Le Gabbie e non Gabbie. Di Gobettiano

Le Gabbie e non Gabbie. Di Gobettiano

 

Le gabbie salariali, terminologia velocemente modificata in salari territorialmente diversificati, sono state una delle numerose uscite estive del ministro bossi. La motivazione della diciamo mmmmmhhh! frettolosa proposta è stata l’indagine svolta da BanKitalia la quale dimostrava che il costo della vita è diverso nelle varie aree del paese: maggiore al Nord, più basso ne Mezzogiorno.

Come si fossero scatenati stormi interi di vespe, le polemiche, le prese di posizione si sprecano. In molti casi si sostiene la necessità e l’equità della diversificazione territoriale dei salari se il potere d’acquisto è diverso. Le gabbie salariali sono uno strumento che più statalista e centralista non si può e causa di distorsioni ed iniquità incommensurabili.

Vorrei subito dire che dovremo imparare che il termine ‘equità’ tanto attraente e simbolico va preso con le molle. La nostra legislazione è strapiena di leggi, norme, codicilli, regolamenti, circolari e codici ricchi di ottimi intenti equitativi eppure non mi pare che di equità ce ne sia poi tanta. In secondo luogo, la teoria economica dice che la determinante del salario in un normale mercato del lavoro libero e concorrenziale è il gioco di domanda ed offerta di lavoro. Un meccanismo per determinare il livello dei salari secondo parametri di merito è la produttività. Ne consegue che il mero costo della vita non c’entra molto. Ma fa molto ‘politicamente corretto’ parlarne anche a costo di dimostrare una poco accurata conoscenza tecnica dell’argomento. Dunque domanda ed offerta di lavoro sono gli elementi determinanti di cui parlare anche se di questi tempi parlare di mercato o di teoria economica è poco popolare. Ma siccome parliamo del Sud Italia, le cose si complicano e si intrecciano tra politica ed economia. Dunque la domanda e l’offerte di lavoro funzionano come normale nel senso che a salati più alti corrisponde una diminuzione della domanda di lavoro e viceversa a salari più bassi.

Il grafico di seguito, fornisce una visualizzazione mi auguro comprensibile delle curve, dl salario X dell’occupazione Y e del punto di equilibrio Z.

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il secondo grafico mostra che se aumenta la domanda di lavoro (la curva si sposta a destra), aumentano sia i salari da x ad x1 che l’occupazione da y ad y1 ed il punto di equilibrio z1

 

Questi grafici rappresentano un mondo perfetto ma visualizzano che salario ed occupazione si muovono indipendentemente dal costo della vita che in questo banale schema proprio non c’è neppure per sogno e se ci fosse sarebbe pressoché lo stesso. Salario ed occupazione sono funzione del rapporto tra domanda ed offerta. Punto!
Nel mezzogiorno, domanda di lavoro bassa ed offerta di lavoro alta, nella concretezza della realtà renderebbero utile abbassare il livello dei salari come sistema capace di far crescere la domanda di lavoro che fa salire anche le retribuzioni. Di fatto, differenze di salari nel settore privato già esistono e la ricerca dell’equilibrio tra domanda ed offerta di lavoro, viene fatta in maniera autonoma ed artigianale oltre che spicciativa ma illegale attraverso il lavoro nero la cui diffusione è piuttosto ampia. A proposito di equità. Una strada siffatta richiede un passaggio in Italia difficilissimo: considerare, come tipico nelle democrazie liberali, quello del lavoro un ‘Mercato’ . Si comprende subito che LA difficoltà è stata e sarà questa. Troppo facile e demagogico parlare appassionatamente di equità ed uguaglianza avendo assistito inerti per decenni ai guai ed alle tremende ingiustizie che proprio l’assenza rigorosa del mercato ha generato. Nel lavoro ed in ogni altro aspetto dell’economia del Mezzogiorno e dell’Italia intera. Nel mezzogiorno il mercato è stato sostituito dal mercato delle vacche, delle clientele, delle tessere e dalla incapacità di una intera classe dirigente avvezza a reclamare quattrini da scialacquare a ritmo di tarantella.
Un altro elemento da considerare come negativo è la rigidità del mercato del lavoro intesa come bouquet di norme e regole precise ed analitiche sino ad ul livello abnorme di dettaglio con l’ulteriore connotazione negativa di una definizione centralistica ed un campo di applicazione unversale sia giuridicamente che territorialmente. Una attenta analisi è stata condotta dalla Banca d’Italia che ha prodotto lo studio dal titolo ‘Rigidità nel mercato del lavoro, disoccupazione e crescita‘, esattamente i temi che ci occupano. L’analisi ha un profilo marcatamente tecnico-scientifico. Non è certo l’ultima produzione dell’Istituto in argomento sichè il motivo della segnalazione sta oltre che nello spessore del documento nella data di pubblicazione: 1999. Dieci anni fa’. Il che in periodi di velocizzazione dei processi e dei tempi la dice lunga sulla necessità e sull’urgenza della questione.

L’accordo CONFINDUSTRIA-Sindacati (senza la CGIL)circa la contrattazione di secondo livello è un inizio che già troppo modesto pure trova resistenze e mille distinguo ma è l’unico modo possibile per avviare un processo di crescita economica e sociale nel Mezzogiorno.
E’ chiaro che processi di questo tipo implicano interventi ulteriori nel ricollocamento al lavoro, nella ristrutturazione degli ammortizzatori sociali ed altro ancora ma gli effetti saranno più evidenti e massicci nel lungo termine temporale. Se il processo si innesca efficacemente e funziona, le preoccupazioni per il Nord Italia non finiscono affatto. Se infatti l’economia del Sud comincia a crescere per davvero come possibile, il Sud teoricamente potrebbe attrarre investimenti dal NORD proprio per le migliori condizioni di costo del lavoro e questo ‘spostamento’ si ripercuoterebbe a sua volta sui mercati del lavoro e sull’economia del NORD. Ma questo è un altro discorso temporalmente spostato in avanti. Mentre è il caso di occuparsi e subito di Mezzogiorno e di larga, veloce applicazione dei nuovi modelli di contrattazione.

di Gobettiano ed il suo omonimo Blog su “LaStampa.it”.