Chi è Marsha P. Johnson, protagonista del Doodle di Google oggi

Chi è Marsha P. Johnson, l’attivista e drag queen statunitense a cui Google ha dedicato il suo Doodle oggi, martedì 30 giugno 2020.

Chi è Marsha P. Johnson
Chi è Marsha P. Johnson, protagonista del Doodle di Google oggi

Chi ha aperto la pagina di Google avrà notato che il Doodle di oggi, martedì 30 giugno 2020, è dedicato a una figura molto importanti per i diritti LGBTQI+, ovvero Marsha P. Johnson, attivista e drag queen statunitense nota soprattutto per aver partecipato alle rivolte di Stonewall del 1969. Un anno fa, in occasione del Pride di New York, a Johnson era stato riconosciuto (postumo) il titolo di “grand marshal” dell’evento. Tra i fondatori del Gay Liberation Front e dell’organizzazione STAR per i diritti delle persone queer, nell’accezione più ampia del termine.

Chi è Malcolm Michaels Jr., ovvero Marsha P. Johnson

Marsha P. Johnson, all’anagrafe Malcolm Michaels Jr., nasce a Elizabeth, il 24 agosto 1945. Suo padre era un operaio della General Motors e sua madre una governante. Malcolm aveva sei fratelli. Da piccolo frequentò una chiesa episcopale metodista africana, iniziando a sviluppare una passione per il cristianesimo e il cattolicesimo. Sin dalla tenera età Johnson era solito indossare abiti femminili: per questa sua passione fu spesso malmenato dai suoi coetanei. Sempre da giovane, come rivelò in un’intervista negli anni Novanta, fu violentato da un adolescente. Dopo il diploma si trasferisce a New York dove lavora come cameriere per guadagnarsi da vivere.

L’originario nome d’arte di Malcolm era Black Marsha, poi, ispirandosi al ristorante Howard Johnson, decise di cambiare il suo nome in Marsha Johnson. La P., invece, stava per “Pay it no mind”, ovvero “non pensarci”, o “non farci caso”, quasi un slogan identitario.

I disordini mentali

Nel 1966 Johnsons si prostituiva per sopravvivere e per questo motivo fu arrestato parecchie volte. L’attivista soffriva anche di problemi mentali, il primo dei quali avvenne nel 1970, quando fu trovata camminare nuda per strada. Questi disordini mentali, secondo alcune interpretazioni, derivavano da una duplice natura da cui la Johnson era caratterizzata: quella di donna e di uomo, incasellandosi in un genere di cui allora ancora si parlava poco, considerando che anche le drag queen venivano un po’ allontanate dai primi gay pride per la brutta reputazione che avrebbero dato alla sfilata.

La carriera di drag queen

Johnson entrò a far parte di una compagnia newyorchese di drag queen, denominata Hot Peaches, salvo poi esibirsi anche sulla costa pacifica degli States, nella compagnia The Cockettes, divenuta The Angels of Light. Lavorò molto, anche a livello internazionale, con le Hot Peaches e s’impegnò, negli anni Novanta, come attivista per la prevenzione dell’Aids.

I moti di Stonewall

A proposito di attivismo, fondamentale fu la sua partecipazione ai moti di Stonewall. Questo, ifnatti, era un locale che inizialmente era solo per uomini gay, ma che Malcolm, ormai Marsha, sdoganò essendo stata una delle prime drag queen a essere entrata nel locale, che nel frattempo aveva aperto anche alle donne. Nelle prime ore del mattino del 28 giugno 1969, ci furono delle rivolte contro le forze di polizia: fu il pretesto che diede inizio a manifestazioni spontanee nel quartiere del Greenwich Village e che durarono una settimana. Inizialmente additato come uno dei fautori della rivolta, Johnson stesso smentì questa teoria affermando di aver preso parte ai disordini quando questi erano già iniziati.

La morte di Marsha P. Johnson

Nel 1992 fu trovato il suo corpo galleggiare nel fiume Hudson. Inizialmente si volle accreditare l’ipotesi del suicidio, ma gli amici della Johnson hanno sempre rifiutato questa tesi, considerando che l’idea del suicidio era quanto di più lontano potesse esserci dalla mente della drag queen. Inoltre riportava anche una ferita sulla parte posteriore della testa: tra le ipotesi accreditate, l’omicidio da parte di una banda di teppisti. La polizia, a quell’epoca, non volle indagare più di tanto, in quanto la vittima era un omosessuale. Nel 2012 fu riaperto il caso per volere dell’attivista Mariah Lopez, per valutare l’idea del possibile omicidio.

Segui Termometro Politico su Google News

Scrivici a redazione@termometropolitico.it