Usa 2012: l’elezione che sarà

usa 2012

Dal 3 gennaio 2012, giorno in cui l’Iowa ha tenuto il suo caucus inaugurando la lunga stagione delle primarie 2012 del Partito Repubblicano, si sono susseguite ben 30 diverse competizioni, differenti tra loro per modalità di esecuzione, localizzazione geografica, dimensione e stratificazione sociale dell’elettorato di riferimento. Il campione, quindi, appare ormai abbastanza solido per poter formulare quantomeno qualche provvisoria conclusione sulla direzione che queste primarie sembrano aver imboccato e i segnali lanciati dall’elettorato repubblicano in vista delle elezioni presidenziali vere e proprie di novembre.  I punti fondamentali su cui mi concentrerò sono i seguenti:

- Mitt Romney sembra avviato verso una lunga e dispendiosa corsa a ostacoli verso la nomination;

– L’elettorato repubblicano non sembra entusiasta nei confronti di alcuno dei candidati proposti;

– Le elezioni di novembre saranno una sfida al ribasso tra due candidati deboli.

Mitt Romney e la nomination.

Stando ai più recenti conteggi dei delegati che affolleranno la convention repubblicana che ad agosto nominerà il candidato alla presidenza, Mitt Romney, nonostante le varie battute d’arresto e gli innumerevoli intralci incontrati sul suo cammino, sembra comunque saldamente in testa (essendosi garantito il sostegno del 53,5% dei delegati assegnati fino ad ora). La Tabella 1 sottostante ci aiuta a visualizzare meglio le rispettive posizioni dei quattro contendenti rimasti in campo.

 

Candidato

Voti

% Voti

Delegati

% Delegati

Romney

3.477.020

39,4%

495

53,5%

Santorum

2.286.339

25,9%

252

27,2%

Gingrich

2.106.200

23,9%

131

14,1%

Paul

949.914

10,8%

48

5,2%

TOTALE

8.819.473

100,0%

926

100,0%

Tabella 1 – Candidati, voti e delegati

 

Santorum ha vinto le due recenti competizioni in Mississippi e Alabama e sembra voler continuare con energia la sua campagna, così come ha dichiarato di voler fare anche Gingrich. Ma sebbene Romney, pur con i massicci investimenti pubblicitari della sua campagna, non sia riuscito fino ad ora a raggiungere nemmeno il 40% dei consensi (Mc Cain, candidato repubblicano nel 2008, raccolse il 46% dei consensi durante le primarie), il divario con gli altri candidati e la natura prevalentemente proporzionale delle competizioni elettorali nella maggioranza degli Stati rendono estremamente probabile una sua vittoria alla convention repubblicana di agosto. Le voci che vorrebbero il partito riunito intorno ad un nuovo possibile candidato esterno al processo delle primarie appaiono francamente poco realistiche. Inoltre, c’è da considerare che ad andare alle urne nelle prossime settimane saranno due degli Stati più popolosi, la California e New York. E, come è risaputo, gli Stati costieri sono terreno molto più favorevole a Romney che al fervore religioso di Santorum. Salvo mirabolanti e imprevedibili sorprese, il candidato repubblicano alla presidenza sarà Romney.

Senza entusiasmo.

Ciò che dovrebbe preoccupare (ed effettivamente preoccupa) le menti dello stato maggiore del Partito Repubblicano è il basso livello di entusiasmo e partecipazione che l’elettorato del partito sta dimostrando nel corso di queste primarie. Lo strumento che meglio ci permette di misurare l’entusiasmo dell’elettorato è certamente il livello di affluenza alle urne. Come si può notare nella seguente Tabella 2, l’affluenza alle urne nelle 24 maggiori competizioni svoltesi fino ad ora è scesa, rispetto al 2008, del 6,4%.

 

STATO

VOTANTI 2012

VOTANTI 2008

DIFFERENZA

Iowa

101.843

118.696

-14,2%

New Hampshire

201.316

239.315

-15,9%

South Carolina

593.023

445.499

33,1%

Florida

1.650.990

1.949.498

-15,3%

Nevada

32.894

44.315

-25,8%

Minnesota

48.773

62.837

-22,4%

Colorado

65.830

55.845

17,9%

Maine

6.172

5.491

12,4%

Michigan

968.148

869.169

11,4%

Arizona

502.898

467.762

7,5%

Washington

49.015

411.750

-88,1%

Georgia

894.365

960.372

-6,9%

Ohio

1.188.370

1.010.864

17,6%

Tennessee

541.796

549.515

-1,4%

Virginia

265.570

487.478

-45,5%

Oklahoma

283.531

334.980

-15,4%

Massachusetts

361.392

497.531

-27,4%

Idaho

44.655

125.570

-64,4%

North Dakota

11.349

9.785

16,0%

Alaska

13.185

11.260

17,1%

Vermont

58.551

36.730

59,4%

Kansas

29.605

19.516

51,7%

Alabama

607.884

563.822

7,8%

Mississippi

286.854

136.527

110,1%

Total

8.808.009

9.414.127

-6,4%

Tabella 2 – Affluenza alle urne

(per continuare la lettura cliccare su “2”)

La tendenza dell’affluenza alle urne appare estremamente variabile da Stato a Stato ed è certamente influenzata da fattori locali, provenienza dei candidati e modifiche alle regole delle primarie che hanno avuto luogo in vari Stati in vista di questa tornata 2012. Il dato complessivo del calo nell’affluenza alle urne rimane però di fondamentale rilevanza. In particolare, questo calo diventa estremamente significativo tenendo in conto il grado di polarizzazione che la presidenza Obama ha iniettato nell’elettorato americano. Se la risposta di un elettorato presumibilmente motivato dal desiderio di scacciare Obama dalla Casa Bianca è inferiore a quella che lo stesso elettorato ha fornito nel 2008, all’apice delle frustrazioni post-presidenza Bush, il Partito Repubblicano dovrebbe seriamente interrogarsi sulla qualità del ventaglio di candidati offerto ai propri sostenitori.

Uno sguardo (preventivo) a novembre.

Aldilà delle scaramucce interne al Partito Repubblicano, ciò che conta davvero è il confronto di novembre, quando gli Stati Uniti decideranno se sia il caso o meno di concedere un secondo mandato a Barack Obama. Dando uno sguardo ai sondaggi e più che altro all’atmosfera che si respira al momento riguardo alla competizione di questo autunno, l’impressione è che a sfidarsi saranno due diverse debolezze. Una, quella del Presidente uscente, che nonostante il ragionevole carnet di soddisfazioni che la sua presidenza può avergli offerto, rimane inviso alla maggioranza dei cittadini. Dall’altra, quella di un partito repubblicano che fatica a motivare i proprio elettori, appare fragile e frammentato al suo interno e, soprattutto, non è in grado di contrapporre una figura di spessore e carisma neanche lontanamente simili a quelli del presidente Obama. Azzardare previsioni ad oltre sette mesi dalle elezioni è esercizio inutile e pericoloso, dato l’ampio spettro di eventi che potrebbero influenzare le scelte di un elettorato sempre comunque molto volatile. Ciò non toglie comunque che non si possa negare che al momento la sfida posta dai Repubblicani ad Obama, sebbene seria e fondata su elementi tematici forti (occupazione, ruolo internazionale degli USA, scelte etiche), non appare essere abbastanza minacciosa. Il Presidente, sebbene non possa dormire sonni del tutto tranquilli, per il momento puó quantomeno continuare a sonnecchiare.