Make Europe Great Again: la Commissione UE spinge per un’economia dei dati europea

 

Con le nuove regole sulla governance dei dati, presentate il 25 Novembre 2020, la Commissione Europea si propone di facilitare la condivisione dei dati in tutta l’UE tra i diversi settori strategici. Il nuovo ‘Data Governance Act’ offre un modello europeo alternativo alla pratica del trattamento dei dati delle principali piattaforme tecnologiche statunitensi, nel tentativo di promuovere la cosiddetta “sovranità tecnologica” dell’UE.

Il nuovo quadro si fonda su una serie di regole e strumenti per utilizzare i dati, ad esempio attraverso meccanismi di condivisione e accordi sugli standard tecnici. Ciò implica strutture e processi per condividere i dati in modo sicuro, anche tramite terze parti fidate – i cosidetti intermediari – conferendo a ogni cittadino un maggiore controllo sui propri dati e su chi avrà accesso ad essi.

Dai farmaci personalizzati alle identità digitali, dalla guida senza conducente alle città sostenibili, i dati hanno un enorme potenziale economico e sociale, che l’esecutivo dell’UE mira a sfruttare con successo per ristabilire la competitività dell’Europa nei confronti di Cina e Stati Uniti, dopo che il vecchio continente ha in gran parte perso una prima ondata di diffusione dei dati personali, monetizzati da piattaforme come Facebook e Google.

 

 

Per realizzare questo potenziale, devono essere resi disponibili al settore privato più dati, condivisi con fiducia e tecnicamente facili da riutilizzare. A tal fine, nella più ampia strategia sui dati (‘Data Strategy‘) pubblicata nel febbraio del 2020, la Commissione UE ha stabilito l’obiettivo di creare “spazi di dati interoperabili e comuni”: quindi un mercato unico per i dati, vale a dire un’infrastruttura tecnologica settoriale volta a consentire ai dati pubblici e privati ​​di essere condivisi all’interno dell’UE in modo affidabile e ad un costo inferiore nei nove settori strategici: salute, ambiente, energia, agricoltura, mobilità, finanza, industria, pubblica amministrazione e competenze. Il quadro di governance dei dati presentato pochi giorni fa dalla Commissione UE, essenziale per raggiungere gli obiettivi della suddetta strategia, consentirà agli stati membri dell’Unione di formare e supportare tali spazi di dati comuni, stimolando lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi basati sugli stessi, ovvero un’economia dei dati.

Dalla pubblicazione della strategia nel Febbraio 2020, concetti come “altruismo dei dati” e “dati per il bene sociale” hanno iniziato a monopolizzare il dibattito pubblico, finendo per essere gli elementi costitutivi del nuovo ‘Data Governance Act’ della Commissione UE. In base a questi ultimi, i dati possono essere donati (es. agli ospedali e centri di ricerca) da privati per il bene pubblico. L’obiettivo è creare le giuste condizioni affinché individui e aziende confidino che, quando condividono i propri dati, essi saranno processati e gestiti in modo sicuro, cioè sulla base dei valori e dei principi dell’UE.

In parallelo, la Commissione ha preso in esame anche un altro concetto chiave, da molti esperti ritenuto controverso: la localizzazione dei dati. Tale idea comporta che il flusso di alcuni tipi di dati fuori dall’UE venga limitato, vincolando dunque la capacità delle aziende non europee di combinare ed elaborare dati raccolti all’interno dell’UE con dati non provenienti da cittadini dell’UE. Mentre la posizione ufficiale dell’esecutivo dell’UE rimane tale per cui “non ci sarà alcun obbligo di memorizzare ed elaborare i dati nell’UE“, diverse recenti dichiarazioni di funzionari di alto livello della Commissione UE hanno fatto intendere che, almeno nel lungo periodo, l’indirizzo è quello di imporre obblighi di localizzazione dei dati a piattaforme e aziende non europee che operino nel vecchio continente, se non ufficialmente, almeno incentivando tale effetto.

Poiché diversi esperti hanno sostenuto che questi requisiti violerebbero gli impegni commerciali internazionali del blocco (in quanto discriminerebbero le aziende straniere), la Commissione UE ha escluso nel ‘Data Governance Act‘ qualsiasi riferimento diretto a tali misure. Ma Thierry Breton, il Commissario UE per il mercato interno nonchè il più accanito sostenitore di tali misure, continua a sostenere che “l’Europa ha bisogno di un mercato unico dei dati, aperto ma sovrano“, in grado dunque di aiutare il blocco a diventare il continente con un’economia dei dati numero uno al mondo. Più di recente, durante la richiamata conferenza di presentazione delle nuove regole, Breton ha reiterato la necessità di proteggere i dati sensibili in Europa, e ha avvertito che “la battaglia per i dati industriali inizia ora“.

Ciononostante, finora la discussione sul tema ha portato solo alla necessità di garantire che le aziende non europee rispettino i valori dell’UE e il quadro legislativo sulla protezione dei dati (GDPR). Il ‘Data Governance Act’, infatti, prevede l’obbligo per le società extraeuropee operanti nell’UE di avere un rappresentante legale nel blocco, in modo da poter garantire l’applicazione e il rispetto delle leggi vigenti in UE. Tuttavia, data l’ambizione ampiamente sostenuta dall’esecutivo dell’UE di spingere per la sovranità digitale dell’Europa, obblighi più severi in questo ambito potrebbero arrivare nel corso dei prossimi anni.

 

 

Si prevede che nel 2021 seguiranno proposte più specifiche per sviluppare gli spazi di dati comuni: il primo passo coincide con la pubblicazione del ‘Data Act’, prevista per la fine del prossimo anno, per promuovere la condivisione sicura dei dati tra le imprese e tra le imprese e i le amministrazioni pubbliche. In secondo luogo, la Commissione UE dovrà anche tenere conto della posizione del Parlamento Europeo in materia: la relatrice socialista finlandese del dossier sui dati, Miapetra Kumpula-Natri, si è già espressa in modo favorevole sull’idea di etichettare gli attori coinvolti nel processo di raccolta ed elaborazione dei dati come “fidati” e non.

 

Resta da vedere, tuttavia, se future norme dell’UE sulla localizzazione dei dati innescheranno una reazione da parte di altre potenze globali, molto probabilmente sotto forma di politiche protezionistiche, rendendo più difficile per le imprese europee accedere ai servizi offerti da società extraeuropee. Gli Stati Uniti hanno già dimostrato di non voler sottostare ad alcuna misura protezionistica varata dall’UE, avendo contrastato in tempi record l’ipotizzata tassa sulle aziende digitali (principalmente americane) imposta dalla Francia nei mesi passati, poi eliminata. La nuova amministrazione americana, guidata dal democratico Joe Biden, dovrà affrontare anche le problematiche relative ai nuovi rapporti di forza tra i due continenti nell’ambito della condivisione dei dati.