La strategia della mozione

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Il dibattito politico italiano è animato dai dissapori interni alla maggioranza sulla vicenda libica e sulla contrarietà della Lega alla partecipazione italiana alla missione militare.

Si tratta di una contrarietà che ha ottenuto molti risconti nel centrodestra dove serpeggia da tempo un certo malessere nei confronti di un’operazione militare come quella aerea contro il regime di Gheddafi e che ha nella Lega un punto di contatto nelle aule parlamentari.

Il Carroccio infatti accusa Berlusconi di non aver consultato l’alleanza di governo e il consiglio dei ministri per questo cambio di prospettiva della missione. Anche se si tratta, come non a torto ribadisce la difesa, di un cambio meramente qualitativo dell’impegno italiano.

L’audizione dei ministri La Russa e Frattini alla commissione esteri e difesa alla Camera mirava proprio a tranquillizzare la rappresentanza parlamentare lùmbard, in subbuglio per la scelta sbagliata e la mancata collegialità di Berlusconi: La Russa ha ricordato come otto aerei saranno disponibili per lanciare missili di precisione (o razzi, da non confondere con Razzi) contro le strutture militari di Gheddafi. Lo stesso Frattini del resto ha ricordato come ci sia da parte del Colonnello una feroce volontà di annientare i ribelli della Cirenaica e come un impegno di questo tipo sia in primis richiesto dal consiglio nazionale transitorio di Bengasi.

Alla fine dell’audizione è accaduto il patatrac in casa leghista. Una vicenda che potrebbe quanto meno segnare le sorti della leadership del gruppo leghista alla Camera. Infatti il presidente dei deputati leghisti Marco Reguzzoni ha ribadito la contrarietà della Lega ad un intervento di questo tipo (“anche perché più bombe si tirano più rischiamo di trovarci un numero maggiore di clandestini”) ma ha anche ribadito come questa sterzata del ruolo dell’Italia sia in linea con la risoluzione Onu 1973 e che quindi non è necessario un nuovo passaggio in Parlamento sul ruolo dell’Italia in questa partita libica.

È successo che poche ore dopo uno dei principali esponenti della Lega, Roberto Maroni, ha dichiarato l’esatto contrario del capogruppo alla Camera chiedendo a gran voce, e sostenuto da tutti i colonnelli di via Bellerio, una seduta ad hoc della Camera per discutere questa scelta ai suoi occhi scellerata.

Il povero Reguzzoni, che a quanto pare si è fatto ammaliare dai toni conciliatori dei due ministri in commissione, probabilmente rischia il posto di capogruppo e già i bookmaker puntano sull’onorevole Stiffoni come suo sostituto in quanto già vice-presidente mancato della Camera nel 2008.

Di fronte ad una netta contrarietà leghista e una volontà di discuterne in Parlamento del tema si sono attivati i canali diplomatici col Pdl, favorevole alla missione e forte dell’informale assist del Capo dello Stato che aveva ricordato come l’intervento italiano sia una normale evoluzione della vicenda libica (e qualcosa già deliberato o comunque discusso nel corso dell’ultimo Consiglio Supremo di Difesa) e come sia qualcosa assolutamente a norma con la risoluzione Onu 1973.

La Lega Nord a questo punto sceglie la strada della mozione parlamentare, per farsi almeno sentire dalla sua base come il “partito del distinguo” sul conflitto libico senza però rompere del tutto (o comunque consentire un accordo potenziale) con gli alleati del Pdl.

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La mozione presentata dalla Lega Nord sulla Libia dunque pone dei paletti alla missione, ma in certi casi sfocia nella negazione del diritto internazionale se non nella pura irricevibilità regolamentare: in primo luogo infatti si chiede di non alzare le imposte per finanziare l’inizio delle operazioni militari vere e proprie dell’aeronautica italiana (e fin qui ci siamo); ma poi chiede di fissare una data per la conclusione delle operazioni, chiede di non intraprendere alcuna operazione militare a terra sul suolo libico e chiede la condivisione dei flussi migratori conseguenti al conflitto libico e alle minacce del Colonnello contro l’Italia.

La mozione non considera, o almeno finge di non considerare, alcuni aspetti che a tratti rendono questa mozione se non inutile un vero mostro giuridico: in primo luogo emerge il tema della fissazione della data di scadenza. Una richiesta di questo tipo è del tutto inesistente nel diritto internazionale, non è prevista dall’Onu e soprattutto è contraria a qualsiasi altra logica in quanto è del tutto imprevedibile lo scenario da qui ai prossimi mesi (teoricamente potrebbe anzi porsi il problema opposto: un maggior impegno italiano). Per non parlare poi della condizione leghista secondo cui l’Italia non dovrà partecipare a operazioni sul suolo libico. È lapalissiano, perché lo sbarco sul suolo libico di truppe straniere è espressamente non previsto dalla risoluzione 1973 Onu. E nel caso si approvi un’altra risoluzione delle Nazioni Unite che prevede uno strumento di questo tipo bisognerebbe comunque ritornare in Parlamento per un’altra seduta, un’altra discussione e un altro voto su una norma del tutto diversa da quella che ha ottenuto il nullaosta dal Parlamento qualche settimana fa. Infine, il tema della condivisione degli immigrati è comprensibile ma è politicamente l’esatto contrario di ciò che si è deliberato e discusso nel corso del vertice italo-francese di qualche giorno fa a Roma dove si è discusso di temporanei e straordinari stop, per ragioni di sicurezza, al Trattato di Schengen (e domenica la Commissione Europea ha dato un parziale placet a questa proposta politica).

Ma forse la Lega Nord anche sul tema dell’immigrazione risente della mancata consultazione e collegialità nei confronti di un premier capace di mutare opinione e posizione a seconda dell’interlocutore straniero che si trova davanti. Perché ha scarso potere contrattuale.

Da qui il problema italiano in questa vicenda libica. Che non risiede tanto nell’impegno diretto dei nostri aerei. Ma nell’improvviso ed imprevisto voltafaccia del premier che con la sua impopolarità lo rende succube delle richieste altrui e incapace di dare alla nostra diplomazia una visione autonoma e realmente indipendente.