Il Carroccio resisterà alla fine del suo dominus?

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La domanda è sempre la stessa? La Lega Nord continuerà a vivere dopo la fine politica di Umberto Bossi? Quali prospettive di vita ci sono ancora per il Carroccio?

La domanda è quanto mai interessante nella misura in cui molti commentatori italiani trattano in maniera molto approssimativa la questione. Secondo molti infatti la Lega Nord è un partito politico destinato al fallimento e ad una lenta agonia a seguito delle dimissioni del suo padre-padrone.

E’ un’analisi comprensibile, ma solo parziale.

Occorre infatti tenere presenti ben due distinti elementi: le dimissioni di Bossi da una parte (che comprendono lo spinoso tema della leadership futura della Lega) e il problema legato ai fondi pubblici che il Carroccio avrebbe utilizzato per favorire le vicende personali della famiglia del Senatùr e il Cerchio Magico.

Possiamo dire senza alcun dubbio che nel caso di un’ipotetica fine politica del movimento con sede a via Bellerio il secondo elemento (lo scandalo giudiziario) si farà sentire maggiormente rispetto alle dimissioni di Bossi.

Ciò che infatti può compromettere seriamente la struttura della Lega non è tanto un cambio di leadership ma l’omologazione con le altre forze politiche. Il timore non è tanto che con Bossi cadano e si concludano definitivamente le istanze di un certo tipo di autonomismo, bensì il fatto che si è predicato bene ma poi si è razzolato molto male.

Questo crea una situazione al limite del paradossale: l’ignavia e le debolezze della Lega Nord, che è stato per quasi un decennio alla guida con Berlusconi di questo paese, possono essere una delle cause di resistenza del movimento stesso.

La Lega Nord infatti è un movimento politico composto da varie realtà. In primis dalla Lega Lombarda di Bossi che però seppe trovare un accordo federativo con altre “nazioni” e con movimento come la Liga Veneta (che esisteva già prima di quella Lombarda) e altri movimenti politici locali in Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Liguria ecc…

Il successo di quel progetto politico consisteva nell’aver unificato singole e differenze istanze politiche all’insegna di una critica serrata nei confronti di uno stato considerato troppo centralista e inefficace (attraverso la sua odiata “partitocrazia”). Ciò portava ad un carico fiscale elevatissimo da parte soprattutto del cosiddetto “popolo delle partite Iva” del nord Italia timoroso di versare troppo denaro allo stato senza poi ricevere servizi efficienti.

In questa grande trasformazione sociale che ha portato a questo “idem sentire” in parte del settentrione d’Italia sta il successo della Lega Nord e di Umberto Bossi che all’insegna del federalismo e di queste rivendicazione sociali e politiche si è potuto addirittura permettere di inventarsi una realtà nazionale e geografica inesistente come la “Padania”.

Negli anni tutti i progetti all’insegna del federalismo e della devolution (la fase secessionista del Carroccio corrisponde quasi sempre alle sue fasi d’opposizione estrema al governo) sono miseramente falliti. Basti pensare al risultato del referendum confermativo del 2006 che buttò in alto mare le aspirazioni di Calderoli e company.

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Sostanzialmente possiamo dire che lo stato centrale in Italia è ancora abbastanza forte rispetto a 25 anni fa. E nonostante qualche mossa costituzionale (riforma del Titolo V°) di federalismo in Italia c’è ancora poco.

Di conseguenza possiamo dire che proprio l’insuccesso della Lega Nord sui suoi principali temi rende tremendamente attuali le ragioni che portarono alla nascita dello stesso movimento del Carroccio.

Ciò può essere un avviso alle altre forze politiche (che aggiustando certe strutture dello stato possono togliere elementi politiche agli istinti leghisti) sia ad una futura leadership della Lega (Maroni in primis) che pur differendo nei modi e nei toni da Bossi avrebbe ancora materiale politico per svolgere una battaglia programmatica di questo tenore.

Ma per farlo la pulizia interna al partito deve funzionare. Altrimenti, quando Maroni o chi per lui attaccheranno lo stato centrale dei partiti al potere, sarà difficile per gli elettori del nord scorgere qualche differenza tra il simbolo elettorale con Alberto da Giussano e gli altri.