Un paio di cose che mi ricordo su Monti

mario monti

Penso sia stato l’inizio del 2004. O forse l’autunno del 2003. Fatto sta che il mio primo ricordo legato al neo senatore a vita, e probabile futuro premier, Mario Monti riguarda Super Mario…che fa l’arbitro di calcio! Avete capito bene. L’allora commissario europeo nella grigia e melanconica, come la definirebbero Nigel Farage e gli euroscettici d’oltre Manica, sala stampa della Commissione Europea mostrava, per la gioia dei giornalisti, il cartellino giallo da arbitro. Il player ammonito era niente di meno che la Microsoft, che stava monopolizzando il settore informatico anche nel vecchio Continente.

Una lotta quella tra Monti e la Microsoft evidenziata dagli articoli dei giornali nazionali dedicati al senatore a vita. Ma nessuno vi ricorderà che Monti letteralmente, nonostante il suo aplomb britannico simile a quello di Giorgio Napolitano, ammonì il colosso informatico statunitense dimostrando un rispettabile sense of humor.

Il presidente della Bocconi non fu confermato, dopo dieci anni di commissione, nell’organismo di Bruxelles nel 2004. Il secondo governo Berlusconi optò per l’allora ministro delle politiche comunitarie Rocco Buttiglione che però non superò l’esame e le sue frasi sui diritti degli omosessuali lo resero “persona non adatta a ricoprire l’incarico di commissario alla giustizia e all’eguaglianza”. Fu allora proposto Franco Frattini, per la gioia di Gianfranco Fini che poté insediarsi alla Farnesina al suo posto costruendo un altro tassello dello sdoganamento politico della destra post-missina nelle istituzioni italiane.

Una non conferma per Monti che stupì in molti. Ma il professore non si diede per vinto, e ottenuta la presidenza del consiglio d’amministrazione della Bocconi (dove si era laureato nel 1965 e di cui era stato anche rettore), già preparava le prossime mosse. Così che, come un fulmine a ciel sereno, il 23 agosto del 2005 lanciò la sua prima proposta politica nel vero senso del termine.

Ricordo benissimo, stavo prendendo il treno per Udine, i titoli dei giornali nell’agosto 2005 in cui campeggiava il titolo: “Monti: in Italia c’è bisogno del centro”. L’apoteosi del terzismo, allora dominante in via Solferino, che giustamente ottenne un giusto risalto da parte del gruppo Rcs. Un gruppo sui cui tra l’altro in quella calda estate dei “furbetti del quartierino” si stava discutendo molto e con trepidazione.

Ma la sua proposta a freddo e senza prospettive fattuali nel breve periodo di dar vita ad un vero e proprio centro politico (un concetto così pragmatico da apparire a tratti diverso da una mera riproposizione dello scudo crociato) fu un vero disastro. E Monti per quelle dichiarazioni politiche forse un po’ estemporanee unì i poli, con centrodestra e centrosinistra uniti nel dirsi non d’accordo con la prospettive di Monti. Lo stesso Casini (erano gli ultimi mesi di Follini segretario dell’Udc) non seppe come prendere la cosa, e del resto già si preparava ad assumere un ruolo di regista nella modifica della legge elettorale in senso proporzionale.

Il nome di Monti politicamente rispuntò allora nel maggio 2006 quando, dopo le terribili politiche di quell’anno, il centrosinistra dovette gestire le trattative per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. E così, dopo l’elezione di Marini al Senato e Bertinotti alla Camera, era evidente che il Quirinale spettasse ad un Ds. Mentre si continuava a perorare la candidatura di D’Alema (per la gioia di Marco Pannella) si tenne una domenica sera a Palazzo Chigi un tavolo di concertazione centrosinistra-centrodestra, per definire il miglior candidato comune.

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Il centrosinistra propone D’Alema, il centrodestra risponde picche, sapendo la predilezione berlusconiana nei confronti di Gianni Letta. A questo punto la Casa della Libertà fa una proposta: noi indichiamo 4 persone non “nostre” che siamo disposti ad appoggiare se voi del centrosinistra la portate avanti. I fantastici 4 erano Franco Marini (si sperava infatti in  una replica del voto per la presidenza del Senato, che avrebbe causato complicazioni alla maggioranza di Prodi), Giuliano Amato (per creare problemi ai Ds considerando che egli pur essendo di quell’area aveva sempre rifiutato la tessera e addirittura la presidenza della Quercia), Lamberto Dini (mistero della fede) e…Mario Monti! Fassino allora se ne uscì dicendo: “Perfetto, allora noi candidiamo Napolitano”.

Non si ottenne il consenso del centrodestra e Napolitano fu eletto “a sfondamento” a seguito del quarto scrutinio.

Da quel giorno in poi il nome di Monti è sempre girato, candidato eterno e riserva della Repubblica. Mentre continuava la sua egregia attività tecnica e professorale (unico italiano membro della commissione Attali, versione seria della nostra commissione Marzano).

Fino ad un evento inedito per la Repubblica e la sua nomina a senatore  a vita. Un modo per legittimarlo politicamente, per garantire l’Europa e per politicizzare un ipoetico esecutivo tecnico. Nella peggiore delle ipotesi, un voto in più al Senato per un governo di larghe intese.