Cosa è il Def, presentazione del documento di economia e finanza

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Ieri è stato avviato l’esame preliminare del Def (Documento di Economia e Finanza) da parte del Consiglio dei Ministri. Cosi il premier Matteo Renzi: “Non ci sono tagli e non c’è aumento delle tasse” – e le critiche degli enti locali che temono la stangata, si è consumata quella che è stata la notizia del giorno. Ogni anno, verso metà aprile, prima della sessione finanziaria che si tiene regolarmente dopo settembre, sentiamo parlare di questo fantomatico documento, di stabilità, di bilancio e di riforme. Ma che cos’è il Def?

Uno strumento di programmazione economico-finanziaria

Il Def è il principale strumento con il quale viene programmata la finanza pubblica dello stato, è presentato entro il 10 Aprile (appunto come sarà venerdì prossimo), proposto dal Governo e approvato dal Parlamento. Indica le strategie economiche da seguire nel medio periodo. Dal Def poi si passa alla Legge di Bilancio – con la quale in senso formale si indicano le entrate e le spese dell’anno solare – e alla Legge Finanziaria, ormai dal 2009 definita Legge di Stabilità – lo strumento attraverso il quale si apportano innovazioni in senso sostanziale nel bilancio dello stato (ossia prevedendo nuove entrate e uscite). Cosa che non avviene ovviamente con il Documento di Economia e Finanza, che è solamente un atto programmatico più volte modificato nei vari passaggi.

Vincoli europei

Essenzialmente il Def viene presentato così in anticipo perché deve superare l’avvallo delle istituzioni europee, in particolare della Commissione e del Parlamento. L’attuale denominazione e tempistica, prevista con la Legge 39 del 2011, ha adeguato la programmazione macroeconomica italiana alla governance europea, con la quale si definiscono le strategie di bilancio dei singoli stati membri.

 

Tre sezioni

Come è descritto sul sito del Dipartimento del Tesoro, il documento è suddiviso in tre sezioni. Nella prima troviamo l’aggiornamento del Programma di Stabilità, il documento programmatico in materia di finanza pubblica che i singoli stati membri dell’Unione devono rispettare. La seconda parte, più “italiana”, sulle previsioni degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica generalmente di un triennio. La terza sezione invece riguarda il contenuto di un altro documento europeo: il Programma nazionale di riforme, con il quale ogni paese membro descrive le riforme da attuare in base agli obiettivi del Trattato di Lisbona.

Ora sappiamo che quando si parla di “local tax”, di stretta sulle pensioni di invalidità, di crescita del Pil e di aumento dell’IVA, sono tutte previsioni, nulla di ancora reale, dato che devono passare altri mesi di controllo prima di arrivare ad una legge definitiva.