Le imprese parlino Inglese

sondaggi, PMI: piccole e medie imprese

Il management sia delle imprese che delle pubbliche amministrazioni non può né deve rimanere in retroguardia quando con sempre maggior forza il cambiamento stesso diviene la cifra che connota gli scenari entro i quali le imprese devono operare.

 

 

La globalizzazione, l’entrata in scena di paesi in rapido sviluppo con il corredo i nuovi competitori aggressivi e determinati; le liberalizzazioni in alcuni paesi; l’integrazione dei mercati; l’incalzare delle sensibilità ambientali; le aspettative degli investitori, l’attivismo dei fondi di Private Equity (dove largamente e positivamente operano); la rilevanza degli stakeholder, dei portatori di interessi verso l’impresa; il ruolo crescente dei consumatori nel processo di interrelazione con l’impresa; l’introduzione accelerata di nuovi strumenti informatici e telematici; l’accelerazione dei processi. Tutto questo è l’insieme di vincoli ed opportunità che un adeguato management deve disporre opportunamente per conseguire gli scopi di breve e lungo termine dell’impresa.

La competitività di un’impresa non è più  pensabile derivi dalla sola gestione dei fattori produttivi ma da un processo di scelte multidimensionali ed interrelate fatte di alternative diverse attraverso il quale si individuano, si disegnano e si realizzano nuovi modelli organizzativi e gestionali e nuovi modelli di business caratterizzati dall’elevata efficienza, dalla forte flessibilità e dalla velocità nell’adeguamento a mutati fattori esterni ed interni. Le tipologie più avanzate ed evolute di management tipicamente generate nelle grandi imprese devono di necessità trasferirsi in quelle aziende di minori dimensioni che abbiano l’ambizione di crescere e consolidarsi. L’internazionalizzazione, l’apertura di nuovi mercati sono gli esempi classici insieme ai casi di delocalizzazione delle produzioni. Altrettanto vale per l’utilizzo delle più sofisticate pratiche relative alla gestione finanziaria dell’impresa stretta tra le necessità di conseguire risultati di profitto a breve termine a favore degli azionisti e le esigenze di lungo termine indispensabili a sostenere crescita, nuovi investimenti e consolidamento .

Questi aspetti e tutti gli altri connessi alla gestione avranno senso se connessi ad un continuo processo di ricerca ed innovazione che esca dal ristretto ambito degli uffici R&D e si estenda sinergicamente a tutta l’impresa ed a tutta la filiera produttiva andando a rompere lo schema di procedure, processi e sistemi troppo rigido e tendenzialmente burocratico snellendolo con la valorizzazione delle persone allo scopo di spostare il focus verso proattività, spirito di iniziativa, responsabilità, orientamento all’innovazione ed al team. E’ il passaggio dalle economie di scala e di scopo all’economia che includendo il consumatore, le sue esigenze, le sue sensibilità viene definita esperienziale, quella delle 3F Fantasies, Feeling and Fun e rappresenta il completamento, almeno fino ad oggi, dell’evoluzione del management le cui potenzialità sono intuibili dalla figura che segue.

La figura che segue intuitivamente mostra il passaggio graduale verso l’economia esperienziale che migliora le potenzialità competitive dell’impresa (asse delle Y) ed il correlativo migliorare delle suscettibilità positive nella fissazione dei prezzi (asse delle x).

 

 

Dal grafico, mi auguro si comprendano le motivazioni per le quali cambiare l’impresa diventa vitale ma impone che l’impresa si doti di efficienti sensori che restituiscano all’impresa tempestivi ed affidabili segnali delle tendenze dei consumatori ad ulteriori cambiamenti che essa dovrà precedere per poter continuare a detenere una posizione competitiva e quindi crescere e prosperare.

Senza procedere oltre, l’intento qui è stato quello di sottolineare che le crisi si affrontano con il cambiamento o con le ristrutturazioni a loro volta possibili a condizione che sia presente adeguata cultura d’impresa oltre ad un complesso di esternalità funzionali allo scopo.

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A proposito di esternalità, il contesto finanziario. L’impresa per operare e soprattutto per ristrutturarsi necessita di una adeguata gestione finanziaria che possa accedere ai mercati finanziari per reperire le risorse. Serve dunque che il serbatoio delle risorse superi i confini ed i limiti del perimetro dell’imprenditore proprietario o quelli del finanziamento bancario tradizionale. Già questo è un elemento vissuto come dissuasivo in non pochi casi. Ma quand’anche non fosse così, dovremmo chiederci anche in periodi di finanza demonizzata se il sistema bancario-finanziario italiano offra adeguate potenzialità/disponibilità di rispondere alle esigenze delle imprese verso crescita e consolidamento. Ci limitiamo qui ad osservare che la scarsità di Fondi di Private Equity pesa non certo positivamente alla pari della non adeguatezza del sistema bancario tradizionale magna pars e principale fonte del finanziamento. È un aspetto che ben evidenzia un grafico di fonte BankItalia che evidenzia alcuni altri ostacoli che si frappongono alla crescita delle imprese

 

 

Abbiamo prima parlato di cultura d’impresa. E’ il punto cruciale. Lo scenario italiano da questo punto di vista mostra ampi margini di miglioramento. La presenza di un tessuto di troppe imprese “padronali” che tali rimangono pur avendo una veste giuridica societaria, insieme alla dimensione media troppo piccola delle imprese, sono limitanti fattori di rigidità. Limiti culturali di spessore sono un muro rispetto all’introduzione di buone pratiche manageriali e di management  esterno le cui competenze rimarrebbero indispensabili, preziose quand’anche nell’impresa la discendenza dell’imprenditore fosse dotata di adeguati skills. Nella logica di cui qui facciamo cenno, il capitale umano ed il capitale organizzativo diventano le risorse per eccellenza e dovrebbero funzionare da semi che fecondino l’intera impresa. Non a caso nel grafico che precede essi sono indicati quali fattori che ostacolano la crescita. A questo riguardo, la carenza di risorse di management andrebbe approfondita ed estesa nel senso di dover rilevare, ad esempio, la rarità di elevate professionalità nel settore informatico o la più generale discrasia tra esigenze delle imprese e potenzialità di offerta del sistema di istruzione. E’ troppo lenta la necessaria transizione verso l’economia della conoscenza e dei saperi.

Analogamente per la “gerontocrazia”: riveste un ruolo l’età anagrafica dell’imprenditore che, correlata alle potenzialità di performances dell’impresa, mostra gli andamenti chiariti nel grafico che segue (Fonte Banca d’Italia)

 

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Dagli elementi che precedono deriva l’approccio verso l’utilizzo dell’ICT. ICT è uno strumento vitale per la crescita della produttività del lavoro e delle imprese rispetto al quale, di nuovo l’Italia è in ritardo. Dai dati di BankItalia emerge il quadro che segue a segnalare l’impatto (ad esempio) sul valor aggiunto di una serie di elementi tra i quali rileva proprio il ruolo non centrale riservato alla ICT

 

 

Ma la ICT assume un ruolo aggiuntivo e parimenti significativo e determinante nel supporto al management. La complessità delle scelte, la numerosità delle variabili, le correlazioni possibili tra le variabili in gioco e la multidimensionalità dei diversi scenari da prefigurare per operare rendono l’infrastruttura informatica una leva strategica insostituibile della gestione per scenari. Insostituibile anche come strumento per mantenere vive le interazioni con consumatori attraverso gli irrinunciabili CRM (Customer Relationship Management) essenziali all’economia esperienziale. A margine, rilevo che si parla di sofisticatissime applicazioni web based il cui utilizzo dipende dalla disponibilità di banda larga. Perché tutto questo accada, è indispensabile che nell’impresa esistano le condizioni imprenditoriali, organizzative e gestionali. Serve il capitale umano ed il capitale organizzativo. Tutto si tiene. E si ritorna per questa via al livello di cultura d’impresa esistente, al livello dell’imprenditore, al retroterra culturale senza il quale il meccanismo s’inceppa.

Non vogliamo disegnare uno scenario tragico: l’Italia è ricca di imprese moderne, ben gestite, aggressive, innovative, internazionalizzate. Il punto è che da un canto queste imprese devono ulteriormente implementare il loro dinamismo competitivo ma per farlo necessitano di un contesto paese non disincentivante. D’altra parte esse sono tante ma sono troppo poche. Il sistema paese è un ostacolo del tutto privo di incentivi al cambiamento, alla crescita, alla competitività, alla meritocrazia ed alla acquisizione ed alla professionalizzazione delle competenze.

Gli argomenti affastellati uno di seguito all’altro ci riportano alla dimensione di sistema paese. C’è disperato bisogno di riforme, liberalizzazioni, certezza del diritto, concorrenza e mercati che funzionano. Pensare ad un sistema imprese che cresca in assenza di una cornice incentivante è una pura illusione che rischiamo di pagare a carissimo prezzo.

 

 

Volendo cominciare ad approcciarsi ad alcuni temi su management, innovazione ed ICT