Dopo la Seconda, viene la Prima

Dopo la Seconda, viene la Prima

 

La paura della nostra classe politica di guardare avanti e di affrontare il futuro a viso aperto, noi elettori, non la scopriamo di certo oggi. Quello che più scoraggia dell’accordo sulle riforme elettorali e costituzionali, raggiunto da Alfano, Bersani e Casini è proprio la paura di andare oltre (verrebbe da dire di andare alle urne) e provare a disegnare un futuro per questo paese. La sensazione è che gli italiani, invece, la desiderino davvero una politica diversa. Diversa da quella di oggi, come da quella di vent’anni fa.

Per obbligo di chiarezza, procediamo con ordine. ABC, hanno trovato un accordo base sulle riforma costituzionale e soprattutto su quella che dovrà essere la nuova legge elettorale. Per quanto riguarda le grandi modifiche alla costituzione è meglio andarci piano e non parlare di giochi fatti. In questi anni di proclami ne abbiamo sentiti tanti e trovare un ampio accordo su riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento dell’esecutivo, e sfiducia costruttiva potrà richiedere del tempo, forse troppo.

Per la legge elettorale invece i tempi sono più brevi e le forze politiche, soprattutto le tre di maggioranza sanno che sarebbe un vero scandalo non cestinare il Porcellum e hanno trovato un primo accordo su come modificarlo. Qui però sembrerebbero finire le buone notizie. Se da una parte infatti ABC concordano (e ci mancherebbe) sulla reintroduzione delle preferenze in collegi uninominali e sull’indicazione per ogni partito del candidato premier, dall’altra si fanno tre passi indietro con la volontà, dichiarata nel comunicato congiunto, di svincolare i partiti dall’obbligo di coalizione pre-elettorale; che in sostanza significa “vediamo chi prende più voti e poi decidiamo che coalizioni fare per governare”. A qualcuno questo meccanismo ricorderà qualcosa. Claudio Cerasa su “Il Foglio” l’ha definito una Prima Repubblica 2.0 in cui i governi vengono di nuovo decisi dai leader di partito e non dagli elettori, che di conseguenza si ritroveranno a votare senza sapere chi effettivamente andrà a governare. Un ritorno al passato, ad un passato che aveva stancato e aveva già fallito una volta.

Trovare un nome a questo nuovo sistema elettorale non è stato difficile. In tanti lo battezzano già “Casinum”, sia per la situazione che verrebbe a creare, e sia per il ruolo che il leader dell’Udc giocherebbe in un sistema come questo. Alla luce dei fatti, il futuro centro di Casini sarebbe il perno di qualsiasi governo scegliendo di volta in volta, e sempre dopo le elezioni, con chi allearsi.

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Troppe analogie con la Prima Repubblica per non credere di essere nel bel mezzo di un passo indietro. Rispondere alla voglia di politica dei cittadini, con una legge che privilegia gli accordi fra direzioni di partiti sembra veramente assurdo, e lascia un po’ perplessi. Nel momento in cui il sistema delle primarie sta finalmente attecchendo, a destra come a sinistra, svuotarlo di significato così (le primarie di coalizione diverrebbero di fatto inutili) non sembra un gesto lungimirante che risponde alle esigenze di modernità. D’altronde sarebbe oltretutto abbastanza triste ritrovarci qui, fra cinque o dieci anni a veder dire a questi stessi politici che il “Casinum” era stato un grosso errore. Non dimentichiamo che bene o male si tratta della stessa classe politica che approvò il Porcellum salvo poi rimangiarsi tutto e far finta che qualcuno l’abbia dettato dall’alto come i 10 comandamenti a Mosè.

Non è populismo, non è antipolitica, è solo che per una volta si percepisce finalmente la voglia del paese di andare avanti, di voltare pagina e non vorremmo che qualcuno la bloccasse coercitivamente. Sarebbe davvero un peccato farsi bloccare dalla paura di migliorarsi. Basta d’altronde leggere le reazioni di quasi tutti i quotidiani a questo abbozzo di riforma e i commenti sui social network per capire quanto ABC siano lontani dalle richieste della società civile.

Quasi tutti i quotidiani, perché per esempio ce n’è uno che ha mostrato particolarmente di gradire questo primo accordo. Si tratta di Avvenire.

A proposito di Prima Repubblica…