Il restyling della (debole) opposizione

Nel fine settimana appena trascorso il Partito Democratico da una parte e l’Udc dall’altra hanno promosso incontri rispettivamente a Roma e a Todi per serrare le file, come si conviene ad ogni forza politica di opposizione. Il punto è che – eccetto chi per obblighi lavorativi ha dovuto scrivere e leggere i comunicati stampa dei due partiti – non se ne è accorto quasi nessuno.

Abbastanza difficile rintracciare nelle discussioni avviate alla Fiera di Roma o a Todi uno straccio di argomento in grado di lasciare un segno o di scalfire un minimo l’agenda del Governo. Ha fatto notizia giusto l’attacco “colorito” di Bersani al ministro Gelmini in difesa degli insegnanti. Da Todi abbiamo appreso che Casini molto probabilmente sottrarrà il proprio nome dal simbolo di partito e, nell’ambito dello stesso “restyling”, si potrebbe giungere alla scomparsa dello storico simbolo dello scudocrociato. Nessuna novità sul fronte nuovi ingressi. L’evoluzione dell’Udc al momento prende il nome di “Partito della Nazione”. Ma non è definitivo. Ne fanno parte, con Casini, anche Lorenzo Cesa, Rocco Buttiglione, Ciriaco De Mita, Francesco D’Onofrio. L’obiettivo sarebbe quello di rinnovare la politica italiana: le premesse sono quelle che sono. A Roma il Partito Democratico nella due giorni in cui si sono susseguiti copiosi interventi ha conseguito come principale risultato la tregua tra le diverse anime del partito.

Domanda: possono o riusciranno così come sono messe le opposizioni ad indebolire il Governo, costringerlo ad un ritorno alle urne ma soprattutto conquistare il voto della maggioranza degli italiani?

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Spadaro