Stress lavoro correlato: normativa e come fare la valutazione

Stress lavoro correlato: di che si tratta, come si manifesta e qual è la normativa di riferimento sul tema. Ecco cos’è utile ricordare

Stress lavoro correlato normativa e come fare la valutazione

Com’è noto, esistono vari tipi di stress e, tra questi, nel luogo di lavoro può sussisterne uno tipico di questo contesto, vale a dire il cosiddetto stress lavoro correlato. Vediamo allora di che si tratta, come si manifesta e qual è – in quest’ambito – la rilevante normativa di tutela dei lavoratori.

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Stress lavoro correlato: che cos’è?

Anzitutto, occorre meglio chiarire gli aspetti caratteristici dello stress lavoro correlato, per poi fare luce sulla normativa ad hoc, vigente in Italia. Per stress, in generale, intendiamo uno stato o condizione causate da ragioni esterne, ovvero un malessere che si presenta con una serie di disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali indotte dall’ambiente circostante. Si tratta di situazioni in cui la persona è psicologicamente provata e non si sente in grado o capace di soddisfare le richieste o attese provenienti dall’esterno. Ciò che appare opportuno rimarcare è che lo stress (ed anche lo stress lavoro correlato) in sè non è una malattia, bensì piuttosto una fase psicologica che può sì causare nel tempo delle patologie, ma che può anche essere superata.

Negli ambienti di lavoro e sulla base della definizione più generale di stress appena richiamata, si parla di stress lavoro correlato laddove un lavoratore percepisca un malessere dovuto a richieste lavorative e/o a caratteristiche dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, che di fatto eccedono le capacità individuali per poter fronteggiarle con efficacia. In verità, una dose di stress sul lavoro è accettabile, ma entro certi limiti e al mero fine di incentivare l’efficienza, le capacità di reazione e l’attenzione del lavoratore; se oltrepassata la misura, allora lo stress lavoro correlato può diventare pericoloso, essendo in grado di diminuire il livello di performance sul lavoro e di produrre un insieme di effetti negativi per l’individuo (nuove patologie come attacchi di panico oppure assenteismo, ad esempio).

Insomma, per un’azienda, avere dipendenti sottoposti a stress lavoro correlato, non è conveniente: a ciò infatti corrispondono più costi, un “degrado” dell’ambiente e un inevitabile calo della produttività. Pertanto è opportuno che in ogni ambiente di lavoro la valutazione e gestione del rischio siano tenute in grande considerazione, in modo da tutelare la salute dei lavoratori e, di conseguenza, la forza produttiva di un’azienda.

Il contesto normativo di riferimento e le sanzioni

Da diversi anni, ovvero dal gennaio 2011 è obbligatorio, per le imprese italiane, svolgere la valutazione dello Stress Lavoro Correlato (abbreviato comunemente in “SLC”). La finalità come detto è quella di preservare salute e produttività dei lavoratori impiegati in azienda. Fonte di riferimento è il d. lgs. n. 81 del 2008, sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, il quale a sua volta si basa sull’accordo europeo, in materia, del 2004, siglato dalle maggiori organizzazione continentali di datori di lavoro, aziende e sindacati. La volontà del legislatore è, pertanto, definire criteri di prevenzione del rischio sul lavoro e linee guida da seguire per tutelare i lavoratori.

L’attuale normativa del lavoro in Italia prescrive nei confronti di aziende e datori di lavoro, una serie di obblighi legati a valutazione periodica del rischio – e quindi dello stress lavoro correlato – con indagini mirate e specifiche, allo scopo di identificare e monitorare la condizione dei lavoratori impiegati e gli eventuali disagi e possibili patologie, prodotti da fattori quali violenza, molestie ed, appunto, stress sul luogo di lavoro. Insomma, la legge non vuole lasciare nulla al caso ed, anzi, intende fornire i mezzi utili alla valutazione ed eventuale utilizzo di misure di prevenzione, di correzione o di terapia.

Si tratta, come detto, di obblighi normativi e pertanto, in caso di mancato rispetto, sono previste conseguenti sanzioni verso il datore di lavoro e azienda che non svolgano la valutazione stress lavoro correlato, secondo le indicazioni e linee guide previste dai regolamenti in materia. Si tratta sia di sanzioni pecuniarie che possono oltrepassare anche i 6.000 euro e, talvolta, anche di pene detentive come l’arresto (fino a 6 mesi).

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Come effettuare la valutazione?

Vediamo a questo punto ed in sintesi, come avviene il processo di valutazione del rischio. Esso incomincia con l’identificazione delle fonti di stress lavoro correlato, mediante specifici indicatori legati al contesto lavorativo e all’effettivo contenuto del lavoro. Circa il contesto lavorativo, risultano rilevanti fattori come l’assenza di obiettivi professionali oppure i problemi di comunicazione in ufficio, o ancora la mancanza di autonomia rispetto alle attività lavorative; circa il contenuto del lavoro, sono considerati fattori di possibile stress lavoro correlato, gli orari particolarmente pesanti, i carichi di lavoro sproporzionati ed anche le carenze del luogo di lavoro come la scarsezza di igiene o di illuminazione.

La normativa in merito, ovvero le linee guida, prevedono che ogni azienda utilizzi questionari o check-list, da sottoporre ai propri lavoratori, allo scopo di identificare le aree ed i reparti aziendali che potrebbero essere a rischio, sul piano dello stress lavoro correlato. Le risposte scritte dai dipendenti (su domande inerenti, ad esempio, a rapporti con i colleghi, temperatura dell’ufficio, igiene, congruità degli spazi) consentiranno all’azienda di svolgere ulteriori analisi e fare le dovute correzioni e miglioramenti, in modo da garantire serenità a chi lavora e una misura di stress nella norma.

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