Svizzera, referendum cruciale per i rapporti con l’Unione Europea

Come da noi la settimana scorsa, questo weekend sono i cittadini della Svizzera a essere chiamati alle urne. Cinque i quesiti referendari ma uno in particolare potrebbe risultare cruciale per le sorti degli elvetici.

Limitare o no la libera circolazione con i paesi dell’Area Schengen, questo è il dilemma. Il paese difatti aderisce all’acquis, che abolisce i controlli sulle persone alle frontiere comuni, pur non essendo membro dell’Unione Europea. Lo stesso status da “estraneo” è condiviso da Islanda, Norvegia e Liechtenstein.

Spazio Schengen – fonte: Wikipedia

Per un’immigrazione moderata

Il referendum è nato per iniziativa del partito di destra “Unione Democratica di Centro”, che con 53 membri su 200, è la forza di maggioranza del Consiglio Nazionale (la Camera bassa svizzera). Da diversi anni l’UDC combatte contro quella che considera “una immigrazione pericolosa”. Già nel 2014 il partito aveva trionfato in un referendum per introdurre delle quote annuali di immigrati nel Paese e ora spera di ripetere l’exploit di sei anni fa.

QUI IL TESTO DELLA PROPOSTA

La voce del Sì

I promotori del Sì vogliono disciplinare autonomamente la materia migratoria e porre fine alla libera circolazione delle persone con l’Unione perché, a loro dire, causa principale di un’immigrazione di massa.

Questo flusso di stranieri metterebbe in pericolo la cultura svizzera e renderebbe meno sicure le strade elvetiche e i mezzi pubblici. Un’altra argomentazione del Sì è il fatto che la metà dei beneficiari di politiche di welfare siano straniere.

Questa sorta di Swissexit riporterebbe dunque sicurezza nelle città e proteggerebbe la cultura svizzera.

La voce del No

Tra i sostenitori del No ci sono sia il Consiglio federale che il Parlamento e per loro la questione è vitale per l’economia e il mondo del lavoro del Paese. Una più ristretta circolazione delle persone indebolirebbe la competitività delle aziende svizzere e in particolare del settore farmaceutico. Quest’ultimo ogni anno accoglie grandi quantità di personale specializzato in arrivo da varie parti d’Europa.

Un’altra grossa preoccupazione del fronte del No in caso di sconfitta, è la prospettiva di dover rinegoziare altri sei trattati con l’Unione Europea in vigore dal 2000 e approvati a gran voce con un referendum. Infatti il trattato sulla libera circolazione è strettamente collegato a questi sei, chiamati Bilaterali I.

I settori disciplinati da questi vanno dall’agricoltura fino alla ricerca e sono collegati da una cosiddetta “clausola-ghigliottina”  a quello sulla circolazione: se questo saltasse, automaticamente anche gli altri sei verrebbero meno.

Se l’iniziativa per la limitazione venisse accettata, il Consiglio federale (governo) disporrebbe di 12 mesi per negoziare in modo consensuale con l’UE la fine della libera circolazione. In caso di fallimento di questi negoziati, il Consiglio federale dovrebbe metter fine in modo unilaterale all’ALC nei 30 giorni successivi.

Cosa dice l’Europa?

L’Unione Europea, in caso di vittoria del Sì, verrebbe messa di fronte a un anno di negoziazioni con la Svizzera per trovare un nuovo accordo sulla circolazione. Qui il manico del coltello sarebbe dalla parte dell’Europa. Infatti l’Unione potrebbe decidere di fare pressing sul governo elvetico sospendendo unilateralmente altri accordi già in vigore con la Svizzera. Bruxelles ritiene che Berna goda degli accordi migliori tra i Paesi extra-Unione e le possibilità che ci siano ulteriori concessioni è praticamente inesistente.

Un esito che pare già scritto

Un sondaggio del 2-10 Settembre di gfs.bern prospetta la vittoria del NO al 64%, a fronte del Sì fermo al 36%.