Fair play finanziario vs Salary Cap: due sistemi a confronto #2

Nella prima parte dell’articolo si è analizzato approfonditamente il Fair Play Finanziario evidenziandone pregi, risultati, stranezze e limiti. In questo secondo numero, invece, si cercherà di approfondire il modello della Salary Cap.

Cos’è la Salary Cap e come viene applicata?

La Salary Cap ovvero Tetto Salariale ( già il nome ci aiuta per capire il funzionamento) è il modello su cui si basa tra gli altri, lo sport professionistico americano. Le cosidette “Big Four”, ovvero La National Football League (NFL), la Major League Baseball (MLB), la National Basketball Association (NBA) e la National Hockey League (NHL) sono gestite secondo questo modello. La prima lega a dotarsi di un sistema di questo sistema è la NBA,  nel 1983, seguita poi dalla NFL nel 1993 e dalla NHL nel 2005. Per amor di precisione è bene sottolineare la differenza tra il  Soft Cap NBA(sitema flessibile) a differenza di quello NFL, Hard Cap, (ovvero vincolo sempre invalicabile).

Immaginiamo per un secondo che il Frosinone o il Carpi abbiano la stessa probabilità di vincere lo scudetto della Juve o del Napoli, ecco la filosofia del sistema è propria questa: ogni squadra deve avere la stessa possibilità di ottenere il risultato e per questo viene individuato un “tetto” che le squadre non possono “sforare” per non intercorrere a sanzioni. Il monte salari viene distributo dai vari team ai giocatori presenti nelle rispettive rose.  Riassumendo la normativa economica permette alle franchigie di muoversi senza vincoli sul mercato fin quando non si sfora la soglia massima. A livello programmatico e cronologico tutto parte dalla firma del contratto di lavoro collettivo tra associazione giocatori e presidenti, poi si individua il monte salari da distribuire.

Come viene calcolato il limite da non sforare? E’ semplicente calcolato secondo le entrate e gli introiti della lega di appartenza. Quindi non conta il risultato economico del singolo team ma quello globale e complessivo della Lega. In quest’ottica si evitano crack (vedi caso Parma) e si garantisce un elevata appetibilità economica del prodotto. Dal punto di vista prettamente sportivo e tecnico, la logica conseguenza è la presenza di campionati molto più equilibrati, non avendo la super potenza economica e la squadra cenerentola. Insomma una sorta di democrazia sportiva.

A livello normativo diventa particolarmente interessante sottolineare alcune importanti eccezioni che regolano e limitano il meccanismo. Con il termine Luxury Tax Line (ovvero Tassa di Lusso) si indica una soglia che se superata prevede il pagamento di una sanzione direttamente proporzionale allo sforamento. La situazione diventa ancor più interessante perchè questa tassa andrà proprio nelle tasche delle società che non avranno sforato il Cap.

Altro termine chiave è il Salary Floor (da qualche anno per l’NBA il 90% del Salary Cup), con il quale d’identifica la somma minima che ogni società è tenuta a spendere per il gli ingaggi dei giocatori. Chi non dovesse raggiungere questo Floor (piano) dovrà dividere e redistribuire il disavanzo ai propri tesserati a fine anno. Infine c’è l’Apron, l’ultimo livello degli spendaccioni, in cui si entra se si supera di quattro milioni il floor. In questo caso sono previste pesanti restrizioni.

L’ultimo tassello prima di concludere questa disamina riguarda la compravendita dei giocatori. Scordiamoci le cifre del calciomercato continentale. Per acquisire un atleta ci sono due strade, si può acquistare un free agent ( giocatore senza contratto, svincolato) oppure si può effetturare una trade ( uno scambio di giocatori che coinvolga due o più squadre).

Cosa comporterebbe la Salary Cap nel calcio?

Come si è potuto capire un sistema di questo genere sarebbe totalmente rivoluzionario. Quindi possiamo affermare che attualmente è praticamente utopistico pensarlo.

Partiamo con una differenza sulla natura stessa dei team: in America essi sono delle “associazioni private e no-profit costituite dai vari club (franchise), i quali si obbligano contrattualmente a demandare una parte della gestione societaria alla Lega stessa ed a sottostare ai poteri di vigilanza e di controllo degli organi dell’associazione, secondo un sistema di self-governance and regulation”. Inoltre il sistema a stelle e strisce non prevede retrocessioni e promozioni, quindi anche questo sarebbe un grosso problema per il mondo calcio così come lo abbiamo sempre visto.

Dal punto di vista positivo sicuramente ci sarebbe di una possibilità della distribuzione dei ricavi dei diritti tv a livello di globale, cioè di Lega, e non a livello di club.  Come sottolineato nel precedente articolo, il fair play finanziario sta riducendo i costi del mondo calcio ma a parte le scappotoie e le furbizie trovate, risulta praticamente cristallizato il gap tra i club più forti economicamente e tecnicamente con quelli al momento più “deboli”. Un esperimento. Una ipotetica applicazione dei principi del Salary Cap porterebbe a risultati importanti nel medio-lungo periodo sia a livello economico, con la crescita del sistema calcio e una concorrenza leale e paritaria tra i vari club, sia a livello dei club che darebbero vita a competizioni equilibratissime.