La settimana scandinava tra Europa sondaggi e governi da varare

Settimana scandinava: Europa verso destra o verso sinistra? Il governo in Svezia scivola nei sondaggi e tasta il terreno alla ricerca di nuovi alleati per non arrivare già sconfitto alle elezioni del prossimo anno.

In Norvegia il voto è più vicino, e sembra ormai certo che nascerà un esecutivo di minoranza.  In Finlandia invece l’euroscetticismo resta nell’agenda politica ma affascina sempre meno la popolazione. Di Europa si parla pure in Danimarca, dove nei prossimi mesi per la premier Thorning-Schmidt potrebbero aprirsi prospettive importanti.

In Finlandia l’euroscetticismo è finito in prima pagina. Per la precisione la pagina del quotidiano Helsingin Sanomat che Timo Soini, leader del partito conservatore dei Veri Finlandesi, ha acquistato per dire la sua sulla partecipazione di Helsinki al piano di salvataggio europeo della Grecia. Secondo Soini, il governo ha mal gestito l’intera faccenda, non ottenendo garanzie adeguate da Atene e soprattutto cercando di tenere nascosta al popolo finlandese la vera natura dell’accordo.

L’esecutivo ha risposto che le dichiarazioni di Soini sono fuorvianti e senza fondamento. È la solita battaglia che a Helsinki si combatte da qualche anno: da una parte il governo multicolore filo-europeista, dall’altra i Veri Finlandesi che sulle critiche a Bruxelles hanno costruito gran parte delle proprie fortune politiche.

Il fatto è che probabilmente agli elettori questo non basta più. Alcuni analisti hanno sottolineato come il Partito di Centro negli ultimi tempi sia riuscito ad attrarre meglio i lavoratori a basso reddito, quelli cioè che prima guardavano a Soini. In effetti i sondaggi di una decina di giorni sembrano dimostrarlo, col Partito di Centro prima forza politica nel paese e i Veri Finlandesi in leggera flessione.

In grossa flessione è invece il governo di centrodestra che guida la Svezia. I partiti di centrosinistra oggi all’opposizione metterebbero insieme il 50,5 per cento dei voti, staccando di una decina di punti l’attuale governo. Insomma la sirena d’allarme nell’ufficio del premier Reinfeldt suona sempre più forte. Tutto però può cambiare in fretta, a partire dal gioco delle alleanze.

Jimmie Åkesson, a capo del partito ultraconservatore dei Democratici Svedesi, ha lanciato proprio in questi giorni messaggi precisi: alle prossime elezioni il partito è pronto ad assumersi maggiore responsabilità. Parole che assomigliano molto a una richiesta di confronto. Fino a oggi nessuna forza politica (centrodestra compreso) ha voluto sedersi al tavolo con i Democratici Svedesi, ma certe posizioni potrebbero essere riconsiderate nei prossimi mesi.

Una parte della maggioranza però guarda altrove. Birgitta Ohlsson, ministro degli Affari europei e personalità importante nel Partito Liberale, ha strizzato l’occhiolino ai Verdi: “penso che i Verdi potrebbero essere una buona alternativa per la maggioranza di governo: abbiamo già lavorato insieme su questioni importanti come l’immigrazione e abbiamo molte cose in comune”.

Ohlsson ha precisato di non aver lanciato un invito ufficiale ma il chiarimento conta poco: non è la prima volta che il governo cerca il dialogo coi Verdi. Ora come ora, però, è difficile immaginare che questo corteggiamento porti a qualcosa, anche perché il partito continua a cercare il dialogo con i laburisti, pur non volendo un’alleanza preelettorale come accaduto nel 2010.

Timo Soini, alla guida del partito conservatore dei Veri Finlandesi

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Anche in Norvegia restano da collocare molti tasselli nel quadro politico in vista delle elezioni del prossimo settembre. Quel che sembra praticamente certo, però, è che nascerà un governo di minoranza. Non una sorpresa, nella storia della Norvegia, dove esecutivi di questo tipo sono stati i più numerosi.

E anche in Danimarca qualcosa potrebbe succedere nei prossimi mesi. Si torna a parlare infatti della possibilità che la premier laburista Helle Thorning-Schmidt possa essere scelta come Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, prendendo il posto di Catherine Ashton.

A scriverlo è il Berlingske Tidende, che sottolinea come Thorning-Schmidt goda di buona fama soprattutto in Germania, dove Angela Merkel sarebbe pronta a sostenerla. La premier danese avrebbe tutte le carte in regola: ha esperienza di governo, gode di fama di politico equilibrato, è conosciuta e apprezzata a Bruxelles. Insomma il profilo giusto.

Per lei potrebbe essere un’opportunità affascinante e anche una perfetta via d’uscita da una situazione politica estremamente complessa. Non è una novità: il suo governo sin dai primi passi ha incontrato ostacoli, non scalda i cuori dei danesi, la coalizione fatica a lavorare insieme e anche all’interno del partito socialdemocratico sono in tanti a criticare la linea dell’esecutivo. Una linea che, come detto ieri proprio da Thorning-Schmidt, potrebbe anche cambiare.

L’Islanda invece potrebbe ristrutturare il proprio debito con i creditori esteri e utilizzare le risorse risparmiate per ridurre il peso dei mutui sulle spalle delle famiglie: lo ha detto il premier Gunnlaugsson.

Eppure, secondo un sondaggio Gallup, il governo non ha neanche fatto in tempo a cominciare a lavorare e sta già perdendo consensi: Partito progressista e Partito dell’Indipendenza alle elezioni di fine aprile avevano messo insieme il 51 per cento, ora sono scesi al 47 per cento.

Helle Thorning-Schmidt, primo ministro danese e leader del partito socialdemocratico