Viaggio in un fazzoletto indipendente chiamato Abkhazia

Qualche mese fa il presidente dell’Abkhazia Alexandre Ankvab è sopravvissuto a un attentato terroristico nella capitale Sukhumi. Ankvab, eletto nell’estate 2011, ha preso in mano le redini del piccolo paese “indipendentista” per traghettarlo verso la normalizzazione e soprattutto verso il pieno riconoscimento formale in seno al consesso delle Nazioni Unite.

L’accaduto è stato il segnale di una forte instabilità, in una nazione che tende ad essere normale. L’Abkhazia, è una piccola nazione di circa 250 mila abitanti, che si estende per circa 8mila km quadrati su un territorio che si affaccia sul Mar Nero a ridosso delle montagne caucasiche, protraendosi a nord-ovest verso la Russia (con la quale confina) in quella che fino a poco tempo fa, era ancora terra di Georgia a tutti gli effetti dalla quale si è autoproclamata indipendente nel 1992, diventando autonoma de facto nell’agosto 2008. Il riconoscimento formale dell’indipendenza abkhasa è arrivato soltanto da parte di cinque nazioni. La Russia, riconoscendo quasi immediatamente l’indipendenza sia di “Sukhumi”, sia dell’Ossezia del Sud, trasformava di fatto entrambe le “nazioni” in protettorati russi e muovendo guerra alla Georgia contribuiva ad agevolare la vittoria dei separatisti abkhasi e osseti. Oggi la posizione ufficiale dell’Ue e dell’Onu è ancora quella del non riconoscimento formale.

La particolarità di questa regione sta nella bellezza e nel fascino dei suoi luoghi. Incantevole e pittoresca, dal clima mite e temperato, ricca di charme e di suggestione, questa terra lascia paralizzato il visitatore che contempla i suoi paesaggi costieri e montani, o che attraversa i suoi vigneti dai quali si produce un vino delizioso. Questa terra baciata dagli “antichi dei del Ponto” è stata scelta ormai da tempo come meta turistica, sia da politici russi, sia da élite di vacanzieri europei, che hanno deciso di acquistare qui le loro dacie e i loro chalet caucasici.

L’Abkhazia è composta da abkhasi-circassi (circa 100mila individui, per metà cristiano-ortodossi e per metà islamici) e da “quasi-georgiani” (circa 150mila abitanti esclusivamente cristiano-ortodossi). Pertanto il 75% della sua popolazione professa la fede cristiano-ortodossa; mentre la rimanente parte quella islamica. La lingua abkhasa, invece, è molto simile alle parlate presenti nella vicina Adighezia.

La storia dell’Abkhazia è fatta di dominazioni straniere, di migrazioni forzate e di continui ripopolamenti. Molti etnologi sostengono che i georgiani e gli altri popoli affini ad essi (tutti di fede cristiana), abbiano abitato questa regione sin da tempi remoti. Altri ritengono al contrario, che le popolazioni abkhase siano genti autoctone della regione, di stirpe circassa (e dunque di fede islamica), costrette a lasciare le loro terre in seguito alla ri-colonizzazione dell’intera area da parte dei russi e dei georgiani. La presenza invece di una cospicua minoranza di armeni (anch’essi di fede cristiana) porta a pensare che i vari patriarcati armeni abbiano spinto le proprie genti a stanziarsi recentemente proprio in questa terra.

Comunque sia, l’Abkhazia nel 1992 ha adottato una bandiera carica di significati assai nobili: in essa compaiono un antico stemma medievale raffigurante una mano aperta e una serie alternata di strisce orizzontali bianche e verdi simboleggianti la pacifica convivenza tra fede cristiana (in bianco) e fede islamica (in verde). Indipendenza o meno, di certo appare chiaro che la storia di queste genti non potrà mai dirsi distante né dalla vicina Tbilisi né dalla lontana Mosca.

Da East Journal

di Enzo Nicolò Di Giacomo