Ministro Poletti: “L’articolo 18, se continua così, scomparirà da sé”

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E’ noto: l’articolo 18 è utilizzato per pochi casi all’anno. Ma è altresì noto come vi sia una vasta letteratura dietro il comma dello Statuto dei Lavoratori (1970) sulla sua abilità a portare dentro o fuori i confini nazionali gli investimenti stranieri. Come i guelfi e i ghibellini, forti sono le frizioni tra i protettori e i detrattori dell’art. 18.

L’ALLARME – Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, parla chiaro: se continua così, l’art. 18 scomparirà da sé. Del resto “i contratti a tempo indeterminato sono il 17%”. Nel programma di Rai3, ‘In ½ ora’, Poletti spiega l’architettura del Jobs Act: “è prevedibile che i contratti a progetto e i co.co.co. vadano via. Le partite Iva – continua – vanno cambiate, non tolte. Andrà ridefinito il perimetro di queste posizioni dentro il provvedimento che andiamo a fare”. Poletti promette: “costruiremo un nuovo quadro con contratto a tempo indeterminato e a tutele crescenti e dentro quel contratto andranno assorbite le varie forme contrattuali che oggi ci sono”.

DIALOGO E SFIDE – Il dialogo è fondamentale, certo: “è naturale e normale che teniamo in considerazione la discussione che c’è, tutte le opinioni. Ma poi la responsabilità della decisione ce la prenderemo tutta”. Il confronto sarà duro specialmente coi sindacati. Poletti parla di queste organizzazioni: “ci sono tematiche sulle quali questa discussione può andare avanti e quindi credo che questo succederà. Il sindacato liberamente sceglie sulle iniziative e decide di fare quello che ritiene, non credo che il governo abbia ragioni per agire, per impedire o non impedire manifestazioni, figuriamoci. Credo che quello che dobbiamo fare, lo abbiamo convenuto nell’incontro che abbiamo fatto la scorsa settimana insieme al presidente del Consiglio, è continuare un confronto perché ci sono argomenti sui quali è giusto e necessario farlo”. Poi sfida la Cgil, sindacato più movimentista fra tutti: “Camusso guarda ai temi del lavoro da una sua ottica, legittima, ma io credo che dobbiamo guardare ai tanti giovani che hanno contratti precari e dare maggiore flessibilità al nostro sistema economico. Ma bisogna stare fuori dall’emozionalità perché a causa dell’emozionalità l’Italia è rimasta fuori certe scelte. E’ il momento di dire sì o no e non fare mille giri di filo spinato attorno a un però”.

MINORANZA PD E METALMECCANICI – “Meglio non mettere la fiducia alla Camera. Se fosse così tuttavia la voterò, ma il Jobs act deve cambiare come ha deciso la direzione del Pd”. L’avvertimento è di Nico Stumpo, deputato della minoranza PD intervistato da ‘Repubblica’. Che parla anche della situazione all’interno del suo partito: “Il Pd è e deve restare un partito di iscritti e di elettori. Ho sentito dire che vogliamo ridurre gli iscritti perchè così i padroni delle tessere ne hanno meno. Ma è una sciocchezza epocale. Meno tessere ci sono, più i padroni delle tessere contano”. Intanto i metalmeccanici – organizzati sotto le sigle di Fim, Fiom e Uilm – manifestano a Livorno contro il Jobs Act. “Non è licenziando la gente che si creano posti di lavoro, ci vogliono investimenti pubblici e politica industriale”, lo slogan scandito da Luciano Gabrielli, della Cgil provinciale. Che aggiunge, bocciando la legge: “Il provvedimento del Governo non crea nessun posto di lavoro, occorrono investimenti in infrastrutture e innovazione tecnologica, basta con le politiche di austerità dell’Europa, bisogna investire per salvaguardare il lavoro e dare più soldi in tasca ai lavoratori e a pensionati”. Il leader della Cgil, Susanna Camusso, torna a sventolare l’ipotesi di “uno sciopero generale”. “Dopo la manifestazione del 25 ottobre e le altre iniziative dobbiamo continuare la mobilitazione e anche lo sciopero generale è una delle cose che metteremo in campo, ma nessuno pensi che sia tutto”. “Quando arriveremo allo sciopero generale – spiega – che sia davvero lo sciopero generale del Paese”. E infine un attacco al l’esecutivo “Il governo assume la piattaforma di Confindustria e non ha idea di dove portare il paese”.

 

Daniele Errera