Se Grillo sfonda il muro del 7 per cento: è soltanto antipolitica?

Se Grillo sfonda il muro del 7 per cento: è soltanto antipolitica?

 

Il Cinquestelle vola nei sondaggi e in molti cominciano a preoccuparsi. Probabilmente a ragion veduta

E’ bastato un sondaggio di SWG che assegna al movimento Cinquestelle di Beppe Grillo il 7,2% nelle intenzioni di voto degli italiani a creare il panico, soprattutto a (centro) sinistra. Sia Bersani, sia Vendola hanno espresso forte preoccupazione al riguardo: il primo ha parlato di “apprendisti stregoni” e il secondo di populismo che conduce, come in passato, a regimi totalitari. Entrambi i leader non esitano a parlare di antipolitica. Ma è davvero così?

Intanto, un primo dato, anche se poco scientifico. Il tema Grillo è talmente caldo che oggi ne ho parlato in un post e si è sollevata una valanga di commenti, ma il dato interessante è che, depurando i soliti pareri facili del tipo “andate tutti a lavorare”, sono quasi tutti buoni commenti dal punto di vista qualitativo. Per capirci, non accade lo stesso quando parlo della Lega o anche del premier.

Ma andiamo avanti. Del tema si è occupato ad esempio Vittorio Zucconi, nel suo blog su Repubblica, descrivendo con un po’ troppa – a mio avviso – sufficienza un fenomeno quasi fisiologico, associato a una quantità di cittadini da sempre pronti “a votare per qualsiasi partito, movimento, magliaro, pifferaio magico, incantatore di serpenti, tribuno, visionario più o meno disinteressato e in buona fede che agitasse forconi e si proclamasse fuori da sistema o anti sistema”, citando anche il Fronte dell’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, che riuscì a inviare 30 deputati all’Assemblea Costituente per poi perdersi, negli anni successivi, tra liberali, monarchici e missini. La tesi di Zucconi è: tutti questi movimenti, Grillo compreso, quando arrivano alla prova del nove, ossia a governare, si fermano prima. Il Cinquestelle ha dalla sua la Rete, che per Zucconi “funziona da cassa di risonanza e crea l’impressione che i ribelli e gli antisistema siano molto più numerosi, ma, fino a prova contraria, è un effetto ottico“. Lo sapremo presto, perché facilmente, a meno di leggi elettorali astruse con sistemi di sbarramento a doppia cifra, qualche grillino deputato ci sarà. Però, ripeto: siamo sicuri che si tratti solo di un effetto ottico?

Peter Gomez, nel suo blog sul Fatto quotidiano, è di avviso opposto. Intanto, “scompone” la persona Beppe Grillo dal movimento, il quale – come noto – ha raggiunto risultati sorprendenti alle amministrative del 2011 portando molte sue persone nei consigli comunali. Tutti giovani e, aggiungo io, tutti esponenti della “società civile” tanto cara a Walter Veltroni, ma che a lui è tornata indietro come un boomerang (vedi il “caso” Calearo). Gomez parte dalla presenza dei grillini negli enti locali per smontare la tesi dell’antipolitica: “Gli osservatori attenti e in buona fede, infatti, non possono negare che l’attività degli attivisti e dei rappresentanti dei cittadini fin qui eletti nei comuni e nelle regioni, dimostra proprio il contrario. La scelta di rinunciare ai finanziamenti pubblici, di mettere un tetto al numero di candidature consecutive, la presenza di programmi precisi, sono un fatto politico“. Innegabile: con che diritto Bersani e Vendola possono parlare di antipolitica?

Rimangono, certamente, alcuni nodi. Il primo, che sottolinea lo stesso Gomez, è lo stile di Grillo, che in molti associano alla Lega: in effetti, i suoi “vaffa” a quasi tutti i politici non si differenziano molto dalle pernacchie o dal dito medio di Bossi. Senza parlare delle sue – queste sì, davvero populiste – boutade come quella di disegnare Mario Monti (da lui soprannominato “Rigor Montis”) in una bara. Inoltre, Gomez correttamente cita l’intransigenza di Grillo “nei confronti di chi la pensa diversamente da lui o esercita il diritto di cronaca e di critica”. Ma al di là di ciò, continua, “il movimento Cinquestelle è vivo e vuole crescere. E questo oggi, in un mondo popolato da partiti e leader ormai (politicamente) morti, è già tanto”.

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Il secondo grande nodo è quello del Cinquestelle contro tutti, che a rigor di logica non può perdurare. E’ dovuta forse a questo la sufficienza di Zucconi nei confronti del movimento e sarà questa la vera prova per i suoi rappresentanti quando, ad esempio, un giorno uno di loro  potrebbe trovarsi in commissione Bilancio insieme a deputati dei tanto sbeffeggiati Pdl del “nano pelato” Berlusconi, Pd meno elle e Udc di “Azzurro Caltagirone” Casini. Tutti, come noto, nomignoli che Grillo tira fuori dalla sua originaria professione di comico. Oggi, però, per ridere – anche amaramente – gli italiani guardano Crozza: invece, da Grillo e dai suoi adepti si aspettano altro. Il Cinquestelle saprà farsi trovare pronto all’appuntamento?

Ciononostante, io sarei cauto a parlare di antipolitica, anche perché la politica di professione, per citare Max Weber, continua a essere cieca e sorda di fronte a certi segnali. Le modifiche all’acqua di rose sul finanziamento pubblico ai partiti proposte da Alfano, Bersani e Casini, ad esempio, fanno dire al coordinatore di Generazione Futuro (Fli) Gianmario Mariniello che il trio ABC assomiglia “a coloro che ballavano mentre il Titanic affondava” e che il loro comunicato “è il miglior assist per Beppe Grillo“. Il quale, probabilmente, ringrazia. Ne vedremo ancora delle belle.