L’Europa e il volto del populismo in Occidente

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Nell’arco di soli pochi anni il XXI secolo ha assistito al mutamento repentino delle condizioni politiche, economiche e sociali dell’intero Occidente. I vecchi paradigmi storici, finanziari e civili sui quali, dalla Seconda Rivoluzione industriale in qua, l’intero mondo libero si era appoggiato con una certa sicurezza si sono trasformati, sono improvvisamente divenuti desueti, non più sufficienti al sostentamento di un presente in perenne movimento. La comunità globale attuale, collettività figlia dell’incertezza prendendo in prestito parte del titolo di un fortunato saggio di Zygmunt Bauman, risente di un diffuso quanto resiliente senso di malessere che tuttavia non si accompagna ad una decrescita economica e finanziaria uniforme. Tale sentire comune si caratterizza per un’ansia generalizzata, strumentale, nonché per una insoddisfazione di fondo nei confronti della prassi politica e dei sistemi parlamentari moderni. Il populismo che caratterizza i movimenti anti-sistema in Europa così come in buona parte dell’Occidente, ancor di più dopo la vittoria di Donald Trump, sembra ormai essersi affermato quale modello e archetipo stabile, alla ricerca spasmodica di uomini carismatici, soluzioni snelle, intuibili e metodi autoritari.

Europa: il paradosso economico del disagio

La decrescita felice, conseguenza del libero mercato e del dissennato uso del capitalismo contemporaneo, a ben vedere non vi è stata. In Europa, così come nell’intero mondo civilizzato, dal Secondo dopoguerra, la povertà è sensibilmente diminuita con andamento costante e la speranza di vita aumentata. Sembra uno scherzo, eppure non lo è. Allora come spiegare quell’innegabile senso di disagio serpeggiante un po’ ovunque?

La Banca mondiale definisce la condizione di “Povertà estrema” con una spesa media pro capite al giorno di 1,25 dollari americani (naturalmente al netto del potere di acquisto della valuta). Nel 1990, 1,926 miliardi di persone vivevano in tale situazione. Analizzando soltanto le serie storiche dell’ultimo quarto di secolo, questo fattore numerico si è più che dimezzato: 836 milioni. Gli obiettivi del millennio per la lotta alla povertà ed alle condizioni economiche disagiate delle Nazioni Unite (Millennium Development Goals) sono stati raggiunti e superati. La salute mondiale è divenuta più forte e resistente. Dal 1870, quando il livello della speranza di vita media si attestava sui 30 anni appena, l’incremento è stato stabile. I dati del 2012 mostrano una media del mondo di 70 anni, e di 80 in Europa. Sembra che il sistema dell’economia e del benessere mondiale regga ancora, ma pecchi in una fondamentale imprescindibile: la distribuzione delle risorse. Nei paesi industrializzati lo sviluppo è stato molto più lento rispetto alle zone d’influenza ed ai mercati emergenti. La risultante ha visto una erosione del reddito della classe media con il conseguente crollo della domanda interna.

Europa: le peculiarità del populismo

Questo scenario ha portato velocemente alla nascita ed allo sviluppo di movimenti e associazioni alla cui base vi è il rigetto della natura istituzionale e politica della gestione del potere. Non siamo dinanzi ad una brutta copia di quel Partito dell’Uomo qualunque che tanto fece scalpore nella neonata Repubblica Italiana, ma ad un agglomerato complesso di forze capillare che sfrutta le tematiche dell’economia, di un rinnovato nazionalismo e di una chiusura protezionista, sovente intollerante, per generare consenso.

In Europa le forze anti-sistema si contraddistinguono, con rizomi ben saldi, trasversalmente, da sinistra a destra. Le migliori performance di tali schieramenti, specie in sede comunitaria ed all’interno della rappresentanza parlamentare europea dal 2009 al 2014, hanno fatto da piattaforma per l’affermazione di volontà politiche importanti. Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, sono un esempio fulgido di velleità anti-sistema, così come anche il Movimento 5 Stelle in Italia. Sul fronte dell’identità nazionale e del rifiuto delle frontiere precostituite troviamo invece il Front National in Francia, Ukip in Gran Bretagna, PiS in Polonia, FPÖ in Austria e il Partito del Popolo in Danimarca.

Un disegno composito insomma, quello del populismo contemporaneo, manifesto ormai in tutto il mondo e con il quale i vecchi ordinamenti dovranno imparare giocoforza, pena la loro lenta dissoluzione, a duellare con efficacia.

Riccardo Piazza