Danimarca: varato il nuovo governo di centro-sinistra

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Partito Socialdemocratico, Sinistra Radicale e Partito Popolare Socialista: è questa la coalizione che governeràla Danimarcaper i prossimi quattro anni. La leader laburista Helle Thorning-Schmidt ci ha messo sedici giorni per trovare un accordo con Margrethe Vestager (leader della Sinistra Radicale) e con Villy Søvndal (a capo del Partito Popolare Socialista). Ma alla fine accordo è stato.

Il governo è formato da ventitre ministri. La parte del leone la fanno ovviamente i socialdemocratici, mentre almeno numericamente Sinistra Radicale e Partito Popolare Socialista pesano allo stesso modo: a entrambi sei ministeri. Ai socialdemocratici vanno undici dicasteri, tra cui molti di primo piano: Finanze (a Bjarne Corydon, capo dello staff e consigliere economico del premier: è alla sua prima esperienza da deputato, è il vero volto nuovo del governo), Giustizia (Morten Bødskov), Difesa (Nick Hækkerup) e Lavoro (Mette Frederiksen). Anchela Sinistra Radicalesi aggiudica dicasteri di rilievo, prendendo quello dell’Interno e degli Affari Economici che va alla leader Margrethe Vestager, e quello della Cultura che sarà guidato dal 57enne Uffe Elbæk.La Sinistra Radicalegestirà i settori degli aiuti allo sviluppo, del clima e dell’energia. Tra i sei dicasteri appannaggio del Partito Popolare Socialista spiccano quello degli Esteri, dove siederà Villy Søvndal, e quello della Salute, ad Astrid Krag.

Complessivamente, il nuovo governo Thorning-Schmidt ha una componente femminile marcata ma non sorprendente. Dei ventitre ministri, nove sono donne. Si tratta di un esecutivo dall’età media abbastanza bassa, 43 anni, soprattutto per gli standard a cui siamo abituati noi italiani: il ministro più anziano è il 57enne Uffe Elbæk. Il più giovane, e questo è un record, è il 26enne Thor Möger Pedersen (Partito Popolare Socialista), che gestirà la politica fiscale del governo.

 

“Abbiamo una squadra forte, che dovrà lavorare duro per far uscirela Danimarcadalla crisi”, ha detto Helle Thorning-Schmidt. “Abbiamo lavorato tanto per questo: ora finalmente ci siamo. Siamo estremamente orgogliosi” ha affermato Morten Østergaard, numero due della Sinistra Radicale. Per il Partito Socialista Popolare la soddisfazione è doppia, visto che per la prima volta nella sua storia entra a far parte di un governo. In pratica l’entusiasmo c’è, eccome. Del resto la sinistra torna maggioranza dopo dieci anni di governo di destra. Entusiasmo e grosse ambizioni, per questo governo giovane, dove molti ministri sono alla prima esperienza.

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Nel loro programma, Thorning-Schmidt, Vestager e Søvndal hanno messo nero su bianco obiettivi che andranno seguiti da vicino. In politica estera, ad esempio: i militari danesi dovranno lasciare l’Afghanistan nel 2014, e il governo si impegnerà perchéla Palestinasia riconosciuta come Stato. O nella politica ambientale ed energetica, argomento molto sentito in Danimarca: l’esecutivo conta di ridurre le emissioni di anidride carbonica addirittura del 40% entro il 2020 (rispetto al precedente governo di centrodestra si tratta di alzare l’asticella di una decina di punti percentuali). Inoltre,la Danimarcasempre nel 2020 dovrebbe ricavare dal vento metà dell’energia che utilizzerà.

E poi ci sono i cavalli di battaglia propri di un governo di centro-sinistra. La politica fiscale dovrà ridurre le disuguaglianze sociali e la povertà nel paese, abbassando il peso sui redditi da lavoro. La spesa pubblica verrà utilizzata per creare più posti di lavoro e verrà messo in campo un piano da dieci miliardi di corone per stimolare l’asfittica crescita economica degli ultimi tempi. Tutto questo dovrà essere ottenuto senza aumentare il costo della vita e raggiungendo il pareggio di bilancio nel 2020.

Sul fronte dell’immigrazione, verrà abolito il sistema a punti che aveva varato il precedente governo (che stabiliva chi avesse diritto o meno al ricongiungimento familiare) e i nuovi immigrati non dovranno più fare i conti con un welfare ridotto.

 

Tanti punti in agenda, dunque. Più che spartire i ministeri, la difficoltà per la neopremier è stata proprio mettere d’accordo Sinistra Radicale e Partito Popolare Socialista. Un sotterraneo lavoro di diplomazia e sintesi ha portato al programma presentato ieri. Ma c’è stato tanto da discutere. E alla fine, se c’è qualcuno che ha ottenuto di più, quella èla SinistraRadicale.Difficilmente poteva andare diversamente. Il partito di Margrethe Vestager alle elezioni di due settimane fa ha superato il Partito Popolare Socialista, diventando di fatto la seconda forza della coalizione dopo i socialdemocratici. Ela Vestagerha fatto valere i numeri. Socialdemocratici e socialisti hanno dovuto rinunciare a introdurre una tassa sui redditi milionari (uno dei punti fermi della campagna elettorale di Thorning-Schmidt e Søvndal). Cestinata pure la proposta laburista di allungare l’orario di lavoro dei danesi di 12 minuti al giorno. Non solo: come voluto dalla Sinistra Radicale, le riforme sulle pensioni varate dal precedente governo non verranno toccate. Socialdemocratici e soprattutto Partito Popolare Socialista hanno tenuto duro sul programma da dieci miliardi di corone di sostegno all’economia e l’hanno spuntata. Forse è poco, forse basterà. Di sicuro di fronte a Helle Thorning-Schmidt c’è un cammino affascinante e complicato:la Danimarcasta attraversando un periodo difficile (crescita stentata, disoccupazione che non scende) e gli elettori hanno chiesto un cambiamento. Thorning-Schmidt, Vestager e Søvndal dovranno dare un nuovo impulso a un paese che ha smarrito alcune delle sue certezze.