Oltre il “leaderismo”: le primarie delle idee

Negli ultimi mesi tutti hanno avuto modo di ascoltare opinioni e di leggere articoli dal contenuto il più vario possibile sul come il centrosinistra si debba presentare alle prossime elezioni (ormai sempre più imminenti) con quale coalizione, quale programma e con quale candidato “premier”.

Richiamo in proposito un articolo di Gianni Vattimo non molto recente (dello scorso 20 agosto), ma ancora molto attuale, proprio per quel clima da inizio di campagna elettorale che si respira ormai dal 22 aprile, il giorno dello scontro consumatosi in diretta tv tra Berlusconi e Fini alla direzione nazionale del PDL.

 

Vattimo scrive: “Chiunque vinca le primarie della coalizione, però, non potrà vincere contando unicamente sull’appeal della sua persona: essere alternativi a B. significa anche vincere diversamente da come farebbe lui. Difficilmente potremo andare al governo sventolando unicamente la bandiera della legalità sulla quale per fortuna oggi insiste anche Fini: abbiamo bisogno di motivi forti per i quali elettori delusi, stanchi e rassegnati dovrebbero votare per il nostro schieramento. Occorrono idee prioritarie per il programma di governo che intendiamo presentare, e primarie per quelle stesse idee”. Ritengo che questa affermazione ponga questioni di una certa rilevanza che rimarcano il valore delle primarie, e la portata dirompente che queste potrebbero avere su alleati ed elettori.

 

Questo perché fare delle primarie di coalizione significa svolgere un confronto utile e costruttivo tra i partiti che faranno parte della compagine di centrosinistra alle prossime elezioni, rinsaldare i rapporti tra alleati e dare autorevolezza al candidato “premier” proprio perché scelto dagli elettori.

 

Realizzare le “primarie delle idee”, ancora meglio, significa discutere di temi concreti per abbandonare astrusi tatticismi e riavvicinarsi ai delusi e rassegnati dalla politica, mostrare le differenze tra il modo di dialogare all’interno del centrosinistra rispetto a quello di un partito che non perde occasione per proclamarsi “liberale”, ma che mette all’indice, bollando come eretico e “anti-italiano”, chiunque si imbatta nella ventura di manifestare opinioni diverse da quelle del capo, financo quando a fare ciò è il cofondatore di quello stesso partito, facendo così emergere in modo cristallino che essere liberali e democratici è ben altra cosa.

Altro punto di forza tutt’altro che secondario è che si tratterebbe di una modalità di confronto che, mettendo al centro le idee, consentirebbe di delineare un compiuto schema di valori e di proposte realmente alternativo a quello messo in campo da PDL e Lega, nonché l’occasione per dimostrare che vari partiti si uniscono in un’alleanza che sa andare oltre la mera critica a Berlusconi. Queste forze politiche, in altre parole, devono avere la forza di impegnarsi a condividere, come si sente spesso dire in questi giorni, un progetto comune. Si badi che, diversamente da quanto sostenuto da alcuni, credo che il c.d. anti-berlusconismo non faccia crescere il consenso personale del Presidente del Consiglio; ma sono altrettanto convinto che si stia sempre più facendo strada, per chi si oppone al centrodestra, l’esigenza di dimostrare agli “sfiduciati” che l’esperienza dell’armata Brancaleone dell’ultimo governo Prodi ha fatto comprendere la necessità di fare scelte coraggiose, di preferire uno strumento di trasparenza come le primarie alle solite “logiche di palazzo”.

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In questo modo, inoltre, si eviterebbe, almeno in parte, la saturazione del dibattito pubblico da parte di Berlusconi: l’attenzione dei media dovrà necessariamente concentrarsi sulla discussione  in atto nello schieramento che si propone come alternativo al modello di governo della destra. L’obiettivo della sinistra nel suo complesso, quindi, dovrebbe essere quello di dare, tramite la diffusione sui principali canali di informazione dei “faccia a faccia” tra i vari candidati alla guida della coalizione – rivolgendosi in un’ottica “non isolazionista” anche a Sky e alla Rai – la massima visibilità a quelle che Vattimo aveva definito “idee prioritarie per il programma di Governo”. Sarebbero così raggiunti gli italiani in modo nettamente più efficace e capillare rispetto a quanto consentirebbe di fare la “campagna porta a porta” lanciata da Bersani a settembre (va detto che una cosa non esclude l’altra, anzi sono complementari).

 

La parola d’ordine pertanto è a mio avviso, soprattutto per il PD, “coraggio”: scrollarsi di dosso quella c.d. “cultura della sconfitta” per credere nella forza delle idee; saranno per questo più importanti le proposte che saranno avanzate in caso di primarie piuttosto che il politico che le vincerà. Prendendo in prestito un celebre aforisma di Eleanor Roosevelt: “piccole menti discutono di persone, menti mediocri discutono di eventi, grandi menti discutono di idee”.