Tassa sicurezza informatica: stop addebito in busta paga ai dipendenti

La tassa sicurezza informatica può gravare sui dipendenti? È quello che ha chiesto una società all’Agenzia delle Entrate. Ecco come ha risposto.

Tassa sicurezza informatica: stop addebito in busta paga ai dipendenti

Una tassa sicurezza informatica finalizzata alla tutela dei dati sensibili e delle informazioni personali dei propri dipendenti può gravare sulle buste paga dei dipendenti stessi? Questa è la domanda che una società ha posto all’Agenzia delle Entrate, richiedendo chiarimenti sulla tassazione di questo servizio. Con la Risoluzione n. 77/e, pubblicata lo scorso 12 agosto 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una risposta completa al quesito. No: la tassa sicurezza informatica non può pesare sui dipendenti.

Tassa sicurezza informatica: il quesito

Se un’azienda sostiene delle spese per un servizio di tutela dei propri dipendenti contro gli attacchi informatici, questo costo non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente. Per questo motivo non è possibile tassare tale costo nelle buste paga dei lavoratori. La società in questione si occupa di distribuzione dei servizi di monitoraggio del dark web tramite una relativa piattaforma il cui scopo è quello di minimizzare il rischio di furto di dati sensibili. Tale servizio è stato erogato anche ai dipendenti e per questo motivo la società preposta, che opera come sostituto d’imposta, si è interrogata sul trattamento tributario da riservare al servizio.

Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate

L’AdE ha risposto facendo riferimento all’articolo 49 (comma 1) del TUIR: “Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri”. Sempre nel TUIR, ma all’articolo 51 (comma 1), si legge che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.  

L’AdE fa riferimento anche alla circolare n. 326 del 23 dicembre 1997, che riguarda le polizze assicurative e la disciplina dei premi versati dal datore di lavoro, in cui si chiarisce che questi “concorrono alla formazione della base imponibile i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli infortuni extra professionali, mentre sono esclusi da tassazione in capo al dipendente i premi relativi ad assicurazioni per infortuni professionali”.

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Tassa sicurezza informatica: no addebito a dipendenti

Il punto cruciale concerne le spese rimborsate dal datore di lavoro. “Sono esclusi da imposizione, in quanto rispondenti a un esclusivo interesse del datore di lavoro, i rimborsi riguardanti le spese, diverse da quelle sostenute per la produzione del reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa”. Tra gli esempi citati si annoverano l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore. A seguito di ciò, analizzando come gli attacchi informatici siano ormai diffusi oggi, l’AdE precisa che “il servizio offerto dalla società ai dipendenti risponde a un interesse prevalente della società medesima, anche nel caso in cui utilizzi informazioni personali dei dipendenti quale veicolo per minimizzare il rischio aziendale correlato all’uso fraudolento di informazioni sensibili”. Il dipendente è tutelato in questo senso, pertanto il servizio di monitoraggio dei dati offerto dalla società ai propri dipendente non è fiscalmente rilevante e la società, in qualità di sostituto d’imposta, non è tenuta ad applicare le relative ritenute.

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