è impossibile leggere queste elezioni senza considerare cosa è accaduto proprio durante l’estate.

È stata infatti una campagna elettorale diversa dalle altre. Inevitabile che fosse così. Il 22 luglio è una data che i norvegesi ricorderanno, ed è una data che ha condizionato tutta l’estate politica. L’attentato a Oslo e la strage sull’isola di Utøya hanno prodotto una serie di conseguenze. La prima e più banale: la campagna elettorale è slittata in avanti, una decisione presa di comune accordo tra tutte le forze politiche. La Norvegia ha vissuto solo quattro settimane di un clima elettorale. Le elezioni si sono svolte comunque nella data prevista: nessuno slittamento, un segnale molto chiaro dopo la strage del 22 luglio. Il premier Stoltenberg aveva detto a poche ore dall’attentato che la Norvegia non sarebbe cambiata: lo ha fatto cominciando a non cambiare il giorno del voto.

Una campagna elettorale breve e dai toni molto pacati. Eccezion fatta per alcuni episodi di isterismo (e violenza) ai danni di alcuni politici locali, tutti i partiti hanno puntato sulla sobrietà e sui valori condivisi della nazione, come la democrazia e l’apertura. I partiti, soprattutto nella prima fase, hanno preferito concentrarsi sui propri programmi elettorali, anziché dare il via al gioco dell’attacco agli avversari. E anche i temi classici delle elezioni amministrative (trasporti pubblici, scuole, servizi sanitari) sono entrati in scena solo in un secondo momento. Per dirla con le parole del premier Stoltenberg, alla fine “c’è stata una normale campagna elettorale in mezzo all’anormale”.

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La strage di Utøya ha generato un clima di partecipazione. «Mai nessuna elezione municipale o regionale ha avuto un significato altrettanto simbolico» ha scritto il quotidiano Aftenposten. «Non importa per chi andrete a votare, l’importante è che andiate votare» ha ripetuto e ripetuto il premier Stoltenberg. Le previsioni sono state rispettate nel senso che la partecipazione è cresciuta, ma meno di quello che ci si aspettava: nelle amministrative del 2007 l’affluenza si era fermata al 61,7%, stavolta è stato raggiunto il 62,5%.

Il partito socialdemocratico attualmente al governo della nazione ha potuto contare sull’effetto politico generato dalla strage di Utøya. Subito dopo l’attentato, i laburisti hanno visto crescere a dismisura i propri consensi. Una vera e propria impennata che è andata smorzandosi lentamente ma che ha dato comunque una spinta sensibile. Secondo gli analisti, il premier Stoltenberg è riuscito a mantenere il sangue freddo, dando alla nazione una percezione di stabilità. La cosa ha pagato, come ha certamente pagato il comportamento del sindaco di Oslo, Fabian Stang, dopo gli attacchi del 22 luglio.

Un ultimo dato politico. Come in tutte le elezioni alla fine c’è stato chi ha vinto e chi ha perso. Il grande sconfitto è il Partito della Sinistra Socialista, andato incontro a una batosta che era nell’aria e che gli sforzi degli ultimissimi giorni non sono riusciti a scongiurare. E così, mentre nella notte di lunedì si contavano i voti (4,5% dei consensi, un punto e mezzo percentuale in meno delle precedenti amministrative), la leader del partito Kristin Halvorsen ha annunciato di voler lasciare la guida del partito.