Sudafrica. Una evoluzione del vecchio apartheid

Ancora un grave episodio di violenza nella miniera di platino di Marikana, in Sudafrica.

Una donna, dirigente del sindacato National Union of Mineworkers, il NUM, è stata misteriosamente uccisa a colpi di arma da fuoco all’ingresso del sito minerario.

La miniera di Marikana è tristemente nota perché un anno fa è stata teatro della uccisione, da parte della polizia, di 34 minatori che stavano scioperando.

L’omicidio della sindacalista è solo l’ultimo, in ordine di tempo, di una serie di episodi di violenza che si sono verificati nei pressi di questo immenso giacimento di platino gestito dalla LonMin, una multinazionale a capitale britannico e sudafricano.

Il NUM, il sindacato al quale apparteneva la donna assassinata, deve fronteggiare, da qualche tempo, l’ascesa di un sindacato rivale, l’Association of Mineworkers and Construction Union (AMCU) che gli rimprovera un atteggiamento troppo condiscendente con il governo.

Dal sanguinoso episodio dell’anno scorso, Marikana è l’epicentro di un movimento di protesta e di scioperi sfociati più volte in disordini e violenze. A Marikana e in genere nella regione mineraria di Rustenburg la tensione è tornata a salire a maggio, dopo l’annuncio di 6000 licenziamenti da parte della multinazionale Anglo American Platinum, un altro dei colossi minerari che hanno concessioni per le ricche miniere sudafricane che, come la LonMin, hanno nei loro consigli di amministrazione alcuni membri vicini al partito di governo, l’African National Congress.

La questione mineraria sarà uno dei temi cruciali per la campagna elettorale dell’anno prossimo che l’African National Congress e il suo presidente Jacob Zuma vinceranno certamente. Il problema è capire come, in che misura, con che consenso reale.

L’African National Congress è il partito di Mandela e in Sudafrica ha (deve avere!), per ovvie ragioni, una maggioranza schiacciante.

La popolarità dei dirigenti e degli uomini di governo invece in questi anni è stata drasticamente erosa da incapacità, corruzione, spietate lotte di potere. E soprattutto dal fatto che non sono stati in grado di affrontare i gravissimi problemi del paese: il Sudafrica ha un tasso di disoccupazione astronomico, ben il 40 per cento, ha anche il tasso di sieropositivi più alto di tutto il continente. Le città sono gravemente insicure e la delinquenza è dilagante.

La popolazione nera (che è la stragrande maggioranza) è al tempo stesso la base elettorale dell’African National Congress e anche la classe che più accusa il partito di avere tradito l’eredità di Mandela. E ne ha più che buone ragioni: i poveri, gli abitanti delle township, i disoccupati, i sieropositivi, le vittime della violenza e i minatori sono tutti (o quasi) neri. E come ai tempi dell’apartheid la polizia non esita a sparare sulla folla.